In Italia la figura del creator o dell’influencer ha acquisito sempre più rilevanza per le aziende, che si rivolgono volentieri a queste nuove figure professionali per pubblicizzare i loro servizi e prodotti.
Questa categoria professionale riesce a raggiungere un bacino di possibili consumatori enorme, ed è proprio per questo che i brand fanno volentieri affari con loro.
Nonostante anche negli altri paesi sia una figura fondamentale per alcuni marchi, nel nostro paese questo lavoro continua a permanere in una zona grigia della legislazione italiana. Mancano le tutele, e spesso le aziende si approfittano proprio di tale zona grigia per non dare ai creator il compenso che gli spetterebbe.
Ne è un esempio quanto successo a Sespo, un giovane creator con 3 mln di follower su TikTok, 1,6 milioni su Instagram e YouTuber. Il creator ha deciso di denunciare pubblicamente una truffa che ha subito da un’agenzia per cui aveva creato molti contenuti, che però non sono mai stati pagati.
Un problema comune, ma a frenare lo sviluppo di una soluzione è la paura
Edoardo Esposito, questo il vero nome di Sespo, racconta che per tutta l’estate è stato impegnato a lavorare su dei contenuti che sono stati commissionati dall’agenzia in questione. Nonostante i mesi di lavoro, dice che ora sa bene che non riceverà un centesimo. L’agenzia dice di aver pagato, ma lui non ha ricevuto nulla.
La mancanza di tutele e la paura di compromettere un’immagine costruita duramente nel corso degli anni, lo ferma dallo “smascherare” pubblicamente agenzia che ha fatto tutto ciò:
“Perché mettendo la faccia pubblicamente abbiamo paura di perdere tutto quello che abbiamo costruito in questi anni, e quindi preferiamo stare zitti e non fare niente”.
Sespo spiega che alcuni colleghi hanno tentato la via legale quando necessario, ma la maggior parte invece preferisce non agire. La denuncia di Sespo, comunque, ha portato anche altri creator e influencer a parlare della questione. Purtroppo, un altro problema che si presenta quando si decide di andare per vie legali è proprio il costo che intraprendere questa strada comporta.
Il problema non sono solo le agenzie. Sono diversi i pericoli e le entità truffaldine con il quale i creator devono confrontarsi durante la loro carriera sul web. Contratti non regolamentati, brand fantasma e prestazioni non retribuite. Si tratta di una triste realtà che coivolge anche i creator più famosi, come Pierangelo Greco, Virginia Montemaggi, Luca Lattanzio e moltissimi altri.
Ciò che mette tutti d’accordo, è che la situazione non può rimanere nel giogo della paura. I creator devono dimostrare che la loro professione è ormai un lavoro a tutti gli effetti, pretendendo di essere rispettati e retribuiti e di vedere la loro attività regolata da contratti adeguati.
A ottobre è nato Assoinfluencer, il primo sindacato che si rivolgeva alla categoria dei creator italiani e che aveva chiesto al governo il riconoscimento dei 350mila professionisti che ogni giorno lavorano sui social network. Le richieste dell’associazione di una legislazione specifica sul piano fiscale e dei compensi, però, rimane tutt’ora inascoltata. Questo nuovo appello riuscirà ad avere l’effetto sperato?
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