Si può imparare tanto di un Paese dall’arte che sceglie di produrre. Toccato in maniera traumatica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale (Hiroshima e Nagasaki, certo, ma anche la dominazione anglo-americana, con tutte le sue luci e ombre), il Giappone ha da sempre un rapporto complesso con il passato e con il presente. Il Novecento giapponese è stato il secolo delle trasformazioni improvvise, della caduta delle tradizioni e dell’umanizzazione degli dèi.
In fin dei conti è di questo che parla Gringo, l’ultima, poderosa graphic novel di Osamu Tezuka. L’impatto che la figura di Tezuka ha avuto sulla storia del manga e sulla cultura nipponica è incalcolabile, così come incalcolabile è il numero degli autori che hanno tratto ispirazione dalla sua opera. Attraverso di lui, nei decenni che hanno definitivamente traghettato il Giappone nel mondo dopo secoli di isolazionismo e diffidenza, si è compiuta la inevitabile trasformazione di un medium che ancor oggi non conosce crisi. Per citare Jean-Marie Bouissou,
“[il manga è] rivelatore dei cambiamenti della mentalità e della società in un paese che le vicissitudini storiche hanno costretto, nel corso degli ultimi centocinquant’anni, a trasformarsi molto più profondamente e rapidamente di quanto non sia avvenuto nelle nazioni occidentali.”
La trama
Pubblicata fra il 1987 e il 1989 sulle pagine di Big Comics e rimasta incompiuta a causa della prematura scomparsa del suo autore, Gringo narra le avventurose vicissitudini di Hitoshi Himoto, impiegato della trading company Edo Shoji che viene assegnato all’ufficio che la ditta ha recentemente aperto nell’immaginario stato sudamericano di Kanivaria. Compiaciuto dalla promozione, che rappresenta una grande opportunità, Hitoshi vi si trasferisce con famiglia al seguito, composta da sua moglie Elen, una bella donna di origini francesi, e la loro figlioletta. Hitoshi Himoto ci appare come un uomo freddo, devoto ai capi e opportunista, oppresso dall’impressione che chi lo circonda ricava dalla sua bassa statura. Ma sotto questa scorza dura l’uomo nasconde un animo caloroso.
Affettuoso con la propria famiglia, appassionato delle tradizioni del suo popolo, prima fra tutte il sumo, suo antico amore (nel quale non riuscì a emergere a causa della propria altezza), Hitoshi finisce rapidamente vittima di un complotto in seguito al quale è sostituito e inviato a occuparsi della sede di Esecarta, nella immaginaria Repubblica di Santa Luna.
La sua situazione attuale è molto meno allettante della precedente: se Kanivaria era un paese stabile e tutto sommato ricco, dove veniva entro certi limiti trattato con il rispetto dovuto al suo rango e al suo status di uomo giapponese, Santa Luna è un inferno di instabilità politica, guerriglia e scarse risorse, dove il razzismo nei confronti di Hitoshi giunge al massimo della propria virulenza. Isolato in una cortina di diffidenza, straniero ovunque vada (la parola “gringo”, con la quale viene appellato, indica proprio lo “straniero”), finisce con lo stabilire uno strano legame con l’ambiguo Onigasoto, uomo che la compagnia Edo gli ha affidato come autista e tuttofare, e con Miho, la moglie del rivoluzionario José Garcìa.
Per avere la certezza di sfruttare un importante giacimento, Hitoshi si compromette con l’esercito rivoluzionario, di cui un tempo Onigasoto faceva parte. Mentre tutto precipita, Hitoshi, la sua famiglia e i suoi nuovi alleati si addentrano nella foresta e cercando di raggiungere il confine colombiano si imbattono in uno strano villaggio i cui abitanti (dei giapponesi giunti lì chissà come) sembrano vivere in una bolla temporale. Da qui in poi gli eventi precipitano verso un finale che la malattia di Tezuka ha lasciato eternamente sospeso nel proprio momento di massima tensione.
Poetica tezukiana
Gringo è opera unica nello sterminato campo di Tezuka. Caratterizzata da un estremo realismo narrativo (manca quasi del tutto di prefissi, suppletion, sfondamenti della quarta parete e in generale di qualunque aspetto umoristico con cui il manga no kamisama amava condire le sue storie) è al tempo stesso un prodotto estremamente allegorico. Hitoshi Himoto, il cui nome si scrive con gli ideogrammi di Giappone (日本) e Uomo (人) e lavora per un’azienda che si chiama Edo (antico nome di Tokyo) rappresenta l’intero Giappone, il Giappone contemporaneo in rapporto ai tempi antichi, il Giappone moderno in rapporto al resto del mondo.
Tutta l’ultima parte della storia, ambientata in un villaggio perduto in una foresta al confine con la Colombia i cui abitanti sono esuli giapponesi che vivono ancora come nell’Ottocento, è intrisa della frustrazione di Hitoshi nel far comprendere ai suoi nuovi concittadini che il mondo sta cambiando, che la cultura nipponica deve evolvere, non per questo tradendo sé stessa e le proprie tradizioni (rappresentate emblematicamente dal sumo).
E proprio il sumo, elemento più volte presentato in chiave quasi grottesca, sul filo della parodia, è centrale per un discorso tipico della maturità tezukiana. Come tutte le opere della sua ultima fase, infatti, al pari di Kirihito, Ayako, I.L, Diletta, Gringo appare fortemente centrato sul tema del corpo: il corpo di Hitoshi, che viene dileggiato per la propria statura, un corpo che tradisce le proprie origini, che non sono benviste nei territori in cui si troverà a vagare, vittima di preconcetti e antipatie, ma anche un corpo dotato di una forza sovrumana, che lo aiuterà a trarsi fuori dai complotti orditi dai suoi nemici.
Gringo è quindi un’opera immensa, titanica. Tezuka scrive e disegna il suo capolavoro con la frenesia di chi volesse far entrare il mondo intero nelle proprie pagine e vi trascina il disordine centrifugo del Giappone, che non è che una versione ipervelocizzata del disordine che alberga in tutto l’universo. Impiega moltissime pagine per giungere all’evento di svolta della narrazione e a quel punto, per cause di forza maggiore, non arriva a concludere la storia.
Gringo non è né l’unica storia di Tezuka a restare incompiuta. Tuttavia, il non avere un finale vero e proprio non esime questa graphic novel dall’essere un capolavoro. Al contrario, il finale aperto si addice molto all’ambizione di contenere un intero mondo di esperienze e riflessioni. Gringo, l’ultimo capolavoro, l’Incompiuta di Tezuka, è un asciutto e complesso ragionamento sul Giappone passato e i suoi fantasmi, sul Giappone odierno e i suoi demoni.