Come è noto ai più, la gestione Musk del social network Twitter è una continua alternanza di alti e bassi: dalle spunte blu a pagamento alla “depenalizzazione” dell’hate speech, passando per il recentissimo limite di tweet visualizzabili dagli utenti.
L’ultima disavventura vissuta dall’uccellino blu risale a qualche giorno fa, quando il social è andato down per un’intera mattinata. Sembrerebbe il blocco sia stato causato da un attacco DDOS lanciato inavvertitamente dal quartier generale di Twitter.
Che cos’è un attacco DDOS
La sigla DDOS (Distributed Denial of Service) indica un particolare attacco informatico che cerca di sottrarre risorse a un sistema informatico che offre funzioni di client (in sostanza siti web e server). Se riesce nel suo intento, l’attacco DDOS bloccherà tutti i servizi del client, mettendo così gli utenti davanti a interminabili caricamenti del sito.
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Le tecniche per lanciare un attacco DDOS sono molteplici. Esiste però un fil rouge che le collega: tutti gli espedienti cercano di inondare il client obiettivo con una moltitudine di richieste di accesso provenienti da più fonti, con l’unico fine di saturarlo così da rendere le sue funzioni indisponibili ai veri utenti.
L’attacco DDOS di Twitter a sé stesso
La causa del malfunzionamento di Twitter è apparsa prima su Mastodon per poi propagarsi su Reddit e infine in tutto l’internet. Questa è strettamente collegata alle recenti restrizioni sui tweet che il patron di Tesla ha imposto ai suoi utenti.
A scoprire per primo la causa del down di Twitter è stato Sheldon Chang, un ingegnere informatico. Sembra che il sistema di restrizioni imposto da Elon Musk contenesse un bug. A detta di Chang, l’errore costringeva la web app a mandare continue richieste di accesso in un loop infinito che finiva per saturare il client.
L’ingegnere, con una punta di amara ironia, ha puntualizzato nel suo post come il social di fatto “si sia DDOSsato da solo” e come questo evento “da commedia” fosse il risultato del lavoro svolto da un dilettante. Questa è solo l’ultima delle figuracce che Twitter ha collezionato a partire dalla nuova gestione.
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