“Che fine hanno fatto le batterie del telecomando?”
“Scusa cara, avevo tanta fame”.
Se vi capita una conversazione del genere dovete sicuramente preoccuparvi, ma nel futuro ormai prossimo un dialogo del genere potrebbe diventare perfettamente normale. Il merito è dell’invenzione di un team di ricercatori italiani, che sono riusciti a creare le prime batterie commestibili. E sono pure ricaricabili.
Certo, tutti conosciamo le proprietà elettriche delle patate, ma il sapore delle pinze e dei fili di rame usati per convogliare l’elettricità dalla patata ai dispositivi tende ad irritare la gola. Inoltre, c’è lo spiacevole dettaglio di doversi procurare quantità assurde del buonissimo tubero per generare briciole di energia davvero insignificanti. Per esempio, se voleste giocare DOOM su una calcolatrice alimentata a tuberi, vi occorrerebbero 45kg di patate marce, e tutto questo per appena un paio di partite. Ecco quindi la genesi dell’elettronica commestibile, un campo di ricerca che grazie ad un team di Milano ha appena raggiunto il traguardo epocale: una batteria ricaricabile fatta interamente di cibo.
A cosa servono delle batterie commestibili?
Okay, magari il vostro spuntino davanti alla TV non è il miglior utilizzo per questa nuova tecnologia. Esistono infatti applicazioni molto più degne per le batterie commestibili, molte delle quali sono in campo medico.
I possibili utilizzi variano dalla tracciabilità dei cibi all’ingegneria biomedica: in un futuro non troppo lontano, un nanobot medico potrebbe salvarvi la vita monitorando il vostro tratto gastrointestinale proprio grazie a una batteria come questa.
Un altro campo di utilizzo è quello dei giocattoli per i bambini più piccoli, dove una batteria fatta di cibo potrebbe scongiurare i tanti pericoli delle moderne batterie al litio, tra i quali l’intossicazione e la combustione.
Come funziona una batteria fatta di cibo?
La meraviglia di questo piccolo (letteralmente) capolavoro dell’elettronica sta soprattutto nei materiali con qui è stato creato. Riboflavina (vitamina B2) e quercetina (presente in capperi e mandorle) sono, rispettivamente, l’anodo e il catodo della batteria, e la conduttività dell’oggettino è stata aumentata grazie al carbone attivo, un semplice farmaco da banco.
L’elettrolita è a base d’acqua, mentre ad evitare i cortocircuiti ci pensa un separatore in alga nori (sì, proprio quella del sushi). Le nostre amiche api ci hanno prestato la loro cera per incapsulare gli elettrodi, ed i contatti che vanno verso l’esterno sono in oro alimentare, il materiale usato dai pasticceri per abbellire le torte.
Al momento le batterie commestibili funzionano a 0,65V, una tensione insufficiente a provocare l’elettrolisi se ingerita. Arriva ad un massimo di 48 milliampere per 12 minuti, ma se impostata su un regime di lavoro più basso arriva ad una durata massima superiore all’ora.
Il prototipo di batteria commestibile realizzato all’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) di Milano è una prova di concetto, serve cioè a dimostrare che una fonte di energia ricaricabile e digeribile è fattibile. Il direttore del Printed and Molecular Electronics Laboratory Mario Caironi ha dichiarato che il suo team è già l lavoro su prototipi più potenti e di dimensioni minori, che secondo lo scienziato rappresentano un importante passo verso un’energia più sostenibile e libera dal litio.
Altre ricerche hanno già dimostrato che è possibile realizzare nel cibo altri componenti elettronici, come ad esempio i circuiti, che possono essere incisi sulle fette di pane o nei cereali. Tra batterie commestibili e circuiti sulle fette biscottate, quella del futuro sarà una colazione davvero energizzante.
Fonte: articolo dei ricercatori
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