ChatGPT sta aprendo nuove porte nei settori lavorativi e professionali più svariati. Mentre in Germania qualcuno testa come se la caverebbe il chatbot diventando un vero e proprio prete, in altri ambiti aziendali ci si “limita” a utilizzarlo per i lavori d’ufficio e intellettuali solitamente più tediosi.
Questo ha portato una grande preoccupazione nell’animo di alcuni lavoratori. La paura che il chatbot possa sostituire effettivamente il proprio ruolo esiste, e in alcuni casi è piuttosto reale e giustificata. Solo qualche giorno fa avevamo parlato del racconto di due copywriter, che si sono dovuti inventare un nuovo lavoro dopo aver perso il loro posto in azienda.
In altri casi, però, il chatbot si è dimostrato invece un ottimo aiutante. D’altronde, in pochi istanti e scrivendo semplici prompt riusciamo a ottenere risposte anche alle domande e richieste più complesse. Tant’è che ci si domanda se in campo medico potrebbe avere qualche possibilità, ma non per fare diagnosi. Bensì, per fare in modo che i medici abbiano un approccio più umano ed empatico coi pazienti.
Il chatbot entra in campo medico
Una delle cose più difficili di essere un medico, in ogni tipo di specializzazione, è sicuramente l’approccio con il paziente, specie quando bisogna dare brutte notizie. Parlare con persone scosse, malate e in difficili situazioni di salute e familiari non è mai facile.
Riuscire a bilanciare il pensiero razionale con l’empatia umana è complicato, sebbene per il paziente stesso sia una parte fondamentale del processo di guarigione. Avere un medico che empatizzi con i nostri problemi è qualcosa che tutti noi vorremmo in caso di malattia, ma non tutti i medici sono bravi in questo, purtroppo. A quanto risulta da un recente report del New York Times, però, tutto questo sembra destinato a cambiare.
Alcuni medici, secondo quanto riporta la testata, stanno usando ChatGPT per “risultare più umani” e capire come comunicare meglio le cattive notizie ai loro pazienti. Il New York Times riporta alcuni esempi: il Dr. Michael Pignone, presidente del dipartimento di medicina interna all’Università di Austin, sostiene che il chatbot abbia spesso aiutato lui e i suoi colleghi nel comunicare regolarmente con i propri pazienti.
In particolare, ha dimostrato l’utilità del chatbot con un esperimento. Ha chiesto al suo team di creare un copione che rispondesse in modo umano e compassionevole alla domanda: “come ci approcciamo a pazienti che non hanno avuto risposta agli interventi comportamentali nell’abuso di alcol?”
Una settimana d’attesa più tardi, nessuno del suo team era riuscito a creare un copione. Per questo, si è rivolto a ChatGPT, che è stato in grado di dargli una risposta immediata ed esattamente come richiesta. Serviva solo una piccola revisione per correggere in maniera adeguata i termini medici. Questa è stata la risposta del chatbot, semplice e comprensibile da chiunque:
“Se credi di star bevendo troppo alcol, non sei solo. Molte persone hanno questo problema, ma ci sono medicine che possono aiutarti a sentirti meglio e avere una vita più salutare e felice”. Allegando anche i pro e i contro di ogni possibile trattamento.
Uno dei punti forti del chatbot è proprio la sua capacità di comunicare in modo semplice e diretto, rimediando a uno dei problemi dei medici: parlano in modo troppo complicato con il paziente. Con il chatbot, invece, qualunque diagnosi può essere resa comprensibile anche per un bambino di quinta elementare. Basta chiedere.
Ovviamente, non tutti sono convinti della bontà della cosa. Alcuni medici trovano i testi di ChatGPT poco utili e inconsistenti. Inoltre, anche se in questo caso non si parla della possibilità di utilizzarlo per delle diagnosi, questa resta comunque una delle preoccupazioni maggiori, che probabilmente sarà di grande intralcio alla diffusione del chatbot in campo medico.
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