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Le bizzarre avventure di Jojo: Stone Ocean, arriva la conclusione della serie Netflix: la recensione 

Le bizzarre avventure di JoJo: Stone Ocean torna questa settimana su Netflix con la terza schiera di episodi. La serie di Stone Ocean è stata prodotta e animata da David Production e distribuita in tutto il mondo da Netflix. Basata sul manga di successo di Hirohiko Araki, lo show si trova in cima alla piramide degli anime, dove pochi altri show sono riusciti ad arrivare. 

Non c’è tregua per la dinastia dei Joestar, i cui membri sono destinati a lottare contro la leggendaria maschera di pietra e lo spietato e determinato Dio Brando. L’ombra del malvagio nemico apparso nella prima serie Phantom Blood e poi sconfitto definitivamente nella terza Stardust Crusaders, infatti, continua a minacciare l’umanità anche svariati decenni dopo la sua morte, avvenuta negli Stati Uniti di un 2011 immaginario.  

Una lotta mitica e cruenta che perdura sin dalla Londra vittoriana e che, con varie diramazioni, prosegue attraverso il tempo, lo spazio e le generazioni, fino a diventare essa stessa una leggenda, che continuerà ad essere narrata in eterno. 

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Storia e personaggi

JoJo’s Bizarre Adventure: Stone Ocean coinvolge la prima protagonista femminile del franchise, Jolyne Kujo, la figlia di Jotaro, costretta a trascorrere la sua giovinezza nel carcere di Green Dolphin Street, dove è stata rinchiusa in seguito all’infondata accusa di omicidio. 

Si torna in America, che ci viene presentata attraverso le voci dei suoi cantanti, dove risuonano ancora una volta nei nomi degli Stand: Elvis Presley, Survivor, Foo Fighters, Weather Report, Kiss, Van Halen, Limp Bizkit, Marylin Manson, Goo Goo Dolls, Bob Dylan e AC/DC. 
E molti altri,  Whitesnake, Elvis Costello, Rolling Stones, Yo Yo Ma, Queen: Araki continua a inserire della musica di tutto il mondo per creare una bizzarra e affascinante storia dal ritmo memorabile. 

Sul fronte personaggi la situazione è molto differenziata. Jolyne, in generale, è una buona protagonista, e aver finalmente inserito una donna come personaggio principale ha sicuramente portato un po’ di freschezza alla serie. Tra i personaggi spalla meglio caratterizzati troviamo prima di tutto Weather Report, che inizialmente non ricorda nulla del suo passato e si rivelerà poi essere una piacevole sorpresa.  

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Abbiamo poi Emporio, figlio di una detenuta innominata del carcere, che sarà un alleato molto utile e significativo per la trama. Foo Fighters, interessante in quanto è un essere sovrannaturale che Jolyne prenderà come alleata a cui insegnerà ad amare e a capire gli umani e i loro sentimenti, anche se a tratti risulterà piatto e abbastanza anonimo. Ma soprattutto, padre Pucci che si è dimostrato il personaggio più apprezzabile, i momenti in cui vengono svelati elementi del suo passato sono tra i più affascinanti. Jotaro funziona ancora discretamente bene. 

Invece, tra i personaggi che hanno affiancato Jolyne e che si sono rivelati un grandissimo buco nell’acqua troviamo sicuramente i nomi di Hermès Costello e Narciso Anasui che sono stati una gigantesca delusione. In quanto, personaggi banalmente caratterizzati e scarsamente carismatici.

Un nome, però, ritorna più volte all’interno della storia, Whitesnake, associato all’impetuoso antagonista principale, Enrico Pucci, il cui carattere pare proprio pensato sulla base dei testi della band. Indubbiamente il personaggio più intrigante di tutta la vicenda, il boss finale ruba facilmente la scena a tutti gli altri personaggi con una storia personale misteriosa e affascinante che ci viene svelata a piccoli passi. 

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Stone Ocean ci rivela, anche, altri tasselli del passato del malefico Dio Brando, donandogli un’umanità e un fascino imperturbabile e decadente del tutto particolari, che contribuiscono a renderlo uno dei migliori villain mai visti nei fumetti giapponesi. 

