Telegram, la piattaforma social di Pavel Durov, è nota soprattutto per la protezione della privacy dei suoi utenti. A causa però di un ordine di un giudice indiano, questa è stata costretta a infrangere la sua stessa policy e a rivelare pubblicamente alcuni dati sensibili del suo pubblico.
India contro Telegram
La decisione, maturata dalla dall’Alta Corte di Delhi, deriva da un’accusa di violazione di copyright mossa da un’insegnante. Questa infatti si è accorta che alcuni canali Telegram, piattaforma usata da più di 150 milioni di persone in India, avevano diffuso senza il suo permesso del materiale didattico creato da lei. La goccia che però ha fatto traboccare il vaso è stata quando l’insegnante si è resa conto che il materiale in questione veniva venduto.
A questo punto la donna ha deciso di andare in tribunale per chiedere giustizia. Il giudice, sentito il caso, ha preso una decisione esemplare: Telegram dovrà rendere pubblici gli indirizzi IP dei canali sotto accusa, i nomi dei loro amministratori e i rispettivi numeri di telefono.
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La piattaforma ha cercato inutilmente di opporsi alla decisione della Corte indiana affermando che il provvedimento del giudice violava le leggi di Singapore, Stato in cui l’app di messaggistica ha la sua sede legale: il provvedimento è stato infatti confermato anche in sede di ricorso.
Telegram si difende
L’intera faccenda apre però un quesito interessante: come può Telegram essere in possesso di dati da pubblicare? La società infatti afferma da sempre di memorizzare solo il minimo indispensabile per proteggere la privacy degli utenti.
Intervistato da Tech Crunch, un portavoce della piattaforma ha affermato:
“Telegram memorizza una quantità di dati molto limitata o addirittura nessuno sui suoi utenti. Molte volte non possiamo nemmeno accedere ai dati degli utenti senza specifici punti di ingresso, e crediamo che questo sia stato il caso in oggetto. Di conseguenza, non possiamo confermare che qui siano stati condivisi dati privati”
Insomma una risposta a mezza bocca con cui la società di Pavel Durov cerca di tenere il piede in due scarpe: da una parte obbedire agli ordini della Corte di Delhi, dall’altra cercare mantenere intatta la (ormai apparente) tutela della privacy verso i suoi utenti.