Al giorno d’oggi tutti conoscono i Pokemon, se non altro almeno per sentito dire. Una buona fetta della popolazione mondiale li ha visti nascere e conquistare il mondo grazie al proprio carisma e una valanga di gadget dall’enorme successo. Dalle carte ai videogiochi, senza dimenticare la fortunatissima serie anime, i mostriciattoli giapponesi sono ormai un fenomeno culturale di proporzioni indescrivibili.
Ormai è risaputo, Pokemon è il media franchise di più vasto successo in tutto il globo. Ha frantumato ogni tipo di limite e barriera (anche quelle linguistiche, con risultati spesso esilaranti), riuscendo ad affermarsi come una forza inarrestabile nel mercato dell’intrattenimento. Ma com’è iniziato questo mostruoso successo?
La storia di “Pikachu e amici” inizia in Giappone, nel 1990, quando un designer di videogiochi, tale Satoshi Taijiri, ha un’idea che di lì a poco sarebbe diventata una parte determinante nell’infanzia di moltissimi ragazzi in ogni continente. Ma lui, e soprattutto lo staff di Nintendo, non potevano ancora saperlo, ed il progetto fu quasi scartato tra lo scetticismo dei colleghi. Fortunatamente un certo Shigeru Miyamoto credette nel progetto, consentendo al concept dei “Capsule Monsters” di diventare un gioco vero, capace di unire i cuori di tutti i fan sotto un’unica bandiera — questa è la sua storia.
Come sono nati i Pokemon
L’idea originale di Satoshi si ispirava fortemente alle esperienze vissute durante la sua infanzia. Come tanti altri ragazzi della sua generazione, Satoshi amava collezionare insetti, un hobby che lo portò ad esplorare i suoi dintorni stando a stretto contatto con la natura. Crescendo, il ragazzo (ora game developer) notò come l’urbanizzazione spingesse sempre ragazzi a giocare sempre più dentro casa invece che all’aperto, e sentì la necessità di far conoscere alle nuove generazioni le stesse gioie che aveva provato lui — adesso si spiegano tutti quegli Acchiappamosche!
Nel 1989 il primo Gameboy venne lanciato sul mercato giapponese, e Satoshi vide l’opportunità perfetta per concretizzare la sua idea. Pokemon nasce quindi come un gioco di ruolo il cui scopo è catturare e allevare dei mostriciattoli (i Pocket Monsters) che, nonostante lottino gli uni contro gli altri (secondo il creatore si trattava di un ottimo modo di sfogare le energie negative) non vengono mai feriti sul serio. Satoshi teneva particolarmente a questo ultimo punto, opponendosi fermamente a chi voleva sterzare il gioco verso un indirizzo più crudo.
Il concetto di scambio è stato integrale fin dal primo momento: l’idea di varie versioni del gioco con all’interno dei Pokemon diversi non era solo un modo per spingere i ragazzi ad incontrarsi, ma anche un’idea vincente dal punto del marketing. Il Gameboy era la piattaforma perfetta per realizzare questo ecosistema, grazie al collegamento via cavo che permetteva a tutti di passare i dati da una console all’altra.
Tra le difficoltà tecniche e una crisi di popolarità del Gameboy, Pokemon alla fine arrivò sugli scaffali dei negozi giapponesi nel febbraio 1996, riscuotendo subito un enorme successo. Nel primo anno, “Pocket Monsters Red” e “Green”, assieme all’edizione “Blue” (che venne pubblicata poco dopo) riesce a vendere ben un milione di copie, cifra a cui vanno aggiunti gli epocali 3,65 milioni dell’anno successivo.
Cosa significa “Pokemon”
L’idea originale, in cui i Pokemon non venivano catturati ma attratti dal carisma del protagonista oppure comprati, venne rivista parecchio prima del lancio ufficiale. Gli sviluppatori raggiunsero un consenso sul titolo di Capsule Monsters, che proveniva dalle “Pokeball”, i dispositivi usati per miniaturizzare e trasportare i mostri. Queste ultime si chiamavano originalmente “capsule”, ed erano ispirate più o meno direttamente dal telefilm Ultraseven; tuttavia il nome rischiava di violare il copyright di Bandai, che aveva brevettato le Gashapon Machines (i distributori di piccoli giocattoli contenuti appunto in capsule).
Questo provocò non pochi problemi nella registrazione del marchio, portando il titolo a chiamarsi CapuMon e KapuMon prima di abbracciare definitivamente il nome Pocket Monsters, che vuol dire letteralmente “Mostri Tascabili“. Visto il successo riscontrato in casa, nel 1998 il gioco venne lanciato anche negli Stati Uniti, dove adottò il nome accorciato “Pokemon“, che ancora oggi è sinonimo di gioia e community per tantissime persone, non solo grazie ai videogiochi, ma anche alle carte, ai cartoni, e ai giocattoli di ogni tipo; ma soprattutto, l’amore per un mondo davvero adorabile.