L’uomo, durante il suo lungo cammino per l’evoluzione, ha sviluppato un cervello capace di compiere dei ragionamenti astratti, ciò gli ha permesso di imporsi su tutte le altre creature viventi e di dominare la natura.
Col passare del tempo l’intelletto umano si è raffinato, arrivando a toccare vette lontanissime. Basti solo pensare allo smartphone che tenete in tasca (o che state utilizzando in questo momento per leggere questo articolo): un computer in miniatura in grado di svolgere operazioni impensabili fino a soli 20 anni fa.
Ad oggi, parte della ricerca scientifica è diretta a trovare il modo per riuscire a innestare, con successo, delle componenti elettroniche all’interno del corpo umano, trasformandolo così in un cyborg, al fine di migliorane la qualità della vita. Ma questa pratica gioverà all’uomo? E soprattutto, sarà quanto tempo sarà necessario attendere prima di arrivare a questo risultato?
L’origine della parola “cyborg“
Per comprendere meglio se degli innesti cibernetici possano rappresentare un bene per l’umanità è opportuno comprendere come nasce il termine “cyborg” e cosa rappresenta questa parola nella cultura popolare.
La parola “cyborg” nasce come contrazione dei termini “cyber” e “organism” (organismo cibernetico) e indica principalmente 2 categorie di soggetti:
- Esseri umani (o anche alieni) potenziati da innesti elettronici o modificazioni artificiali;
- Androidi, ossia dei robot umanoidi provvisti di componenti biologiche che aumentano la loro somiglianza con gli esseri umani.
Di conseguenza, il termine cyborg è utilizzato per indicare la presenza di 2 elementi, la macchina e la carne, che coesistono in un unico individuo, umano o meccanico che sia.
La definizione è stata resa celebre grazie ad un articolo scientifico del 1960, scritto da Manfred E. Clynes e Nathan S. Kline, in cui i cyborg sono descritti come uomini potenziati per resistere alle condizioni estreme dello spazio profondo.
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I cyborg all’interno della cultura pop
Il cyborg è stato, ed è tutt’ora, uno degli elementi caratterizzati del genere fantascientifico. Tutto nasce dal capolavoro del 1926 “Metropolis”: nella pellicola infatti appare per la prima volta un cyborg, Maria, che rappresenta il prototipo dell’uomo-macchina costruito da Rotwang.
Il film, emblema del cinema impressionista tedesco, è stato la fonte di ispirazione per altre celebri opere fantascientifiche come Terminator, Blade Runner, RoboCop, Star Wars (il design di C3PO si ispira proprio al robot Maria) per citare dei film e Iron Man, Akira, Metropolis (il manga di Osamu Tezuka) per citare alcune storie a fumetti.
Il successo delle opere citate prima, unito alla fama di altre opere sempre appartenenti al filone fantascientifico, ha fatto sì che la figura del cyborg entrasse di diritto nella cultura popolare. Così facendo, la gran parte delle persone sa, per lo meno a grandi linee, a cosa deve assomigliare un cyborg per essere definito tale.
L’attuale stato dell’arte
Dal paragrafo precedente abbiamo compreso come il cyborg nasca in primo luogo come idea, in questo invece vedremo come questa idea prende forma nella realtà.
Attualmente, gran parte della letteratura scientifica sul tema si sta concentrando più sui metodi con cui “potenziare” l’essere umano attraverso l’inserimento di innesti elettronici nel corpo, piuttosto che nella creazione di androidi provvisti di componenti biologiche.
Lo scopo che muove gli scienziati è quello di migliorare la qualità della vita delle persone: per fare un esempio, con lo sviluppo arti meccanici, coloro che hanno subito l’amputazione di una mano, di un braccio o di una gamba possono facilmente sostituirle con le loro controparti elettroniche senza avere più bisogno di usare una protesi poco funzionale.
Lo stesso discorso vale anche per gli occhi bionici, che idealmente possono sostituire un bulbo oculare mancante o malato, o addirittura per gli impianti spinali per permettere alle persone paraplegiche di tornare a camminare. Sfortunatamente queste tecnologie sono ancora in via di sviluppo e, sebbene per alcune siano iniziati i primi test, la loro produzione su larga scala dovrà aspettare almeno un decennio, anzi molto probabilmente di più.
