Con quattro manifesti creati con dei cliché relativi alle frasi più dette dai genitori ai propri figli durante le sessioni di gioco, almeno stando a quanto rilevato dai responsabili di Game Factor che hanno tenuto un percorso di incontri e “formazione” con i bambini della scuola primaria Carlo Chiostri di Bologna.
La campagna che porta l’aberrante nome de “Stoppa il videogioco, connettiti alla vita!” è foraggiata con soldi pubblici, come riporta il sito del Comune di Bologna “con il contributo e in collaborazione con il Dipartimento Welfare e promozione del benessere di comunità- settore Salute, benessere e autonomia della persona- U.I. Salute e Città sana del Comune di Bologna, da una rete di associazioni che vede Dry-Art come capofila, in partnership con Caracò, Ca’ Rossa e Avviso Pubblico.“
Lo statement degno delle migliori campagne contro fumo e droghe ci riporta nuovamente nella realtà, dimostrando quanto è semplice anche per un istituzione pubblica demonizzare uno strumento come i videogiochi, tralasciando quanto le dipendenze in generale possano essere dannose per l’individuo e la comunità e prendendo come capro espiatorio per problemi comunicativi e familiari i videogiochi in toto
Difatti, non è nostro compito oppure interesse negare la possibilità e presenza di evidenti casi di dipendenza dai videogiochi, classificata essa stessa come malattia dall’organizzazione mondiale della sanità nel 2018, non senza al tempo raccogliere innumerevoli critiche, quanto quello di criticare una campagna che avrebbe potuto dare di più ai piccoli studenti aiutandoli a crescere e migliorarsi utilizzando i videogiochi come strumento e non a stopparli per connettersi alla vita.
Stoppa il videogioco connettiti alla vita
Si rende necessario pertanto andare oltre il velo di ipocrisia degli stessi che avrebbero il compito di educare le giovani menti nel discernere il giusto dallo sbaglio, e aiutarli nell’imparare a gestire il proprio tempo e le proprie passioni in modo sano.
Le quattro frasi utilizzate nella campagna comunicativa per demonizzare i videogiochi, rivelano un approccio miope e problematico nei confronti di questo fenomeno culturale. Esse trascurano le potenzialità educative e sociali dei videogiochi e non tengono conto delle complesse dinamiche che caratterizzano il rapporto tra bambini e adolescenti e videogiochi.
Stacca la spina, sembri 1 zombie
Partiamo proprio dal primo manifesto che con questa frase riduce il giocatore a un’immagine stereotipata e negativa, quella dello “zombie”, senza entrare nel merito dei differenti tipi di zombie ai quali si potrebbe fare riferimento – forse parlano di quelli introdotti da Resident Evil? Anche se a me loro sembrano più i Boomer di Left 4 Dead – Questa visione trascura il fatto che molti videogiochi richiedono un elevato livello di concentrazione, problem-solving e creatività.
Inoltre, semplifica eccessivamente la questione, ignorando l’importanza di comprendere perché e come il bambino o l’adolescente sta utilizzando i videogiochi, invece di demonizzarli a prescindere. Correreste al centro del campetto di calcio per dire a vostro figlio di distrarsi e toccare l’erba perché troppo concentrato sul pallone?
Adesso basta, lo regalo al primo che passa
Questo atteggiamento, lungi dall’essere costruttivo, esprime un rifiuto totale da parte dell’educatore per la passione del bambino o dell’adolescente per i videogiochi. Invece di cercare di capire il motivo di questo interesse, partecipare alle sessioni di gioco così da conoscere cosa sta facendo il bambino ed evitare di produrre il prossimo manifesto.
La frase suggerisce di sbarazzarsi del “problema” piuttosto che affrontarlo. Non avendo gli strumenti necessari per analizzare “il problema” si preferisce rompere questo canale comunicativo con il proprio figlio, invece di imparare a sfruttarlo.
