μῦϑος (Mythos): «parola, discorso, racconto, favola, leggenda». Nel pensiero filosofico il termine indica, già dall’antichità, il racconto fantastico che non prevede dimostrazione e in questo senso è opposto al logos (la dimostrazione ben fondata della verità), cui si attinge invece attraverso l’argomentazione razionale.
Mythos. All’apparenza una parola semplice, che indica un racconto fantastico che viene accettato come tale senza l’ausilio di fondamenti tecnico scientifici o di dimostrazioni fattuali; una parola semplice che, tuttavia, nasconde concetti ben più complicati, ben radicati nella cultura di tutti noi.
Dalla contrapposizione tra Mythos e Logos – che altro non è che la dimostrazione della verità e della realtà – è nata infatti la filosofia per come la conosciamo oggi, oltre che l’intero sviluppo del pensiero occidentale. L’essere umano infatti, nel suo lungo processo di autodeterminazione, ha compreso che accettare pedissequamente i dettami creati da chi all’epoca deteneva la conoscenza e la spacciava per l’unica verità esistente fosse un ostacolo alla crescita personale ed, appunto, alla determinazione di sé stessi, e non l’unico modo corretto di vivere.
Final Fantasy XVI, la recensione tra Mythos e Logos
Questi due concetti, all’apparenza così lontani dal mondo dei videogiochi, sono invece fondamentali per comprendere appieno lo spirito ed i messaggi che una saga storica come quella di Final Fantasy vuole mandare al suo pubblico. Nel corso delle varie incarnazioni del brand originariamente creato da Squaresoft, infatti, i protagonisti hanno sempre in qualche modo vissuto ed affrontato questa annosa contrapposizione, in viaggi ed avventure che hanno permesso loro di rompere tutti i vincoli imposti dal mondo per creare i propri.
Basti pensare a Cloud Strife ed alla sua presa di coscienza che elimina il lavaggio del cervello impostogli dalla Shinra in Final Fantasy VII, o alla enorme ed inquietante menzogna creata dal culto di Yevon, smascherata e distrutta da Tidus in Final Fantasy X, o ancora, alle catene morali da cui Cecil, Cavaliere Oscuro asservito al Regno di Baron e protagonista di Final Fantasy IV, si libera, divenendo un Paladino o – per rivangare una delle definizioni più care a questo brand – un Guerriero della Luce.
Insomma, la contrapposizione tra Logos e Mythos è stata senza dubbio alcuno uno dei leit motiv che hanno accompagnato la saga di Final Fantasy nel corso delle sue innumerevoli incarnazioni; tale “scontro”, se così vogliamo chiamarlo, veniva sempre tuttavia soffocato da numerosi altri concetti e linee narrative, che finivano per essere predominanti soprattutto agli occhi dei fruitori meno attenti.
Rivoluzionare per tornare alle origini
Tutto ciò almeno fino ad oggi; sì, perché con l’avvento di Final Fantasy XVI, in arrivo il 22 giugno in esclusiva console PlayStation 5, Square Enix ed il producer Naoki Yoshida hanno deciso di mettere al centro quella che per chi vi scrive, come avrete compreso, rappresenta da sempre l‘anima più vera e pura della saga, rivoluzionando – sotto ogni punto di vista – un brand che dopo il passo falso compiuto con il XV, necessitava di essere riportato in alto, dove merita di stare.
Rimettere al centro di Final Fantasy tutto ciò che ha reso grande la saga nel corso degli anni, rivoluzionando senza innovare taluni elementi quali ad esempio il combat system, era forse l’unico modo per risollevare le sorti di un brand che dopo il decimo capitolo iniziò ad arrancare non riuscendo più ad esprimersi come avrebbe dovuto.
Non è un caso infatti che le sorti di Final Fantasy siano state affidate proprio a Yoshida, responsabile di quello che, fino ad oggi, era l’ultimo successo legato alla saga nonostante la sua natura di MMO: Final Fantasy XIV. Questo capitolo infatti attingeva a piene mani dai Final Fantasy classici per tutto ciò che concerne world building e mitologia, proponendo al pubblico una formula nuova – per il brand – ben amalgamata a quelle atmosfere ed a quell’immaginario capaci di stupire i giocatori per anni ed anni.
