Pare che fruire di contenuti come fumetti, anime e manga rappresentanti al loro interno dei personaggi dai tratti bambineschi (o veri e propri individui di età minorenne) potrebbe portare a conseguenze molto serie. O almeno, sembra che questa sia la strada che il nostro paese si trova sul punto d’intraprendere, e che inoltre è già in via di diffusione in altri paesi europei.
Una novità è stata inserita nell’articolo 20 della legge 238 del 13 dicembre 2021, entrata in vigore il 17 gennaio 2022. La nuova disciplina è stata inserita dopo il secondo comma dell’articolo 600-quater del Codice penale e punisce con la reclusione fino a due anni e la multa non inferiore a euro 1.000,00 la condotta di chiunque accede intenzionalmente e senza giustificato motivo a materiale pornografico realizzato con minori degli anni 18 mediante rete internet o con altri mezzi di comunicazione.
Prima di ciò, l’accesso alla pedopornografia era rimasto “impunito”, poiché il reato di detenzione di pedopornografia implicava almeno il download da internet con un programma di file sharing o da un’app per la messaggistica, anche nel caso che il file venga cancellato e anche se non ci sono prove che esso è stato aperto. Adesso, il nuovo intervento punterà anche verso coloro che accedono su siti web contenenti questo genere di pornografia, senza però scaricare alcun genere di contenuto.
Il docente di Diritto Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza di Torino, Paolo Caroli, fa notare come la giurisprudenza italiana applichi in modo ampio il concetto di pedopornografia, anche oltre i contenuti in cui i minori sono coinvolti in atti sessuali: vengono inclusi momenti in cui si mostrano i genitali o zone erogene, come seni o glutei, e se per esempio si filmasse un bambino di nascosto mentre si cambia dopo aver fatto sport, ciò conterebbe come pedopornografia. Ecco allora che le interpretazioni accendono un allarme anche per quanto riguarda i contenuti presenti negli anime e manga.
La pedopornografia in Italia e ciò che vediamo negli anime e nei manga
Sempre Paolo Caroli afferma come la definizione legale di pornografia non richieda nemmeno che il contenuto sia stato creato con lo scopo d’indurre eccitazione sessuale. Infatti, è sufficiente che esso abbia questa funzionalità solo negli occhi di chi osserva la scena (come ad esempio guardare bambini nudi che giocano in spiaggia). Ecco allora che il Docente di Diritto Penale arriva a quello che in molti temono:
“Con una decisione fortemente criticata dalla borsa di studio, la Corte di Cassazione italiana ha esteso il concetto di pedopornografia anche a fumetti e anime hentai, la cosiddetta “pornografia totalmente virtuale”. Secondo la Corte, la detenzione di materiale pedopornografico è un reato di concreto pericolo (reato di pericolo concreto o reato di pericolo concreto ) e nel caso dei fumetti il pericolo è rappresentato dall’evocazione di situazioni reali in cui “i bambini sono ridotti a meri oggetti sessuali, giocattoli sessuali con i quali e sui quali compiere atti di natura sessuale” (Cass. Pen., Sez. III, 13 gennaio 2017, n. 222659).”
Dunque sembra che questa decisione non sia stata accolta con favore, decidendo d’includere materiali rappresentanti mondi e persone fittizie come anime, manga e fumetti in generale. Questa legge, però, è stata in realtà indirizzata dall’Unione Europea, dopo essere stata vagliata anche da Croazia, Estonia, Lettonia, Spagna, Svezia, Grecia e diversi altri paesi.
La sanzione del mero accesso alla pornografia minorile è infatti richiesta dall’articolo 5 della Direttiva 2011/93/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, senza lasciare alcun margine di discrezionalità agli Stati membri. Tuttavia, altri paesi hanno introdotto correzioni limitanti.
L’ articolo 227-23 francese del Code pénal punisce il mero accesso, ma solo quando avviene regolarmente (“Le fait de consulter habituellement …”), o quando richiede un pagamento anticipato. In Germania, si sceglie di non punire il mero accesso alla pedopornografia, ma richiede un “recupero”. In caso di accesso, l’utente sta contemplando passivamente il contenuto online che appare sullo schermo, a causa dell’apertura automatica di una finestra pop-up o perché riceve passivamente il contenuto da qualcun altro.
Nel caso della pedopornografia virtuale, la criminalizzazione viene giustificata come una tutela della dignità di ogni bambino; le immagini possono stimolare un passaggio alla realtà, aumentare la domanda di produzione di materiale pedopornografico e quindi di abusi sui minori.
Eppure, esistono moltissime persone che non abusano di minori ma “consumano” pedopornografia o effettuano fantasie pedofile attraverso chat, fumetti, sex doll e giochi di ruolo. Tuttavia non risultano dimostrazioni nelle ricerche esistenti che comprovino come i contenuti non rappresentanti bambini reali portino ad una transizione verso abusi sui minori: al contrario, alcuni studi mostrano come vi sia una percentuale significativa di consumatori online di materiale pedopornografico, che non cercano però contatti con bambini offline.
Potrebbe interessarti:
LE RAGAZZE ANIME E GLI HENTAI SONO PIÙ ECCITANTI DELLA REALTÀ: L’AMMISSIONE DI UN ATTORE VETERANO DI FILM PER ADULTI