La Cina ha risolto il problema della dipendenza dai videogiochi: questo è il risultato di un rapporto realizzato con la collaborazione della principale associazione dell’industria videoludica del paese, la China Game Industry Group Commitee, affiliata con il regolatore della pubblicazione di giochi online, il China Game Industry Research Institute.
Circa un anno fa lo stato governato da Xi Jinping aveva introdotto delle dure limitazioni sulla quantità di ore che i ragazzi, specialmente minori, avrebbero potuto passare giocando ai videogiochi. Ai tempi in cui è stata introdotta tale riforma, la stato cinese aveva paragonato i videogiochi a “oppio per la mente”.
In particolare, tra le regole introdotte, si è deciso che gli adolescenti avrebbero potuto giocare per un massimo di tre ore a settimana. Dal nuovo report ufficiale sull’industria videoludica della nazione, rilasciato la scorsa domenica, si è osservato che tale strategia è stata effettivamente molto efficace.
Secondo il report, circa il 70/75% dei ragazzi cinesi rispetta i limiti imposti: un risultato considerato sufficiente a dichiarare raggiunto l’obiettivo delle misure. Secondo tale rapporto, dunque, la Cina potrebbe presto decidere di allentare un po’ le regole.
I risultati del report
Al report fa seguito l’approvazione da parte dei censori cinesi del rilascio di una serie di nuovi titoli. Per capire l’entità di tale decisione: dalla metà del 2021 all’aprile del 2022 la Cina non ha approvato la pubblicazione dei videogiochi, per un totale di nove mesi senza approvazioni. Da aprile in poi, solo in alcuni mesi sono avvenute nuove pubblicazioni.
Il report appena pubblicato aveva lo scopo di valutare il progresso ottenuto fino a questo momento grazie alle misure anti-gaming, in modo da osservare la capacità delle nuove regole di non permettere all’industra videoludica di “avvelenare le menti dei giocatori cinesi”.
Nel documento, inoltre, la Cina fa i complimenti anche ai progressi mostrati dagli sviluppatori, che sono stati in grado di creare un efficace sistema di verifica dei giocatori, sviluppare giochi che rimanessero entro i contenuti permessi e dare una grande mano a ridurre il tempo di gioco dei ragazzi.
Per fare qualche esempio sui sistemi di autenticazione: Tencent, una dei maggiori publisher cinesi, ha utilizzato il riconoscimento facciale per evitare che i minori rimanessero a giocare fino a tardi la notte. Insomma, l’autenticazione non consiste nel classico riquadro in cui l’utente auto certifica la propria maggiore età: bensì richiede una verifica attraverso un’identità reale e dimostrabile.
Sicuramente, ciò non ha impedito a tutti i giocatori di aggirare in qualche modo il sistema. Alcuni utenti hanno affittato o comprato degli account già riconosciuti, mentre altri hanno semplicemente utilizzato quello dei propri genitori.
Un’altra importante osservazione del rapporto è l’entità dell’industria del gaming in Cina che, come sappiamo, è piuttosto consistente. Così tanto, che forse il paese sta iniziando a rivalutarla.
Per questo, l’organo statale China Daily ha creato un inno all’industria videoludica, e sembra che la considerazione dei videogiochi come mero “oppio spirituale che fa andare male a scuola e distrugge la vita familiare” si stia lentamente invertendo.
Le tecnologie coinvolte nei videogiochi si sono rivelate utili non solo a scopo ludico, ma anche per le applicazioni che possono trovare nel mondo reale: in particolare, nel paese sono molto utilizzate per la creazione dei cosiddetti “gemelli digitali”.
Considerando inoltre che Tencent sembra avere lo sguardo ben puntato al futuro dell’industria del gaming cinese, sembra che le prospettive in merito siano piuttosto rosee.
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