Nonostante le dovute differenze, in particolare legate al sistema di gioco, Final Fantasy XVI fa esattamente ciò che all’epoca fece il XIV: gioca sul sicuro senza risparmiarsi, puntando molto sul suo retaggio, nel tentativo – ve lo anticipiamo subito, riuscitissimo – di portare la saga su vette elevatissime. La scelta di Square Enix di non voler fare nulla per innovare o sperimentare – non riguardo la saga, ma il medium in genere – si è rivelata assolutamente corretta e vincente; rischiare, come accaduto in occasione di Final Fantasy XV, tentando affannosamente di portare al pubblico qualcosa di innovativo non sarebbe stato corretto, e avrebbe potuto portare alla definitiva rovina di un brand storico. D’altronde, è ciò che chi vi scrive afferma sempre: la semplicità, nel mondo dei videogiochi, è talvolta la strada più corretta da seguire.
Dopo tante ore di gioco, emozioni e combattimenti scenografici e meravigliosi, abbiamo finalmente la possibilità di dirvi la nostra su Final Fantasy XVI, un videogioco che, senza dubbio alcuno, segna la definitiva rinascita di una delle saghe più famose al mondo, e lo fa in maniera roboante, spettacolare, stando molto attenta al passato mentre pone le basi per un futuro estremamente roseo.
Valisthea, terra di Cristalli, guerre e contraddizioni
Valisthea è una terra ricca di contraddizioni. Contraddizioni che, come sempre, nascono dall’uomo e dalla sua smania di potere e che riguardano in particolar modo i Cristalli Madre, che con la loro benedizione assicurano prosperità ai regni ed ai popoli stabilitisi ai loro piedi. Gli uomini bramano i poteri dei Cristalli, ma allo stesso tempo disprezzano, odiano e schiavizzano chi tra loro è capace di incanalare l’Etere emanato dai frammenti di cristallo e di usare la magia; Portatori, li chiamano. Il motivo di tale disprezzo è, banalmente, da ritrovarsi nel classico assunto “il potere logora chi non ce l’ha“.
Gli stessi che tuttavia disprezzano i Portatori per il loro dono divino, adorano i sovrani che, legittimamente o meno, li governano, e che si danno continuamente battaglia per conquistare i Cristalli Madre non ancora sotto il loro dominio; sovrani che, come nel caso del regno di Waloed, dell’Impero di Sanbreque, del regno di Dhalmekia e della tribù dei Sangueferreo sfruttano un potere ben più grande di quello dei Portatori per raggiungere i propri scopi: il potere dei Dominanti.
I Dominanti sono degli esseri umani scelti dalle divinità per reincarnare e personificare gli Eikon, che altro non sono che gli Eoni visti nei vari Final Fantasy; entità divine, capaci di controllare a loro piacimento gli elementi a costo di un rapido degrado fisico, causato dalla grande quantità di Etere da incanalare per utilizzare i poteri donati loro – si presume – dalla somma Greagor, madre di tutte le divinità.
All’interno di questo contesto, scosso da continue guerre e da politiche sfrontate e disumane dettate soprattutto dall’arrivo della Piaga, una malattia che rende le terre di Valisthea una grande distesa di morte e che rende necessarie continue lotte per la conquista dei prosperosi territori vicini ai Cristalli, vi è un piccolo regno che sfugge alle logiche guerrafondaie che dominano Valisthea: il Gran Ducato di Rosaria. All’interno di esso i Portatori non sono discriminati, ma anzi, vengono considerati parte integrante di una società civile che vive anche grazie alla benedizione della Fenice, l’Eikon del Fuoco.
Tuttavia, nonostante l’apparente estraneità alla bramosia di potere, anche l’Arciduca di Rosaria – spinto dalle pressioni della moglie Annabella – vuole imporre il suo credo politico; un credo sì più apprezzabile di quello degli altri regni, ove imperano razzismo e fame, ma che tuttavia non può né deve essere imposto con la forza. Tale discutibile decisione rappresenterà l’inizio di quella che sarà una nuova vita per Valisthea; un inizio che porterà alla distruzione del Mythos ed all’affermazione del Logos.