Stone Ocean, tuttavia, è una vicenda vista dagli occhi di una donna, quindi, l’autore non manca di approfittarne per adottare anche la sua passione per la moda, non solo creando abiti sempre più bizzarri e sgargianti, ma anche prendendo in prestito i nomi di numerose marche e stilisti per chiamare i suoi personaggi: Guess, Hermés, Wrangler, Emporio Armani, Gucci, Kenzo Suzuki, Enrico Coveri, Dolce e Gabbana, Roccobarocco, Versace ecc.  

Anche alcuni dei personaggi maschili che, in seguito, sosterranno Jolyne e le sue compagne non spiccheranno per virilità (tanto che uno di loro, Narciso Anasui, viene inizialmente presentato nel manga come donna e poi l’autore gli cambia sesso dopo qualche vignetta. In un panel del 2019, Araki ha detto di aver cambiato il design per andare oltre i normali standard di bellezza). 

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Un’altra particolarità rispetto alle saghe precedenti è una rilevante presenza di donne con gli stand. Considerando ciò e l’ambientazione carceraria, si potrebbe quasi pensare a una sorta di Orange Is the New Black con gli stand. 

L’ordine degli eventi, rispetto al manga, è stato alterato leggermente per creare un po’ più di suspense. In generale, la storia è la stessa raccontata da Araki, che venne già fortemente criticata in passato per la lentezza generale, la poca chiarezza dei combattimenti mostrati e i pochi eventi pregni di significato. 

Musica e animazione

Malgrado alcune scene non siano proprio chiare e comprensibili a un primo impatto, soprattutto quando non si conoscono gli stand e non si sa bene cosa stia accadendo, tutto sommato le animazioni sono fluide e il design dei personaggi e delle ambientazioni è abbastanza accurato. 

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Un elogio va agli animatori e ai registi che in qualche modo sono riusciti a rendere più “leggibili” delle fight dove la coreografia, nel manga originale, era così confusa che tante volte si faceva fatica a capire che cosa fosse rappresentato effettivamente nella vignetta disegnata da Araki. 

La colonna sonora utilizzata per le scene d’azione è effettivamente godibile e ha fatto risaltare maggiormente alcuni combattimenti della storia. Gli effetti sonori ricreano l’atmosfera intensa dei suoi predecessori, come Phantom Blood e Stardust Crusaders

Nonostante questo, però, il tema di apertura di Stone Ocean non è eccezionale, peccato che le canzoni manchino di impatto come invece avviene in altre parti di JoJo’s Bizarre Adventure. A parte questo, la colonna sonora serve bene al suo scopo ed è sicuramente un valido miglioramento. 

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Conclusioni

Uno dei componenti di Stone Ocean che fanno maggiormente discutere è indubbiamente il finale, uno dei più strani e assurdi mai concepiti. Allo stesso tempo elettrizzante e anticlimatico, deludente e rassicurante. Lascia nello spettatore delusione e curiosità, sconforto e speranza. 

Un finale atipico, sconvolgente, che spinge la follia della storia e del suo autore a livelli estremi, donando allo stesso tempo un’impagabile sensazione di completezza, perché la storia di JoJo finisce e non finisce qui, lasciando che la leggenda della stirpe dei Joestar continui a vivere attraverso tempo e spazio, continuando a raccontare della lotta fra il bene e il male, di coraggio, di eroi, di citazioni musicali sempre più esplicite, di poteri stupefacenti e di splendide bizzarrie.

Sicuramente, tuttavia, scontenterà molte persone per via di scelte particolari e coraggiose come una gran preponderanza di personaggi femminili in un racconto di botte e violenza, un’ambientazione carceraria un po’ claustrofobica, continui e insistenti riferimenti al mondo della moda.

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Si riscontra, però, un’immensa coerenza nell’operato di Hirohiko Araki e nel percorso che lo ha portato a far evolvere il suo JoJo nel corso degli anni, raccontando con passione e maestria la storia della famiglia Joestar generazione dopo generazione.

Purtroppo, però, la distribuzione degli episodi da parte di Netflix è stato un tratto piuttosto contestato, in quanto il rilascio degli episodi a distanza di molti mesi invalida l’omogeneità dell’opera, che si perde un po’ quando la storia viene ripresa dopo tanto tempo.

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Serena Ingenito

Serena Ingenito

student of oriental languages ​​and civilizations - in love with anime, manga and video games - spiritual traveller

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