Apple accusata di aver facilitato la persecuzione che gli stalker operano sulle loro vittime: la causa di tutto sarebbe l’AirTag. Il dispositivo è tornato alla ribalta in questi mesi visto il massiccio utilizzo che ne è stato fatto durante il caos negli aeroporti che si è osservato nell’ultimo periodo. L’AirTag permette di tracciare i movimenti di ciò su cui viene apposto, cosa che si è rivelata molto utile per i passeggeri che avevano perso il proprio bagaglio durante i disordini nei terminal di tutto il mondo.
Purtroppo però, c’è anche chi lo utilizza per scopi per la quale non è stato studiato e con il solo obiettivo di perpetrare una molestia o una violenza. Dentro la macchina di Lauren Hughes, una delle donne vittime responsabile della causa, il suo ex fidanzato aveva nascosto nella sua macchina proprio il piccolo dispositivo Apple, che gli permetteva di tracciare tutti i suoi movimenti. L’uomo non accettava la fine della relazione, e continuava a importunarla lasciandole messaggi vocali piuttosto aggressivi e spedendo dei pacchi al suo indirizzo. Lauren è stata costretta ad andare in un albergo pur di sfuggirgli.
Un’altra donna, stavolta anonima, ha rivelato che dopo essersi divorziata con il marito quest’ultimo ha iniziato a farle domande insolite. Inoltre, sembrava conoscere tutti i luoghi in cui andava insieme a suo figlio. La donna ha poi scoperto che, all’interno dello zaino del bambino, era nascosto un AirTag. Le due donne, legate dall’abuso e dalla mancanza di sicurezza che tale dispositivo secondo loro ha dimostrato, hanno deciso d’intraprendere un’azione legale collettiva contro Apple.
Cos’è l’AirTag, e quali sono le prove portate dalle due donne
Secondo quanto si legge nella causa intentata lunedì, viene affermato che le donne desiderano rappresentare “coloro che sono e sono stati a rischio di stalking attraverso questo prodotto pericoloso”.
L’AirTag è un dispositivo simile a un pulsante. È di piccole dimensioni, e serve a tenere traccia dei propri oggetti grazie a dei localizzatori. Eppure, le storie che parlano degli usi impropri del dispositivo sono varie, e non si limitano a quelle riportate dalle due donne. Nonostante l’azienda americana l’avesse presentato come un tracker “a prova di stalker”, attraverso delle notifiche che segnalano la presenza del dispositivo attraverso dei suoni e riuscendo a rintracciare i dispositivi vicini a sé attraverso un’app, ciò non sembra affatto bastare.
L’azione legale è stata intentata proprio ieri 5 dicembre, a San Francisco. Le donne hanno dimostrato che in realtà le misure di Apple non sono sufficienti perché, in base alle loro affermazioni, per ricevere un avviso dal dispositivo servono dalle 4 alle 8 ore di tracciamento. Inoltre, gli utenti Android devono necessariamente andare a verificare manualmente la presenza del dispositivo sull’applicazione dedicata: non viene cioè attuata una scansione automatica di background.
Le violenze perpetrate tramite AirTag e portate come prova dalle due donne sono varie. In un caso, l’utilizzo del localizzatore ha portato a un omicidio: un uomo l’ha usato per rintracciare la sua ex fidanzata e spararle a Akron, in Ohio. In un’altra occasione, una donna ha usato AirTag per seguire il suo ex fidanzato e investirlo. L’accusa, dunque, è di aver dato a stalker e molestatori uno strumento perfetto per i loro scopi.