Clive, la fiamma della rivoluzione e l’ineluttabilità del destino
È in questo contesto, dominato da Eikon, sovrani bramosi di potere, ed uomini che si credono dei, che parte la storia di Clive Rosfield, figlio primogenito dell’Arciduca di Rosaria che tuttavia non ha ereditato i poteri della Fenice, che sono invece andati al suo fratello minore, Joshua. Clive dunque, capace comunque di attingere al Fuoco della Fenice in battaglia, decide di dedicare la propria vita alla protezione di suo fratello, divenendo il suo Scudo, titolo che viene affidato solo ai migliori guerrieri di Rosaria.
La vita di Clive, che scorreva in maniera tutto sommato tranquilla grazie anche alla compagnia di Jill, sua affezionatissima amica d’infanzia, e Torgal, un piccolo lupo salvato da quest’ultima, viene tuttavia improvvisamente sconvolta a causa di quanto detto poc’anzi; per avere buona sorte in battaglia infatti, l’Arciduca come da tradizione porta Joshua, Clive ed una guarnigione del suo esercito a Porta Fenice, ove il Dominante del Fuoco potrà ricevere la benedizione della somma Greagor e dei Caduti presso l’apposito tempio ormai in rovina.
A causa di questa sciocca credenza tuttavia, i fragili equilibri di Valisthea vengono sconvolti; durante un attacco a sorpresa da parte dei soldati imperiali, infatti, l’Arciduca di Rosaria perde la vita e Joshua, sconvolto dal tragico avvenimento, si ritrova improvvisamente a combattere con un altro Eikon del Fuoco, Ifrit, la cui esistenza è un assoluto mistero. Nella storia di Valisthea infatti non sono mai esistiti contemporaneamente due Eikon dello stesso elemento, ed inoltre nelle credenze e nelle leggende popolari non vi è traccia della presenza di Ifrit.
Durante lo scontro, Ifrit ha la meglio sulla Fenice, uccidendo Joshua sotto gli occhi di uno sconvolto Clive il quale, prima dell’apparizione dell’Eikon, ha una strana visione in cui un ragazzo incappucciato si rivolge a lui col nome di Mythos. Salvatosi dall’imboscata, l’unico superstite della famiglia reggente di Rosaria, nella disperata ricerca del Dominante che ha ucciso il fratello, diviene un mercenario al servizio dell’Impero di Sanbreque, che indica i suoi sudditi Portatori con dei discriminanti marchi sulle loro facce, additandoli appunto come Marchiati; questi, disprezzati dalla popolazione tutta, vengono utilizzati o come schiavi o come soldati, e non hanno altro destino se non quello di morire servendo l’Impero.
Durante una spedizione utile a recuperare o uccidere la Dominante del Ghiaccio, Shiva, presa in ostaggio dai Sangueferreo ed impegnata in un feroce scontro con Lord Kupka, reggente oscuro di Dhalmekia e Dominante della Roccia, Clive si spoglia dei panni di mercenario quando nota che in realtà la Dominante è Jill, sua amica d’infanzia scomparsa dopo gli eventi di Porta Fenice. Il ricongiungimento tra i due, ed il conseguente tradimento nei confronti dell’Impero porta Clive a conoscere Cid, rivoluzionario e Dominante di Ramuh, Eikon del Tuono.
Gli ideali di Cid sono nobili: egli vuole donare all’umanità un mondo migliore, ove ognuno può scegliere il proprio destino. Un’umanità senza vincoli, non più asservita ai Cristalli Madre ed ai Dominanti sovrani, ma solo a sé stessa; un’umanità capace di determinarsi e di liberarsi dalle catene che da secoli la imprigionano a causa di stupide credenze e di dettami imposti da chi non pensa a nulla se non al proprio personalissimo tornaconto.
