Proseguendo per 25 anni e avendo ancora diverso tempo di fronte prima di concludersi, One Piece si è mostrato essere una delle opere più longeve esistenti nel mondo degli anime e dei manga.
Nonostante One Piece sia in un certo senso nato in un’epoca “diversa” da quella che viviamo attualmente, Eiichiro Oda si è sforzato ed è più o meno riuscito a mantenere il suo manga “fresco” e al passo con i tempi, rendendolo indimenticabile e apprezzabile dall’inizio alla fine anche dalle nuovissime generazioni.
Le abilità narrative di questo importantissimo e autorevolissimo autore adesso sono un esempio per numerose creazioni di fantasia, e soprattutto il modo in cui Eiichiro Oda continua a presentare la sua storia in modo così studiato e con i propri tempi, senza abbandonarsi all'”hype” dei suoi personaggi dopo tutti questi anni, è un qualcosa che difficilmente possiamo rivedere in molte altre serie.
La fine del manga programmata già 24 anni fa
Di recente, un tweet di Sandman che ci racconta le parole di Oda in un’intervista fatta all’Asahi Shinbun nel 1999 ci fornisce le parole di quello che al tempo era ancora un giovanissimo autore, solo da pochi anni alle prese con la scrittura di manga e la serializzazione di One Piece.
“Oda (1999): ho già deciso riguardo l’ultimo pannello e come sarà l’ultimo capitolo. Nella Saga Finale mi concentrerò non solo sui Mugiwara ma anche sugli *eventi che accadono nel mondo intero*. Il problema saranno gli anni che ci vorranno per dare inizio alla Saga Finale…”
Adesso stiamo finalmente vivendo questo momento previsto dall’autore, dopo più di due decadi che hanno visto la sua storia trasformata in vari modi, con aggiunte improvvise e sconcertanti frutto del genio di Oda e dell’immaginazione incredibile di cui dispone.
Dobbiamo soprattutto rimarcare come un aspetto in particolare delle sue scorse affermazioni sia adesso più attuale che mai: la parte in cui dichiara di voler mostrare gli eventi che si svolgono nel mondo, piuttosto che soffermarsi eccessivamente sui Mugiwara, ci dimostra come egli avesse deciso già da quel momento che tutto ciò che stiamo vedendo ora non è frutto del suo desiderio di “accelerare la fine” nei prossimi anni, ma piuttosto faceva parte della narrativa che aveva studiato già a quel tempo.