È da due ore che dici 5 minuti
Questa frase sottolinea una legittima preoccupazione per il tempo trascorso dai giovani a giocare ai videogiochi, perché attenzione è ovvio che una misura nelle sessioni di gioco sia fondamentale e anche solo alzarsi per fare una passeggiata, stretching è importante.
Tuttavia, anziché adottare un approccio punitivo, scevro della cognizione stessa che una singola sessione di gioco per determinati titoli potrebbe richiedere anche due ore piene sarebbe più utile sviluppare una strategia condivisa per gestire il tempo dedicato ai videogiochi, sottolineando l’importanza dell’equilibrio tra il gioco e le altre attività.
Certamente non un risultato ottenibile con una campagna dal nome “Stoppa il videogioco, connettiti alla vita!” dato che il videogioco è parte integrante della vita milioni di persone.
Smettila o si fredda la cena
Qui l’uso dei videogiochi viene presentato come un ostacolo all’attività quotidiana di cenare, un momento di convivialità e spesso fondamentale nelle famiglie dove tutti riescono a riunirsi solo dopo una giornata di lavoro. Evitando la coercizione della cena, indicata come vittima della sessione di gioco spesse volte basterebbe coinvolgere il giovane in una conversazione sulla gestione del tempo e sull’importanza di mantenere un equilibrio tra le varie attività quotidiane – provando quindi a educarlo – e cercando di venire incontro alle esigenze di tutta la famiglia.
Queste frasi, nel loro insieme, evidenziano una comunicazione intergenerazionale inadeguata e un’incapacità di comprendere l’importanza e il valore dei videogiochi per i giovani di oggi. È necessario un approccio più equilibrato e comprensivo che riconosca i benefici potenziali dei videogiochi e incoraggi un uso consapevole e bilanciato di questi strumenti.
Trovo, sinceramente, intollerabile l’utilizzo di strumenti istituzionali e soldi pubblici per campagne comunicative aberranti come questa.
Il valore sociale ed educativo dei videogiochi
I videogiochi, anche oggi visti unicamente come un passatempo e accusati di favorire comportamenti antisociali, in realtà possono rappresentare un potente strumento educativo, sociale e comunicativo. Numerosi studi condotti negli ultimi vent’anni hanno infatti evidenziato come l’uso dei videogiochi può avere gli effetti positivi appena elencati, e come lo stesso venendo introdotti in contesti “distanti” mediante un processo di gamification riesca a portare gruppo e singolo a risultati migliori.
Dal punto di vista cognitivo, uno studio condotto da Granic, Lobel e Engels ha evidenziato come i videogiochi possono migliorare diverse abilità cognitive. I videogiochi di strategia e i puzzle, per esempio, possono aiutare a sviluppare le abilità di problem-solving e di pensiero critico, poiché richiedono al giocatore di prendere decisioni rapide e strategiche, anche se poi lo stesso videogiocatore concentrato nell’attività possa risultare “1 zombie”. Cosi come i giochi di ruolo e i gestionali possono brillantemente favorire le abilità di pianificazione e di gestione delle risorse.
L’attenzione e la coordinazione occhio-mano possono essere migliorate da certi tipi di videogiochi, come dimostrato da uno studio pubblicato su PubMed da Green e Bavelier “Enhancing Attentional Control: Lessons from Action Video Games”, argomento di recente interesse e ripreso di recente nel corso del 2022 nell’ambito del “Association of Video Gaming With Cognitive Performance Among Children” che è fruibile gratuitamente a questo link.
Numerosi videogiochi incoraggiano inoltre l’apprendimento attraverso il tentativo e l’errore, un principio fondamentale per l’acquisizione di nuove competenze, episodi che poi accompagneranno le giovani generazioni anche nel mondo del lavoro dove spesso dovranno fare i conti con i propri errori, risolverli e imparare dagli stessi.
In questo contesto, l’errore non viene vissuto come fallimento, ma come parte integrante del processo di apprendimento, contribuendo così a sviluppare una mentalità orientata alla crescita.