Sovvertire l’ordine di Valisthea tuttavia non è assolutamente impresa facile, soprattutto per lo sparuto gruppo di Marchiati che Cid ha radunato presso un rifugio segreto; il potere di un Dominante non può bastare per distruggere sia i Cristalli Madre, simboli del potere da sovvertire – ma non solo – sia il credo legato ad essi. Nonostante i numeri non siano dalla sua parte tuttavia, Cid è più che mai determinato nel portare a termine la missione che egli stesso si è affidato, e, con l’aiuto di Clive, inizialmente titubante ma poi sempre più convinto della bontà degli ideali dell’uomo, decide di cominciare a sconvolgere le solide basi su cui per anni si è retta Valisthea.
Ciò che muove Cid, ironicamente, è proprio l’ineluttabilità del destino, del suo destino. A causa del suo essere Dominante infatti, egli è destinato a morte certa in tempi brevi; ogni volta che manifesta il suo Eikon infatti, l’Etere fa il suo triste dovere togliendogli anni ed anni di vita in cambio di un potere smisurato. Ed è proprio questa ineluttabilità che muove il fuorilegge rivoluzionario; un uomo che non accetta che altri abbiano deciso per la sua vita, che vuole che nessuno decida più per la vita degli altri; ancora una volta insomma, si ritorna inevitabilmente al contrasto tra Mythos e Logos.
Queste sono le premesse di un comparto narrativo semplicemente incredibile, ricco di chiavi di lettura e capace di emozionare e far riflettere il giocatore, grazie anche a dialoghi ben scritti e soprattutto mai banali, in cui non vi è alcuna delle classiche “facilitazioni” giapponesi rappresentate da quelle lunghe e ridondati descrizioni di ogni azione a schermo. Il lavoro fatto sotto questo punto di vista da parte degli sviluppatori è senza alcun dubbio eccezionale, e possiamo affermare con assoluta certezza che la sceneggiatura di Final Fantasy XVI è un assoluto gioiello, che si posiziona di diritto tra le più belle della saga.
Un’opera matura ed oscura
I connotati fortemente politici e sociali di cui è ammantata l’intera opera infatti si commistionano splendidamente a quelli fantastici e mitologici della saga, dando vita ad un’opera maestosa e indimenticabile, grazie anche ad un grado di violenza e “realismo” mai visti prima. Le tematiche trattate sono tantissime – il lutto, l’inganno, l’amore nelle sue diverse accezioni e l’odio per il diverso in particolare, oltre che tutta la questione del destino descritta poc’anzi – e sono tutte approfondite in maniera estremamente matura e cruda, con un’invidiabile profondità che raramente abbiamo trovato in un JRPG.
A quanto affermato fino ad ora si aggiunga la presenza di un cast semplicemente eccezionale, ricco di personaggi iconici e caratterizzati egregiamente, pieni di sfaccettature in grado di renderli tra i più umani e memorabili mai visti all’interno della saga. Senza voler scomodare Clive, tra i più riusciti protagonisti delle ultime incarnazioni del brand, personaggi quali Benedikta Harman, re Barnabas Thalmr, Lord Kupka, Cid, Gav e tanti altri infatti sono più di semplici pedine utili a far proseguire la trama; ognuno dei personaggi presenti infatti, oltre ad avere un carattere ben definito, si muove su quella linea sottile che divide il bene dal male ed il giusto dallo sbagliato. Le motivazioni di ognuno dei personaggi infatti sono più o meno condivisibili, e starà al giocatore parteggiare per uno o per l’altro.
Eccelso è anche il livello di world building di Valisthea; le storie del mondo, le rovine dei Caduti e tutti i segreti del continente sono consultabili, oltre che grazie al già apprezzatissimo sistema di Active Time Lore, presso il saggio Harpocrates, che aggiornerà i suoi tomi con l’andare avanti dell’avventura. All’interno di questi, è presente praticamente tutta la storia passata e presente di ognuna delle ambientazioni che visiteremo, di ognuna delle creature che incontreremo e di ogni personaggio che incroceremo lungo il tortuoso percorso morale e materiale che Clive dovrà affrontare.
Sotto questo punto di vista gli sviluppatori hanno fatto un lavoro praticamente eccellente, che siamo sicuri farà appassionare tutti i giocatori particolarmente affezionati alla lore di Final Fantasy, che vorranno scoprire ed immergersi all’interno di un mondo pieno di sorprese e ricco di una storia pronta ad essere svelata a chi vorrà interessarsene.
