In queste ultime ore sono giunti gli spoiler del capitolo 1069 di One Piece: tra le tanti importanti novità, ne figura una in particolare che era stata attesa da anni e anni, sin da quando l’opera di Eiichiro Oda ha fatto capolino all’interno delle librerie nipponiche per la prima volta.
Il grosso mistero che circondava i Frutti del Diavolo, e alcune delle caratteristiche ad essi legate, è finalmente sul punto di mostrarsi in ogni suo dettaglio. Eiichiro Oda ci disse di dover aspettare l’arrivo di un importante scienziato per avere qualche spiegazione, e adesso che quel momento è finalmente giunto, l’autore non ha più esitato nell’esplicitare alcune rivelazioni abbastanza scioccanti.
Prima con la Volontà di Ohara, e adesso con i Frutti del Diavolo, Eiichiro Oda è inarrestabile. Nel capitolo 1069, infatti, viene finalmente svelato perché i Frutti del Diavolo, nonostante la loro potenza e incredibile utilità, non siano utilizzabili appieno se immersi nell’acqua marina.
La verità sui Frutti del Diavolo e la loro più grande debolezza in One Piece
Come abbiamo detto, nel capitolo 1069 Oda ci svela finalmente la verità dietro la grande difficoltà di usare un Frutto del Diavolo da parte di chi lo ha mangiato ma si ritrova, per forza di cose, ad essere sommerso in acqua mentre lo utilizza.
La verità è che queste abilità non sono state apprezzate da Madre Natura: attraverso il mare, essa va a punire tali elementi creati attraverso i desideri d’evoluzione dell’essere umano, che risultano essere qualcosa di contrario ai principi naturali prestabiliti.
Sembra essere una storia decisamente assurda, eppure lo scienziato l’afferma con certezza: il mondo è creato dai desideri ma i Frutti del Diavolo, elementi nati dal desiderio di evolversi da parte delle persone del passato, sono ripudiati da colei che governa la natura.
Eiichiro Oda nei capitoli precedenti ha inoltre mostrato come il Dr. Vegapunk sia riuscito in un qualche modo ad “infrangere” una delle regole più importanti sui Frutti del Diavolo mediante la creazione dei Seraphim: ne parliamo all’interno di questo articolo.