Il genere seinen indica un preciso target di pubblico, genericamente identificato come dai 18 anni in su e caratterizzato da storie dai contenuti maturi, noto in Italia specialmente per autori come il compianto Miura, Urasawa, Taniguchi, Yukimura, Yamamoto.
Oggi vogliamo parlarvi di un caposaldo imprescindibile del genere, Homunculus, scritto e disegnato dal sopra menzionato Hideo Yamamoto, autore tra gli altri anche di Ichi the Killer. Serializzato sulla rivista Big Comic Spirits della Shogakukan dal 2003 al 2011, Homunculus conta di 15 tankōbon ed è stato pubblicato in Italia da Panini Comics. Recentemente ne è stato anche realizzato un live action per Netflix ma, ad oggi, nessun adattamento animato.
Immaginate per un minuto di avere trentaquattro anni, di avere esaurito le vostre risorse finanziarie e di non aver altro posto in cui tornare al di fuori della vostra automobile, nella quale dormite. Nakoshi Susumu, protagonista di Homunculus, si trova esattamente in questa condizione quando viene avvicinato da uno sconosciuto, di nome Manabu Ito, il quale gli offre 700.000 yen per poter effettuare un’operazione di trapanazione del suo cranio, con la promessa del risveglio di abilità extrasensoriali.
In seguito a questo rischiosissimo intervento, Nakoshi diventa capace di vedere i cosiddetti “homunculi”: deformazioni oniriche delle persone che vengono da lui osservate, studiate, annusate o toccate. Questi homunculi così definiti, si scoprirà presto, non sono altro che proiezioni, o per meglio dire, materializzazioni astratte dei “disturbi dell’animo” delle persone, dei loro traumi, delle loro paure e delle loro ferite.
Lo stile di Yamamoto: che tipo di manga è Homunculus?
Homunculus è una lettura impegnativa, priva di intermezzi leggeri e momenti di autentico sollievo. Le scene d’azione sono molte meno di quante ce ne potremmo aspettare. Lo stile grafico di Yamamoto è invece dettagliato, appagante ed incisivo, abbondante di primissimi piani. Il mangaka non si pone troppi scrupoli a mettere in scena episodi particolarmente crudi ed espliciti, come ad esempio la violenza sessuale da parte di Nakoshi ai danni di Yukari, una ragazzina diciassettenne.
La realizzazione grafica dell’aspetto degli Homunculi è degno delle migliori pellicole di Satoshi Kon (su tutti mi viene in mente Paprika): Yamamoto dà sfogo alla propria creatività e disegna donne fatte di solo vento, uomini dal collo lunghissimo, oppure rinchiusi all’interno di un guscio d’uovo tanto traslucido da risultare uno specchio, tanto sottili da sembrare dei fogli di carta ondulati, oppure dal corpo in parte animalesco, come delle vere e proprie chimere, e questi sono solo alcuni esempi.
Scrutare gli Homunculus: dalla conoscenza degli altri alla conoscenza di sé
La capacità acquisita da Nakoshi di vedere gli Homunculus gli permette anche di interagirvi e stabilire un contatto diretto ed intimo, in grado di far riaffiorare ciò che normalmente viene custodito nell’inconscio delle persone, nascosto spesso anche a sé stessi.
Verrebbe da pensare quindi ad un manga in cui il protagonista diviene una sorta di eroe in grado di salvare le persone mettendole nelle condizioni di affrontare i propri traumi. Una tale lettura è però fuorviante. Appare infatti chiaro abbastanza in fretta al lettore che l’impatto con gli Homunculus delle altre persone non è privo di effetti e di conseguenze sul protagonista stesso e che, anzi, tutto si lega a doppia mandata alla vicenda personale di Susumu, raccontataci poco alla volta nella misura in cui l’Homunculus con cui ha a che fare di volta in volta riporta alla sua mente pezzi del suo misterioso passato.
In altre parole, gli homunculus che vediamo interagire col protagonista hanno sì ciascuno una propria vicenda personale che viene esplorata e raccontata, ma, soprattutto, servono al protagonista come specchio per conoscere sé stesso e affrontarsi, in un certo senso.
Il crescente desiderio di auto-analisi sviluppato da Nakoshi diventa infatti dapprima semplice desiderio di essere “guardato” a sua volta da qualcuno, quindi ricerca della propria identità e di qualcuno in grado di confermarla, darne almeno una testimonianza.
Scoprire sé stessi attraverso gli altri: gli Homunculi principali del manga
Ciascuno degli Homunculi principali a cui è dedicato un segmento narrativo del manga ci fornisce un tassello del passato di Natoshi.
Dal confronto con il boss della yakuza, il cui Homunculus risulta essere un robot all’interno del quale vi è un bambino con in mano un falcetto, emerge il senso di colpa di Nakoshi per un episodio della propria infanzia in cui ferì involontariamente un suo amico.