In sostanza dunque il comparto narrativo di Final Fantasy XVI è semplicemente eccezionale sotto tutti i punti di vista; la narrazione è matura, oscura, violenta, ritmata e coinvolgente, il mondo di gioco è ricco di storia, ed i tanti personaggi che vanno a comporre il folto cast sono tutti caratterizzati egregiamente. I concetti intorno a cui ruota l’intera trama sono concetti non banali, capaci di far riflettere il giocatore e di stimolarlo, che portano l’impianto narrativo su livelli altissimi senza tuttavia sconfessare le basi che hanno fatto grande la saga.
Addio ai turni, ma non parlate di stylish action
La rivoluzione operata da Yoshida e dal team di sviluppo a cui accennavamo in precedenza riguarda soprattutto il gameplay di Final Fantasy XVI; se infatti con la narrativa si è voluto tornare fortemente al passato, abbracciando quella che è l’essenza più pura della saga, con l’impianto ludico si è fatto un deciso passo in avanti, utile ad abbandonare gli stilemi che per anni hanno fatto parte del brand.
Il titolo ha infatti abbandonato il classico sistema di combattimento a turni, impreziosito nel corso degli anni da quell’ATB capace di fare la storia, per abbracciare un approccio più improntato all’azione, che riduce a zero o quasi la componente strettamente ruolistica che per anni ha rappresentato il principale elemento della saga; per fare ciò, Yoshida ha affidato il ruolo di combat designer a sua maestà Ryota Suzuka, che aveva già ricoperto questo ruolo nel meraviglioso Devil May Cry V.
Il nome tuttavia non deve ingannare il giocatore, in quanto Final Fantasy XVI non è in alcun modo uno stylish action, né punta ad esserlo; se dovessimo fare un paragone infatti, il combat system del titolo (per la cui descrizione dettagliata rinviamo alla nostra anteprima) ci ha ricordato, con le dovute differenze, quello degli ultimi God of War targati Santa Monica Studios. Nonostante l’alta spettacolarità di ogni scontro, unita alla possibilità di alternare le abilità degli Eikon che Clive raccoglierà nel corso dell’avventura, il sistema di combattimento di FF16 è un sistema con vari livelli di profondità, ma che non si basa interamente sulla concatenazione di spettacolari combo.
Con i nemici meno forti infatti, gli scontri si basano perlopiù sull’utilizzo degli attacchi base, divisi in attacco con spada e una magia che cambierà a seconda dell’Eikon equipaggiato in quel momento, sulle schivate, che come sempre se effettuate con il giusto timing vi garantiranno la possibilità di contrattaccare, e sui colpi caricati, che saranno capaci di infliggere ingenti danni ai mob circostanti oltre che utili ad effettuare un po’ di crowd control. Ovviamente anche in questi scontri sarà possibile utilizzare le abilità degli Eikon, ma il livello di difficoltà non altissimo non lo renderà necessario se non verso il finale dell’avventura, dove la forza ed il numero dei nemici si moltiplicherà per questioni legate alla trama.
La musica cambia totalmente quando si affrontano i nemici più coriacei, caratterizzati da una barra del vigore al di sotto di quella della salute; questa, se esaurita mediante attacchi, contrattacchi ed il corretto utilizzo delle abilità Eikon, farà vacillare il nemico, stordendolo per qualche secondo e moltiplicando i danni che sarete capaci di infliggergli. In questi scontri, meno rari di quel che si possa pensare, il combat system di Final Fantasy XVI svela la sua vera natura, basata appunto sul corretto timing di utilizzo delle skill degli Eikon, e sullo svuotamento della barra della resistenza nemica.
