Oggi è un triste giorno per i lodatori del sole di tutto il mondo: la prima versione di Dark Souls, la stessa che ha consegnato il franchise al successo planetario permettendo, undici anni dopo, la nascita di Elden Ring, è appena morta ufficialmente. I server si sono spenti per sempre.
A darne il triste annuncio sono gli sviluppatori stessi tramite un post su Twitter, con cui annunciano che per Enrico Papi Dark Souls Prepare to Die Edition non c’è stato nulla da fare — almeno per quanto riguarda la versione PC, per cui non sarà fatto alcun tentativo di riaccendere i server.
Il cordoglio si esprime anche sul sito ufficiale, dove viene chiarito che la lontana promessa di ristabilire un giorno le funzionalità online era ormai diventata accanimento terapeutico. La colpa è di un’infrastruttura sempre più vecchia, la cui completa ristrutturazione è diventata ormai impossibile da giustificare, specie considerato il numero di giocatori attivi — appena 130 nell’ultimo mese. Facile comprendere perché Bandai Namco abbia voluto staccare la spina.
L’assassino di Dark Souls Prepare to Die Edition
Alla fin fine anche Dark Souls stesso è diventato vuoto. A sconfiggerlo una vulnerabilità davvero enorme nella gestione del multiplayer, grazie alla quale gli invasori erano in grado di… Invadere il PC degli altri giocatori. Una malformazione terribile che la serie si portava appresso dalla sin dalla Prepare to Die (2009), ma che saltò agli occhi del grande pubblico solo l’anno scorso, quando iniziò ad essere sfruttata massicciamente dagli hacker su Dark Souls III.
Il team di sviluppo si è quindi visto costretto a sigillare i server PC di ogni titolo e versione di Dark Souls mentre procedevano alla ricerca di una cura per l’exploit delle invasioni. Un problema talmente radicato nel funzionamento del gioco che ci sono voluti ben sette mesi per risolverlo solo su Dark Souls III, il cui multiplayer è finalmente rigiocabile dalla fine di agosto 2022.
Al momento si sta cercando di riportare online anche il secondo capitolo della trilogia, e proprio oggi (25 ottobre) è stata rianimata la versione DirectX11 di Scholar of the First Sin. Per la versione in DX9 occorrerà aspettare ancora, e persino FromSoftware non si vuole sbilanciare fornendo una data.
Una tragedia annunciata?
Gli sviluppatori avevano promesso che ci avrebbero provato, ma i fan più lungimiranti avevano già perso le speranze con la sospensione del multiplayer. Data una playerbase sempre più fievole che si era spezzata sull’incudine della Remastered Edition, era solo questione di tempo prima che la zoppissima Prepare to Die venisse mandata a rincorrere le farfalle nella fattoria dello zio.
La sua scomparsa rattrista ma non stupisce. Chi ha provato a giocarci di recente ha sicuramente notato come, anche sui dispositivi più potenti, il gioco avesse dei tremendi problemi di compatibilità. Framerate instabile e bloccato a 30 fps, nonché una risoluzione massima di 1024×720, che certo non aiutano a immergersi nelle atmosfere cupe di quello che per molti è stato il primo gioco “che non perdona” — fattore su cui giocava il nome stesso della Prepare To Die.
La fiamma può ancora essere ravvivata
Ma il bello del PC è che un gioco non muore mai veramente, almeno non finché può contare su fan nostalgici che se ne intendono di informatica. Da tempo erano infatti disponibili varie mod create dalla comunità che cercavano di mettere un cerotto ai numerosi acciacchi del loro titolo preferito. Mod per le texture, per gli fps, addirittura per occlusione ambientale, risoluzione e nebbia.
Qualcuno poi si è spinto davvero oltre, riuscendo a sbirciare dentro gli ingranaggi del multiplayer di Dark Souls capendoci anche qualcosa. Invece di usare questa conoscenza per far partire dei malware sui computer di estranei, questi eroi della community hanno programmato delle mod per la connettività, che permettevano agli utenti di navigare liberamente tra i nodes dei server.
All’inizio sembrava solo un miglioramento alla quality of life, ma durante il periodo di buio dei server la mod ha permesso ai giocatori di usare comunque il multiplayer. Un’altra mod fungeva addirittura da “watchdog“, compilando una blacklist dei cheater che venivano esclusi dal matchmaking.
Se morite dalla voglia di giocare il vero Dark Souls Prepare to Die Edition, sappiate quindi che ci sono dei metodi fai-da-te per godersi l’esperienza originale. Come ci insegna la serie stessa, ci sono sempre dei tizzoni accesi, anche sotto la cenere.
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