Quando J-Pop annunciò Il Mistero di Ron Kamonohashi diversi mesi fa ormai ricordo di essere rimasta piacevolmente stupita in quanto Akira Amano è un’autrice che ho sempre apprezzato molto, fin da prima della conclusione della sua prima opera famosa, Tutor Hitman Reborn. Ed è per questo che, leggendo il primo volume della sua nuova opera, le aspettative non potevano essere che alte, così come la curiosità di scoprire come l’autrice si sarebbe cimentata in un genere tanto diverso rispetto al battle che l’ha consacrata fra gli autori di successo di Weekly Shonen Jump.
Il Mistero di Ron Kamonohashi all’apparenza sembra una storia normale: il nostro protagonista, Ron, era un tempo considerato l’allievo più prodigioso al Blue, un rinomato istituto per la formazione degli investigatori. Col tempo, tuttavia, il giovane è stato allontanato dall’accademia per un motivo che inizialmente ci viene indicato come “problema fisico”, ma che andando avanti col volume scopriremo essere tutt’altra cosa. La sua storia si incrocia con quella di Isshiki, un giovane investigatore esordiente ma pieno di buona volontà che lavora presso la Polizia Metropolitana di Tokyo.
Di fronte ad un crimine irrisolvibile il giovane poliziotto si reca a casa di Ron Kamonohashi, costretto a smettere con l’investigazione. I due inizieranno una collaborazione in cui impareranno ben presto i segreti l’uno dell’altro e la fiducia reciproca e, già nel corso del primo volume, diventeranno uno il completamento dell’altro: se Isshiki non ha l’intuito necessario per risolvere i casi senza la guida di Ron, quest’ultimo invece ha un difetto fondamentale che nel corso del volume ci viene parzialmente spiegato.
Ron possiede un difetto fondamentale per un detective, tuttavia non è un problema fisico, bensì legato strettamente ai suoi occhi: il ragazzo, una volta risolto il crimine, condanna involontariamente alla morte per suicidio tutti i colpevoli. Ciò che è peggio è che neppure lui ne è cosciente, pertanto il ruolo di Isshiki in questa stravagante coppia sarà quella di impedire la morte dei colpevoli, una volta scoperti.
L’intesa fra i due è quasi istantanea e i ragazzi inizieranno a lavorare insieme per risolvere casi apparentemente impossibili. L’elemento più interessante del manga è proprio l’intesa fra i protagonisti, così forte e naturale da sembrare premeditata o persino innaturale agli occhi di un lettore che si chiede come abbiano potuto legare così facilmente due individui che sono praticamente l’uno l’opposto dell’altro.
Ron è eccentrico, sopra le righe, pigro e completamente fuori di testa. Isshiki, invece, è il classico impiegato giapponese modello: ligio al dovere, sempre disponibile ad aiutare gli altri e poco sicuro di sé.
Insomma, il primo volume de Il Mistero di Ron Kamonohashi si presenta come una storia sicuramente interessante in cui a fare da padrone è la bizzarra dinamica fra i due protagonisti, così agli antipodi eppure proprio per questo così interessanti quasi che fossero dei moderni Sherlock Holmes e John Watson. Tuttavia la fine del volume lascia anche con una paura: e se questo ripetersi di casi che vengono risolti sempre con la stessa metodologia dovesse, col corso dei volumi, rivelarsi noiosa?
Akira Amano è certamente un’autrice che sa più che bene ciò che fa, tuttavia visto che sembra che la serie sarà un giallo la paura che diventi una sorta di Detective Conan in cui i casi la fanno da padrone a scapito della trama orizzontale è inevitabile. Speriamo, perciò, che con l’andare avanti dei volumi si riesca a mantenere alto l’interesse dei lettori: per il momento il primo volume è più che promosso, con la speranza che anche i prossimi riescano a mantenersi sugli stessi ottimi livelli.