Il tutto avviene in maniera estremamente naturale e spettacolare, e vi assicuriamo che nonostante non siano presenti né sistemi di debolezze elementali – purtroppo, aggiungeremo noi, in quanto una tale feature unita allo switch costante degli Eikon avrebbe dato sicuramente più valore al già ottimo titolo – né tecnicismi particolari, il titolo non ci è mai risultato ripetitivo o noioso; scoprire le varie abilità degli Eikon, padroneggiare lo stile più vicino alle nostre esigenze e così via è infatti un vero piacere, e stimola il giocatore a provare tutte le combinazioni possibili utili a fare più danni e ad avere vita facile negli scontri.
Gli Eikon e la loro versatilità
Ogni Eikon ha infatti uno stile particolare, unito ad un’abilità unica da utilizzare in ogni momento della battaglia; con la Fenice ad esempio potremo traslare velocemente da un nemico all’altro, con Garuda potremo afferrare i malcapitati di turno per continuare combo terrene o aree, mentre ad esempio con Titano avremo la possibilità di parare con più facilità i colpi degli avversari. Lo switch tra abilità sarà fondamentale per inanellare combo visivamente spettacolari, ma soprattutto sarà importante per adeguare il combat system al vostro personalissimo stile di gioco; starà a voi dunque scegliere i tre Eikon che preferite e che più si confanno alle vostre esigenze.
Ovviamente, oltre alle abilità appena descritte, sarà possibile equipaggiare un massimo di due abilità per Eikon, sbloccabili in un apposito skill tree mediante la spesa di Punti Abilità; queste abilità sono divise in due macro categorie, quelle capaci di infliggere ingenti danni e quelle capaci invece di ridurre notevolmente la barra di stordimento nemica. In alcuni specifici casi sarà addirittura possibile equipaggiare un’abilità specifica di un Eikon ad un altro Eikon; per essere più chiari, sarà possibile utilizzare una delle skill di Garuda anche selezionando Titano.
Sotto questo punto di vista il lavoro degli sviluppatori è sicuramente da elogiare, in quanto hanno reso il sistema di combattimento di Final Fantasy XVI una creatura da plasmare a seconda delle esigenze dei singoli, che segue schemi fissi ma solo fino ad un certo punto.
Oltre alle abilità degli Eikon, Clive avrà la possibilità di entrare in Trascendenza; in questo stato, il protagonista guadagna continuamente HP ed ha la possibilità di sferrare una sequenza di attacchi particolarmente veloci, capaci di infliggere danni critici ad ogni nemico. Utilizzare la Trascendenza ha solo un lato negativo, e cioè la difficoltà nel capire ciò che sta accadendo a schermo; ciò rende particolarmente arduo l’utilizzo delle schivate, fondamentali soprattutto negli scontri contro i boss.
Ed è proprio in questi ultimi che Final Fantasy XVI da il meglio di sé. Ognuno dei tantissimi scontri contro i boss è infatti una vera e propria gioia per chiunque sia un amante degli action RPG; in questi sarà necessario dare sfoggio di tutta la vostra abilità, oltre che della vostra padronanza del combat system. Nonostante alcuni piccoli passaggi a vuoto, da ritrovarsi in particolare in soli due o tre dei tanti boss presenti, gli scontri metteranno a dura prova i vostri riflessi, grazie a pattern d’attacco sì basilari, ma mutevoli nel corso dello scontro.
Ad arricchire ancor di più tali scontri troviamo le maestose battaglie tra Eikon; queste sono una graditissima variazione sul tema, e nonostante il gameplay non differisca – tranne in alcuni casi – poi così tanto rispetto a quando si impersona Clive Rosfield, abbiamo trovato le stesse estremamente divertenti oltre che coreografate in maniera eccelsa, grazie anche a dei semplici QTE mai troppo invasivi e capaci di spettacolarizzare ancor di più un titolo che già di per sé risulta esserlo fin troppo. Non che sia un difetto, sia chiaro.
Tante ambientazioni, un po’ di linearità
Al di fuori dei combattimenti, le varie mappe che vanno a comporre le terre di Valisthea sono ricche di attività secondarie; tuttavia, abbiamo notato come ad esclusione delle Cacce, missioni molto ben riuscite e dalle ricompense ottime in cui dovremo esplorare delle zone già visitate alla ricerca di mostri leggendari, le side quest del titolo non offrono né un enorme grado di sfida né una variazione degna di nota sul tema ludico.