Dal turbolento incontro con Yukari, ragazzina diciassettenne il cui homunculus inizialmente scambiato per un corpo di sabbia si rivela essere in realtà formato di una miriade di simboli grafici, rappresentanti l’enorme mole di stereotipi e aspettative riversate sulla giovane soprattutto da una madre oppressiva, emerge invece l’ossessione di Nakoshi per l’adesione ai modelli sociali convenzionalmente riconosciuti di persona di successo, oltre che esteticamente e socialmente considerata bella.
Dal confronto con l’homunculus di Ito, una bolla di vetro colma d’acqua in cui nuota un coloratissimo guppy, che tende a scheggiarsi e perdere acqua quando Ito viene messo in imbarazzo o turbato, veniamo a scoprire che l’assoluto desiderio di Nakoshi di far parte della cerchia delle persone di successo, uscendo dall’anonimato di una vita mediocre, uguale a quella di tanti, lo aveva portato in passato a cambiare identità e connotati attraverso un intervento di chirurgia plastica.
Il “nuovo” Nakoshi era un uomo pieno di soldi e di successo con le donne, che viziava regolarmente con ogni tipo di regalo costoso. Quando però si rende conto della vacuità di questa nuova vita, una nuova crisi d’identità lo porta ad abbandonare tutto quanto aveva costruito sopra la sua immagine. Perde così ogni comodità acquisita, accumula debiti e va a dormire nell’auto in cui lo troviamo all’inizio del manga.
Il finale del manga: una tragedia annunciata?
La capacità acquisita da Nakoshi di vedere gli homunculi altrui, inizialmente vissuta con una sorta di shock, diventa col tempo per lui il nuovo strumento per vivere una vita anormale, diversa da quella della massa di persone che segretamente continua ad odiare. Quando ad un certo punto si rende conto di star perdendo questa abilità, si scontra con il rifiuto di Ito a procedere oltre e finisce per trapanare ulteriormente il proprio cranio da solo pur di non tornare ad essere un individuo qualunque.
Questa svolta narrativa apre al finale del manga: l’incontro con Nanako, un’ex fidanzata di Nakoshi, da lui definita come l’unica persona che fosse mai riuscita a “guardare nel suo cuore”, come dice a più riprese, si rivela decisivo. Finalmente riesce a recuperare il ricordo della propria faccia originale, antecedente l’intervento di chirurgia estetica, tanto a lungo da lui cercato in questa fase della sua crisi d’identità.
Cade così, metaforicamente, la maschera sul suo viso e sulla sua identità: scopriamo così che egli si chiamava Satoshi e che era una persona semplicemente “brutta” di aspetto, così come lo era la vera Nanako, anch’ella sottopostasi nel frattempo a molteplici interventi di chirurgia plastica. Veniamo a conoscenza del fatto che Nakoshi abbandonò Nanako in seguito alla scoperta della sua gravidanza, mentre non sappiamo nulla del seguito della gravidanza stessa, verosimilmente non portata a termine.
La possibilità di mettere su famiglia con Nanako e rimanere in qualche modo intrappolato a causa di questo in una vita da lui reputata mediocre a confronto di una possibile e tanto agognata vita di lusso e successo spaventa Nakoshi al punto di lasciarla e pianificare il cambio di identità poi realizzato.
Dopo che i due si riconciliano nel presente, in un delirante susseguirsi di eventi, Nakoshi convince Nanako a sottoporsi ad un intervento di trapanazione da lui stesso svolto, nella speranza di poter essere da lei ancora guardato nel profondo per sapere che aspetto avesse il suo homunculus, finendo probabilmente per ucciderla in seguito a questo improvvisato intervento chirurgico.
Il Nakoshi che vediamo nelle ultime tavole del manga, ad un anno dagli eventi qui narrati, sembra ormai mentalmente del tutto compromesso: ha il cranio rasato e almeno quattro diversi fori nella testa, segno che ha continuato ad effettuare interventi di trapanazione sul suo cranio.
Quando viene raggiunto da Ito, che nel frattempo proprio a grazie a Nakoshi è riuscito ad affrontare i demoni del proprio passato e accettare la sua identità di genere, lo vediamo come un uomo ancora ossessionato dalla ricerca di qualcuno in grado di “guardargli dentro”. Per questo motivo, Nakoshi non esita a provare ad aprirle un foro nel cranio con un trapano, per poi accogliere festosamente la polizia, accorsa verosimilmente su richiesta di Ito stesso per scortarlo, probabilmente, in un ospedale psichiatrico.
La parabola di Nakoshi si chiude così nella follia, nel rifiuto, quasi nella paura di finire nuovamente per vivere una vita come quella della massa da cui cerca disperatamente di separarsi e distinguersi.
Dietro l’ideale di società da cui Nakoshi è continuamente attratto e ripugnato allo stesso tempo, fatta di apparenze, lusso, competitività e classismo non è azzardato cogliere una certa vena polemica di Yamamoto nei confronti della società del suo tempo.
L’impossibilità di Nakoshi dare una risposta alle domande su cosa sia una vita realmente degna di essere vissuta e su cosa significhi, in fondo, essere umani, la spirale autodistruttiva in cui lo vediamo precipitare sono forse essi stessi la risposta che cercava, ma che fino alla fine non riesce mai a individuare.