In questi giorni è uscito nelle sale italiane Suzume, il nuovo film dell’acclamato regista Makoto Shinkai, grazie a Crunchyroll, Sony Pictures e Warner Bros. Pictures. Non sono sempre stato un grandissimo fan del regista, ma questo film mi ha colpito abbastanza positivamente.
La storia del film parla di Suzume Iwato, una liceale che abita in una paesino del Kyushu con la zia Tamaki. Una mattina mentre sta andando a scuola si imbatte in un affascinante ragazzo di nome Sota Munakata, che è alla ricerca di rovine. Interessata a lui, Suzume decide di recarsi le uniche rovine che conosce: quelle della vecchia stazione termale vicino alla cittadina. Mentre esplora la zona, la ragazza nota una strana porta. Non appena la apre, vede dall’altra parte un modo diverso dal suo, contraddistinto da un bellissimo cielo stellato. La ragazza rimuove anche una pietra situata dietro la porta, che si trasforma in un gattino.
Impressionata dalla situazione, la ragazza scappa, lasciando però la porta aperta. Poco tempo dopo si accorge che dalla porta sembra uscire una creatura simile a un verme gigante che sembra fatto di fumo rossa. Corsa alla stazione termale, la ragazza ritrova Sota, che sta cercando di chiudere la porta con una particolare chiave. Suzume apprende dal ragazzo che lui è un “chiudiporta” e che va in giro per il Giappone a chiudere i portali da cui possa uscire il verme. Quando i due stanno facendo conoscenza, riappare il gattino, che però tramuta Sota in una sediolina per bambini con solo tre gambe. Inizia così un’avventura che porterà la ragazza a viaggiare per il suo paese.
Suzume getta lo spettatore nell’avventura assieme alla sua protagonista sin da subito, con una parte iniziale abbastanza frenetica a mio parere. Ho apprezzato poi come si sviluppa la storia facendo vedere l’avventura di Suzume e Sota per diverse località del Giappone, permettendoci di apprendere di più sul ruolo dei chiudiporta e mostrando il rapporto tra le persone e la natura, qui rappresentata dal verme e dai disastri naturali che causa (come il terremoto, spesso presente all’interno del film).
Ogni tappa del viaggio costituisce anche un piccolo pezzo di crescita per la nostra protagonista, che crea nuovi legami con le persone del posto che le danno una mano ospitandola per la notte. Quegli incontri saranno anche voluti dal caso, ma si legano perfettamente alla tematica descritta sopra, perché si tratta di persone che hanno vissuto come la protagonista de disastri in prima persona e hanno perso dei luoghi a loro cari.
Questa parte del film alterna scene slice of life che mostrano la ragazza in situazioni nuove alle scene più “action” incentrate sulla chiusura dei portali. Il viaggio serve anche per sviluppare con calma la storia d’amore con Sota. A inizio film la ragazza rimane affascinata dall’aspetto del ragazzo, ma di fatto se ne innamora completamente quando Sota si ritrova costretto a essere una sediolina, in quanto si innamora anche del suo carattere e del suo animo.
Il sentimento romantico diventa poi la vera forza motrice di tutta la seconda parte del film, dove Suzume trova anche la pace interiore che le consente di concludere il suo percorso di crescita. Per buona parte del film infatti la ragazza non si sente completamente in pace con se stessa, tanto che non le importa nulla di star correndo dei rischi per la sua vita, e si dichiara anche ben disposta a sacrificarsi per Sota. Tramite flashback e alcune sue azioni si capiscono i motivi per cui Suzume agisce in quella maniera, riuscendo a costruire un quadro generale che la rende forse la protagonista più interessante degli ultimi lavori del regista.
I personaggi secondari risultano in generale molto carini, anche se non godono di una grande quantità di screentime. Tra questi i più presenti sono Tamaki, Serizawa (il miglior amico di Sota) e il gattino Daijin. Tramite la zia si cerca di esplorare il rapporto famigliare della protagonista e alcune argomenti come la zia che si sente come una madre adottiva per lei e i sacrifici che ha compiuto per adempiere al ruolo di genitore. Questo tema risulta molto interessante anche se non viene affrontato molto, e si risolve abbastanza sbrigativamente nella seconda parte del film.
Se la cava comunque meglio dell’altra storyline secondaria, ossia quella incentrata sul desiderio di Sota e Serizawa di diventare insegnanti, che viene giusto menzionata ma mai approfondita (anche se a conti fatti potrebbe risultare non importante per la trama del film, ma avrebbe fatto conoscere altri lati dei due ragazzi). Daijin si può considerare a tutti gli effetti uno degli antagonisti del film, anche se alla fine non è veramente cattivo, come si vede anche verso la fine della storia. Nonostante si possajo percepire le motivazioni che lo portano ad agire in quella maniera, non ho sentito troppa empatia nei confronti del personaggio, che a volte ho trovato anche un pelino irritante (a livello di design però è adorabile).
La lore dei chiudiporta e degli altri elementi un po’ mistici del film viene spiegata in maniera semplice, anche se ci sono cose non dette. Ma più che le spiegazioni in sé, ci sono due avvenimenti del film (uno in particolare proprio alla fine) su cui pur riflettendo ancora adesso non riesco a trovare una risposta che mi soddisfi. A ripensarci a mente fredda ci sono anche degli svincoli di trama che forse erano prevedibili già nei primi momenti del film, anche se la messa in scena li rende comunque piacevoli da vedere.
Ad accompagnare i momenti drammatici del film ci sono anche diverse gag, che a differenza di quelle di Weathering with You, non mi hanno trasmesso nessun senso di imbarazzo ma anzi mi hanno messo un sorriso divertito sul volto.
Visivamente il film è in generale ottimo. Sono rimasto positivamente colpito da alcune scene, soprattutto una scena di character acting che mostra una chiacchierata tra Suzume e Chika. In alcune scene forse potrebbe far storcere il naso la CG di alcuni personaggi di sfondo, anche se ho trovato buona la CG utilizzata in alcune scene per la sediolina/Sota. Anche le musiche dei RADWIMPS e di Kazuma Jinnouchi sono un punto forte del film, soprattutto il tema musicale che porta lo stesso titolo del film cantato da Toaka.
Il doppiaggio italiano del film è in generale molto buono sopratutto a livello di interpretazioni. Chiara Fabiano e Manuel Meli sono stati ottimi sui due protagonista, ma anche Francesca Manicone, Emanuele Ruzza, Alberto Vannini e Edoardo Stoppacciaro non sfiugrano nei loro ruoli secondari. In particolare Vannini ha reso ilg attino Daijin anche inquietante dove in alcune scene. Le pronunce di alcuni nomi sono invece sono un po’ sbagliate, su tutte Chika pronunciata come “Chicka”, con una c in mezzo che nel nome non c’é.
In generale ho trovato Suzume un buon film, anche se a livello di struttura è molto simile ai precedenti. Consigliato sia a coloro che apprezzano tanto le opere del regista sia a coloro che sono un po’ più scettici riguardo ai suoi lavori. Inoltre meglio approfittare del fatto che è ancora in programmazione nelle sale, perché alcune scene sono davvero una goduria da vedere sul grande schermo.