La pandemia, la reclusione in casa e l’utilizzo dei videogiochi come canale di socializzazione
Dal punto di vista sociale e comunicativo è bene sottolineare che non è stata la recente pandemia a fornire queste qualità ai videogiochi, ma le ha fatte emergere e splendere sotto la luce del sole al punto da coinvolgere in sessioni di gioco gruppi di amici che mai avevano provato a riunirsi in contesto digitale per “stare insieme” rendendo il video giocare la prevalente attività di socializzazione della generazione Z e dei Millennials.
I videogiochi online forniscono un ambiente in cui i giocatori possono interagire e cooperare con altri, superando barriere geografiche e culturali, i videogiochi sono per tutti. Sempre. Lo sa bene Microsoft che ha sviluppato l’Adaptive Controller grazie al quale le persone con disabilità congenita oppure acquisita possono comune fruire dei videogiochi, come del caso dell’uomo che ha reso giocabile Animal Crossing per la moglie malata utilizzandolo.
Uno studio di Kowert e Oldmeadow ha evidenziato come i giochi multiplayer online possano contribuire a sviluppare competenze sociali e di comunicazione, anche se sinceramente citare lo studio ha poco significato, basterebbe per quelli che mai hanno provato cimentarsi in una sessione cooperativa avviare It Takes Two.
Perché, alla fin fine, It Takes Two è proprio questo: un viaggio tra i sentimenti più intimi dell’animo umano, che troppo spesso dimentica quali siano i veri valori da portare avanti e quali siano le cose per cui vale davvero la pena vivere. Sarà impossibile non immedesimarsi in uno dei due protagonisti, che riescono in maniera assolutamente incredibile a rappresentare ognuno di noi e che, col progredire della storia, saranno capaci di insegnarci delle importantissime lezioni.
Samuel Bianchi, qui sulle pagine di drcommodore.it
La gamification come strumento educativo
Si consiglia vivamente, nella speranza che questo articolo possa arrivare ai loro occhi, agli insegnati Bolognesi e non di introdurre il gioco nelle loro lezioni e attività quotidiane. Il gioco, infatti, se non si fosse capito nelle ultime mille parole è una forma di attività intrinsecamente motivante che dovreste utilizzare per migliorare il rendimento e l’apprendimento degli studenti, e non demonizzarlo.
Quando le persone giocano, si impegnano in modo attivo e volenteroso, spinte dalla curiosità, dalla sfida e dal desiderio di raggiungere obiettivi riescono a superare ostacoli a prima apparenza insormontabili, migliorando non solo la propria condizione ma anche la fiducia in se stessi. Questa motivazione intrinseca può essere sfruttata in ambito educativo attraverso la gamification, rendendo l’apprendimento un’esperienza divertente e coinvolgente, al punto da farli diventare degli zombie che studiano.
Risolvere problemi in classe mediante la gamification degli argomenti di studio, prendere decisioni, collaborare e comunicare con gli altri studenti, sono tutte abilità preziose in molti contesti della vita reale che i piccoli studenti e adolescenti porteranno con loro anche quando si “connetteranno alla vita”.
Studiate e giocate, così eviterete nella vita di fare campagne come questa
I videogiochi non sono solo una forma di intrattenimento, e anche oggi ci hanno insegnato che si può essere persone migliori. Studiate tanto, e giocate tanto e mangiate le verdure, in modo da sviluppare strumenti cognitivi che vi aiutino a evitare nella vita buchi nell’acqua come questo. I manifesti prodotti sono figli della mancanza di comunicazione fra genitori, educatori e piccoli studenti.
Ricordate, come già detto a inizio articolo ma repetita iuvant quindi tanto vale esimersi dal fare come Paganini, che tutte le forme di dipendenza sono tossiche per l’individuo, anche quella per i videogiochi, ma gli stessi sono una forma di cultura stratificata e complessa a vostra disposizione per crescere, divertirvi, vedere il mondo da migliaia di prospettive diverse e diventare donne e uomini migliori.
Buon lunedì a tutti,