Qualche mese fa Google ha lanciato un’intelligenza artificiale in grado di generare musica partendo da una descrizione testuale fornita dagli utenti, MusicLM. Ovviamente i suoi concorrenti non vogliono rimanere indietro, soprattutto Meta, che ha lanciato un generatore di musica open source chiamato MusicGen.
Come il generatore di Google, MusicGen genera musica partendo da una descrizione testuale o da brani già esistenti, e può creare clip della durata massima di 12 secondi. I brani creati con il generatore possono essere usati liberamente, senza alcuna restrizione.
Meta ha dichiarato che MusicGen è stato allenato con 20000 ore di musica. 10000 di queste ore comprendono canzoni famose e “ad alta qualità” per le quali sono stati pagati i diritti e 390 mila tracce strumentali provenienti da ShutterShock (piattaforma con sede a New York che offre diversi tipi di contenuti, tra cui anche contenuti musicali), con cui l’azienda ha stretto un accordo. Gli utenti possono utilizzare una versione “pre-allenamento” del generatore, a patto che dispongano del giusto hardware (GPU con una memoria di 16 Gigabyte).
Generatori musicali: Meta vs Google
TechCrunch ha messo a confronto i generatori di Meta e Google con tre brani diversi, e ha scoperto che la qualità del risultato finale dei due è alla pari. Secondo quanto riportato sul sito il risultato è buono ma non al livello di quello che potrebbe fare un compositore umano.
Viene inoltre fatto notare che la moralità e la legalità di questo tipo di software è ancora in discussione e non tutti gli artisti sono contenti della situazione (anche se alcuni stanno abbracciando pienamente la nuova tecnologia).
Tracce fatte con IA simili sono diventate virali, e come si è visto anche di recente le compagnie hanno iniziato a combatterle, anche se non è ancora chiaro se questo tipo di brani violi davvero il copyright degli artisti o delle compagnie che ne hanno i diritti. Alcuni artisti si sono inoltre lamentati del fatto che le loro canzoni fossero usate per allenare questi generatori senza il loro consenso, e hanno portato i casi anche in tribunale.
Fonte. TechCrunch.