La ripetitività delle secondarie, unite a delle ricompense dalla dubbia utilità legate perlopiù al crafting, non stimolano il giocatore ad aiutare i tanti abitanti di Valisthea in difficoltà; per fortuna, in maniera estremamente saggia, gli sviluppatori hanno deciso di marchiare le side quest importanti con un icona diversa da quelle standard. In questo modo si può decidere di affrontare solo le secondarie più importanti, che garantiranno ad esempio un’efficacia curativa maggiore per le pozioni, un ampliamento dell’inventario, nuove possibilità di creazione per quanto riguarda armi ed armature e addirittura la possibilità di cavalcare un Chocobo nelle mappe aperte.
Anche le missioni principali soffrono di un problema che potrebbe far storcere il naso a molti, e cioè al loro essere ambientate in degli enormi corridoi in cui l’esplorazione è ridotta all’osso; sotto questo punto di vista gli sviluppatori avrebbero dovuto e potuto fare molto di più, dato che le strade alternative da prendere all’interno delle quest principali sono poche e brevi. Tale problema viene ben mascherato dall’eccellenza di un combat system che è il vero pezzo forte del titolo, e non mina assolutamente la godibilità di un videogioco che resta comunque divertente ed ottimo sotto tanti punti di vista.
Tale situazione migliora nei tanti spazi aperti presenti, ricchi di nemici da abbattere e forzieri da trovare; tali spazi, per quanto non eccessivamente grandi, sono davvero piacevoli da esplorare, e garantiscono l’accesso a missioni ed oggetti che sarebbe difficile trovare altrimenti. In sostanza dunque siamo davanti ad un titolo lineare, e chi cercava un enorme open world rimarrà inevitabilmente deluso. Sinceramente, per chi vi scrive la linearità non è mai stata un problema insormontabile, ma oggettivamente si sarebbe potuto osare un po’ di più; in ogni caso, e lo ribadiamo, la situazione non è assolutamente preoccupante, e Final Fantasy XVI resta un gioco di livello altissimo, che con qualche accorgimento avrebbe potuto raggiungere l’assoluta eccellenza.
La deriva action intrapresa da Final Fantasy XVI ha inciso in maniera netta anche sulla componente ruolistica, fortemente limitata dalla possibilità di avere solo tre slot per gli accessori; tale scelta, se da un lato enfatizza la componente prettamente strategica dei combattimenti, dall’altro penalizza la varietà di scelta relativa alla creazione delle build. Tale situazione viene però bilanciata dalla costruzione dello skill tree; il funzionamento di quest’ultimo è piuttosto peculiare, in quanto per avere a disposizione un’abilità basterà spendere una quantità piuttosto irrisoria di punti. L’abilità in questione però, in un primo momento, non sarà particolarmente efficace e richiederà una quantità di tempo abbastanza lunga – nell’ordine di secondi, ovviamente – per essere castata; per utilizzare senza problemi l’abilità in combattimento, ed inanellare combo senza perdere il ritmo di gioco, bisognerà prima potenziare la stessa e poi padroneggiarla. Ciò richiederà un notevole esborso di punti abilità, che quindi dovranno essere spesi in maniera estremamente oculata ed attenta, in modo da poter adeguare il più possibile Clive al vostro playstyle.
L’impianto ludico di Final Fantasy XVI è dunque tutto fuorché perfetto. L‘eccellente combat system, cuore pulsante dell’intero titolo, riesce a mascherare egregiamente alcune mancanze che potrebbero far storcere il naso a più di un giocatore, che vanno da un level design piuttosto lineare a delle secondarie poco avvincenti, ad esclusione delle missioni di Caccia, che invece vi metteranno di fronte ad una sfida tutt’altro che banale. Tali inciampi tuttavia non minano in alcun modo né la qualità né la godibilità di quello che resta un titolo divertente, pieno di sorprese e capace di tenere incollato il giocatore allo schermo per le circa 40 ore necessarie a portare a termine la main quest.