Sicuramente di più facile realizzazione e prossimi alla produzione su larga scala, i microchip sottocutanei rappresenteranno il metodo più facile per diventare un cyborg. I benefici derivanti da questo dispositivo sono molteplici: effettuare pagamenti senza l’ausilio di carte (riducendo così il rischio di furto), monitorare costantemente i segni vitali senza indossare, per esempio, uno smartwatch, trasmettere alcuni dati a dispositivi collegati (ad esempio per aprire una serratura elettronica) e via discorrendo. Sfortunatamente, non è oro tutto quel che luccica, il microchip può comportare delle serie problematiche in materia di tutela privacy e di abuso dei dati processati.
A scanso di equivoci, al giorno d’oggi esistono degli umani che hanno al loro interno degli impianti elettronici, basti solo pensare a chi porta un pacemaker o chi ha un impianto cocleare (il cosiddetto “orecchio bionico”), ma queste modifiche sono ben lontane dall’immagine che la comunità dei cyborg.
Le eventuali controindicazioni nel diventare un cyborg
Diventare un cyborg comporta sia dei benefici, come quelli elencati nel paragrafo precedente, sia dei fattori di rischio, che possono essere empirici o etici.
Per quanto riguarda le problematiche empiriche, qui rientrano sicuramente i rischi innati delle operazioni di innesto, che possono produrre anche delle complicazioni e dar luogo al prematuro decesso del paziente.
Altra problematica riguarda le funzioni dell’innesto: nel caso di microchip sottocutaneo (ma ciò vale anche per altri tipi di innesti) c’è un grandissimo rischio che i dati raccolti dall’apparecchio possano essere venduti dalle società che li gestiscono per fini commerciali, ledendo così la riservatezza dell’individuo. Una tale eventualità, per lo meno nell’Unione Europea, è fortunatamente da escludersi: il GDPR, ossia il regolamento europeo che tutela la privacy dei cittadini UE, dispone che tutti i trattamenti inerenti ai dati personali siano autorizzati dall’utente, il quale può ritirare il consenso in ogni momento.
Per quanto riguarda invece i problemi di natura morale, questi girano totalmente intorno al concetto di umanità: nel momento in cui le modifiche cibernetiche inizieranno a non essere più relegate al solo ambito medico (ossia quando si diventerà cyborg per scelta e non per necessità), sarà necessario ridefinire il concetto di “umanità”, identificando quel limite minimo che un soggetto deve avere per essere considerato a tutti gli effetti “umano”, vale a dire quel nucleo essenziale proprio dell’essere umano che lo distingue dalle macchine. Ciò, a nostro avviso, sarà imperativo almeno sul piano filosofico, molto meno su quello legale (ciò vale per lo meno in occidente, dove le Costituzioni nazionali risultano molto garantiste).
Conclusioni
Svolta questa breve analisi, passiamo a trarre delle conclusioni. In primo luogo possiamo affermare, con un sufficiente grado di certezza, che il cyborg moderno differirà molto da quello che ci deriva dalla cultura popolare. Questo accade principalmente per via dei limiti della scienza e della tecnica dei tempi contemporanei, un avvicinamento dei due modelli potrà avvenire, forse, solo in un futuro ancora troppo lontano.
In secondo luogo, si può ragionevolmente supporre che i prossimi impianti elettronici saranno sviluppati per questioni mediche, verosimilmente questi non saranno progettati per potenziare le caratteristiche individuali del singolo.
In terzo luogo, è assai probabile che le tecnologie ancora in sviluppo diverranno pienamente operative e accessibili su larga scala solo nei decenni a venire, l’attesa di conseguenza non sarà minimamente breve. L’unica tecnologia che forse potrebbe venir prodotta su larga scala in un periodo più breve è il chip sottocutaneo, ma anche in questo caso sarà necessario attendere il 2030, se non il 2050 (dipende molto da come la politica reagirà a questo tipo di impianti).
In definitiva, la strada per trasformarsi in cyborg è ancora lunga e piena di ostacoli. Nell’attesa non possiamo fare altro che sognare…
Fonti: Biomedical, Rai News, La Repubblica, HWupgrade