Su Netflix è stata pubblicata di recente Junji Ito Maniac, una serie anime su Junji Ito e su alcuni suoi racconti autoconclusivi. Cresciuto con le opere di Kazuo Umezu, l’autore vince il premio omonimo con una storia che sarà successivamente serializzata come Tomie, dalla quale poi saranno tratti diversi film.
L’horror di Junji Ito è particolare: molto distante da quello che siamo abituati a considerare orrorifico, un po’ si pensa, in quanto pubblico occidentale, alla tradizione gotica del vampiro, o del lupo mannaro, o delle streghe, archetipiche figure legate fondamentalmente alla paura religiosa di Satana. Un altro immaginario horror l’abbiamo assorbito dalla cultura cinematografica hollywoodiana, con i vari miti pop quali Nightmare, Venerdì 13, Non aprite quella porta, ecc. ecc. In poche parole: splatter.
Junji Ito trae dall’immaginario horror della tradizione shintoista moltissimo, con il suo infinito numero di tipi diversi di spettri, in questo è simile all’horror occidentale che trae ispirazione da vecchie storie di streghe e di possessioni demoniache, ma aggiunge un tocco personale che rendono le sue opere riconosciute a livello mondiale e il suo successo del tutto meritato e condiviso dalla critica.
L’horror di Junji Ito ha a che fare innanzi tutto con situazioni normali che si evolvono in paranormali. In questo un maestro è Edgar Allan Poe, un primo riferimento letterario molto importante che mi viene in mente. Certo, citare il padre dell’horror come influenza per un autore del genere è banale, ma in alcuni aspetti della psicologia dei personaggi, della vita ordinaria che tramite qualche intrusione, qualche dettaglio, messo fuori posto da parte del mondo dell’oltre e dell’ultraterreno, ricorda molto lo stile di Poe.
Il racconto trasposto nell’episodio del gatto, dove il protagonista è Soichi, un personaggio a cui Junji Ito ha dedicato molto spazio nei suoi manga, che rende malvagio un normalissimo gatto domestico mi ha ricordato la follia di personaggi di Poe, oltre al racconto “Il Gatto Nero”, con il tocco, ovviamente, personalissimo dell’autore.
L’episodio “The Hanging Baloons”, “Palloncini” in italiano è ispirato da un sogno che fece da bambino, il suo bagno, sempre nella casa d’infanzia, era raggiungibile dopo aver oltrepassato un tunnel. L’infanzia è un tema ricorrente e che è molto evidente nelle opere di Junji Ito, quasi ricordando atmosfere, soprattutto in Junji Ito Maniac, a cui abbiamo assistito nel cinema di Tim Burton.
Grigio sempre onnipresente, tinte cupe, con la differenza che Junji Ito è minimale dove Tim Burton invece aggiunge ed esagera fino all’ossimoro, rendendo tutto quindi una rappresentazione in realtà molto vivace dell’horror e delle creature che abitano la notte e gli incubi. Il disegno e il tratto di Junji Ito è infatti molto sobrio, rappresenta fedelmente la realtà, per poi rivelare altre caratteristiche molto più creative e originali quando deve raffigurare spiriti, demoni, dando da far risaltare la differenza tra il mondo degli uomini, tra la realtà, e la dimensione della notte e degli spettri, delle essenze che abitano le ombre.
Junji Ito e l’ispirazione di H.P. Lovecraft
Junji ito ha citato tra le sue influenze maggiori H.P. Lovecraft, scrittore americano di Providence della prima metà del Novecento. Un altro nome molto importante nel genere horror. La capacità letteraria di Lovecraft è una sorta d’incantesimo dove da una descrizione molto sobria della realtà si passa alla rappresentazione degli incubi, delle visioni, della follia dei personaggi con un protagonista che è spesso spettatore attonito degli eventi.
Per chi ha visto Junji Ito Maniac non è un tema nuovo, infatti è proprio quello che accade ai protagonisti delle storie del mangaka, dove il sovrannaturale, talvolta anche senza motivo, prende il sopravvento sugli eventi, sulla mente e sulle azioni del personaggio, raggiungendo l’assurdo, la follia pura, l’incubo più oscuro. L’estetica è differente da H.P. Lovecraft per quanto riguarda le ambientazioni, Junji Ito è fortemente legato alla sua terra, mentre il primo all’atmosfera degli Stati Uniti degli anni ’20, ma nonostante le diversità culturali, gli aspetti psicologici rappresentati sono gli stessi.
I personaggi impazziscono entrando in contatto con entità al di loro della comprensione, è esemplificativo e lovecraftiano il secondo episodio di Junji Ito Maniac, nonchè moltissime altri suoi racconti autoconclusivi. Un gruppo di ricercatori, in un tunnel, entra in contatto con entità di altre dimensioni, forse spettri, il mistero rimane irrisolto.
L’atmosfera di estraniamento da ogni logica del reale è totale. L’orrore cosmico è uno dei temi fondamentali di H.P. Lovecraft, per lo scrittore era un posto pericoloso l’universo, popolate da creature antichissime e da divinità incomprensibili, che nascondono una conoscenza che renderebbe folli gli esseri umani se ne entrassero in contatto.
Esiste un pantheon intero di dèi inventati da Lovecraft e il suo universo è stato ampliato anche da scrittori a lui successivi, e ancora oggi svolge da suggestione e ispirazione. Basti pensare alla recente serie di Guillermo del Toro, incentrata su scrittori, tra i quali Henry Kuttner, lovecraftiani. Quest’ultimo è uno degli autori che più hanno contribuito all’eredità di Lovecraft e ad ampliare il suo universo.
Junji Ito segue il filone dell’orrore di Lovecraft, consiglio la visione della serie a chiunque sia appassionato di quest’autore. Nel cinema abbiamo come esempio “La Cosa”, film cult di John Carpenter degli anni ’80, ispirato da “Le Montagne della Follia” di H.P. Lovecraft, è importante dal punto di vista visivo, estetico, le visioni mostruose sono riprese da Junji Ito. Da incubi metafisici si passa al body horror, altro elemento ricorrente in Junji Ito Maniac, stavolta inventato sempre dal cinema.
Il maestro riconosciuto dalla critica del body horror è David Cronenberg. I suoi film sono controversi e riguardano per la maggior parte, nel suo periodo horror, un senso di disagio relativo al corpo, diverso dallo splatter, non tanto disgustoso quanto disturbante a livello psichico nell’idea del proprio corpo, nella normalità del corpo umano e delle sue concezioni e accezioni logiche.
Quando in Junji Ito Maniac vediamo per esempio l’episodio della testa, con la ragazza che le cresce un’altra testa dietro la sua, quello è body horror. Nel cinema di David Cronberg un esempio famosissimo è “La Mosca”, un film in cui uno studioso inventa il teletrasporto e per sbaglio si fonde letteralmente con una mosca, mischiando il suo DNA con essa, trasformandosi lentamente in un insetto. La pellicola è celebre e rappresenta al meglio il significato di body horror.
Nelle opere di Junji Ito è ricorrente, pensiamo a Uzumaki, dove la spirale prende il sopravvento prima della psiche, poi del corpo degli abitanti della cittadina. A Innsmouth, nei racconti di H.P. Lovecraft, succede più o meno la stessa cosa, un male antico s’impossessa dell’atmosfera, dei muri delle case, del cielo, dell’anima e del corpo degli esseri umani che abitano la città.
Junji Ito Maniac: Japanese Tales of the Macabre è disponibile in streaming su Netflix.