Art direction sublime, colonna sonora leggendaria
Concludiamo questa lunga recensione di Final Fantasy XVI con un’analisi del lato artistico e tecnico del titolo. L’art direction, come già notato nei vari trailer che hanno accompagnato i giocatori nel percorso verso il lancio, è semplicemente clamorosa. Il design di ambientazioni, nemici, personaggi principali ed Eikon è praticamente perfetto, e richiama con forza quell’iconografia che negli anni abbiamo imparato ad apprezzare ed amare; non abbiamo trovato alcun difetto sotto questo punto di vista, e la ricostruzione visiva della mitologia di Final Fantasy in salsa medioevale/dark è una delle migliori cose accadute alla saga negli ultimi anni. Abbandonato lo stile più fiabesco di Final Fantasy X ed XII, e quello più “futuristico” di Final Fantasy XIII, gli sviluppatori hanno optato per un ritorno al passato ricco di stile, crudo, oscuro, capace di commistionare sapientemente due anime: quella mitologica, che si rifà non solo al mondo di Final Fantasy ma anche ad esempio a quello nordico, e quella invece storica, più ancorata ad un violento realismo.
Anche sotto il punto di vista tecnico il lavoro svolto dagli sviluppatori è ottimo; il titolo infatti, in modalità Prestazioni, resta ancorato a 60 FPS anche nei combattimenti più concitati, tutti ricchi di particellari ed effetti visivi di ogni sorta, mantenendo comunque una qualità grafica di livello molto alto. Gli unici cali di frame rate che abbiamo notato sono quelli che molti utenti hanno già sperimentato nella demo: esplorando alcuni dei centri abitati presenti nel titolo infatti il frame rate cala in maniera inspiegabile. A quanto pare, stando alle analisi di alcuni videogiocatori, ciò accade in quanto in Final Fantasy XVI sarebbe attivo di default un sistema di ray tracing che pesa non poco sul motore di gioco. Sia ben chiaro, la situazione non è assolutamente “disastrosa” come quella della demo, e si tratta di episodi perlopiù sporadici che non pregiudicano in alcun modo la godibilità del titolo e dell’esplorazione.
Le ambientazioni ed i modelli poligonali dei personaggi sono semplicemente ottimi, ed alcuni scenari, grazie anche ad una qualità delle texture parecchio elevata, risultano essere estremamente evocativi oltre che piacevolissimi da vedere. La regia e la fotografia inoltre raggiungono livelli altissimi, dando ad ognuno dei tanti filmati presenti la dignità che meritano; la qualità di questi viene elevata ai massimi livelli grazie ad una colonna sonora da urlo, che senza alcun dubbio è una delle migliori che abbiamo ascoltato negli ultimi anni, capace di cadenzare ogni momento con la giusta melodia e di emozionare non poco i giocatori. L’unica pecca riscontrata dal punto di vista strettamente visivo è quella relativa ai modelli degli NPC, risultati un po’ anonimi, le cui animazioni facciali non rendono assolutamente giustizia alla bellezza dell’intero titolo. Di ottima fattura il doppiaggio italiano, presente per la prima volta nella saga, così come quello inglese.
In conclusione…
Final Fantasy XVI segna la rinascita di una saga rimasta in un’ingiusta mediocrità per troppi anni, e lo fa in maniera scoppiettante, roboante ed indimenticabile. Grazie ad un comparto narrativo semplicemente incredibile, unito ad un combat system di livello assoluto, il titolo Square Enix riesce ad emozionare e divertire nonostante qualche mancanza relativa al game design; problemi che tuttavia non riescono in alcun modo a far calare la qualità di un titolo capace di riportare la saga nell’Olimpo dei videogiochi, dove merita di stare. Il ritorno alle origini di Final Fantasy, alla eterna lotta tra Mythos e Logos, a quelle atmosfere magiche e sognanti che hanno fatto la storia del brand, non poteva essere migliore di così. Le fiamme della Fenice bruciano, Final Fantasy è finalmente tornato.
Final Fantasy XVI
Voto - 9.2
9.2
Final Fantasy XVI segna la rinascita di una saga leggendaria, grazie ad un combat system spettacolare e divertente, e ad un comparto narrativo semplicemente eccezionale. La cura Yoshida ha funzionato!