Non ha missili né raggi laser, ma a noi Licia piace lo stesso. Il suo nome completo è LiciaCube, ed è la prima sonda italiana a spingersi così lontano da casa, arrivando a una distanza di circa 16 milioni di chilometri dal pianeta azzurro. LiciaCube fa parte di una missione di difesa planetaria organizzata dalla NASA, il cui obiettivo è cambiare l’orbita di un remoto asteroide colpendolo con un veicolo kamikaze.
Comunque non vi preoccupate, il tetto che avete appena messo a posto col bonus facciate è fuori pericolo: Dimorphos, il bersaglio della missione, è stato scoperto nel 2003 e da allora ha sempre mantenuto un’orbita stabile attorno al sole, viaggiando nello spazio profondo assieme al suo gemello Didymos. È pur vero che i due corpi celesti si sono occasionalmente avvicinati alla terra, ma si sono sempre tenuti ad almeno 7 milioni di chilometri dai nostri giardini. Ufficialmente sono classificati dalla NASA come Oggetti Potenzialmente Pericolosi, ma questo significa più “vanno tenuti d’occhio” che “tesoro dobbiamo scavare un bunker“.
Se questo non vi rassicura per niente, sappiate che lo scopo della missione di LiciaCube è proprio testare una contromisura all’ipotetico Armageddon che arriva dal nulla e si impunta sul tranciare in due il nostro amabile pianetuccio. La piccola sonda italiana, delle dimensioni di una scatola di scarpe, osserverà e trasmetterà fino a casa le immagini della missione, fondamentali per ricercare la miglior difesa possibile contro i grossi sassi volanti impazziti.
La missione di LiciaCube
Licia è arruolata nella missione DART, o Double Asteroid Reditection Test, partita nel novembre del 2021 dalla California. Si tratta di una prova pratica durante il quale un veicolo impatterà contro l’asteroide designato in maniera abbastanza violenta (si spera) da cambiarne la traiettoria. L’agnello sacrificale che si immolerà contro la fredda roccia senza vita di Dimorphos si chiama DART (letteralmente “dardo“), un veicolo spaziale low cost in grado di acquisire un bersaglio e dirigersi verso di esso come un aereo kamikaze.
Fino a ieri sera DART ospitava anche LiciaCube, ma ora i due sono solo amici e si muovono in modo indipendente verso il punto designato per l’impatto, che sarà raggiunto tra 14 giorni (qui un countdown per non perdersi l’evento). LiciaCube sarà solo un testimone dello schianto, poiché il suo compito è trasmettere a Houston le immagini della missione, tra cui lo spruzzo di materiale asteroidale, il cratere lasciato dalla testata, e l’altro lato di Dimorphos che purtroppo DART non vedrà mai.
Dimorphos è un fagiolone di 85 metri, DART un cubo che non supera il metro e mezzo, ma il veicolo spaziale aggancerà l’asteroide grazie a una telecamera, accelerando poi fino a raggiungere una velocità di 24mila chilometri orari. Un proiettile, o meglio un dardo, che secondo la NASA ridurrà la velocità di Dimorphos di appena l’1%, allungandone però l’orbita di una manciata di minuti. Il ritardo del corpo celeste dovrebbe essere abbastanza rilevante da essere rilevato anche dagli osservatori sulla terra.
La missione è il risultato di uno sforzo condiviso tra SpaceX (che ha messo a disposizione un Falcon 9 per il decollo), NASA, e ASI (Agenzia Spaziale Italiana). Se la missione dovesse riuscire sarebbe un traguardo senza precedenti sul fronte della difesa contro gli asteroidi, ma già ora possiamo essere fieri del successo del team italiano (Argotec di Torino), che per la prima volta è riuscito a progettare una sonda in grado di raggiungere e navigare lo spazio profondo.
LiciaCube non farà ritorno sulla Terra, ma prendiamola con spirito: vuol dire che sta esportando la qualità del Made In Italy anche negli angoli più remoti del cosmo.
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