Peaky Blinders 6 è stata pubblicata su Netflix, e l’ultima sigaretta del tanto amato e odiato Thomas Shelby è stata finalmente accesa. Con questo titolo di certo non vogliamo anticipare nulla ma è solamente una metafora “romantica” sulla conclusione della serie, che come una sigaretta si accende e si spegne dopo un determinato lasso di tempo.
Gli eventi comprensivi dell’ultima stagione sono davvero sfaccettati e sfumati e sfruttano eventi reali come la morte dell’attrice Helen McCrory, interprete di Polly Gray, la zia tanto amata e rispettata dei Peaky Blinders. Un punto focale, il centro di tutto; un personaggio davvero incredibile ha lasciato gli schermi della serie improvvisamente e un eterno tributo è stato adottato dalla produzione, che ne ha fatto successivamente il fulcro su cui gira tutta la sceneggiatura di questa ultima stagione.
Trascorsi alcuni anni gli effetti della morte di Polly si fanno sentire, sia su Tommy che su Arthur. Il fratello maggiore cade nel vortice dell’alcolismo e della tossicodipendenza, nonostante la famiglia, nonostante lo scorrere del tempo. Niente cambia, tutto resta e si disintegra, cancellando quel briciolo di risolutezza e valore contenuto nell’animo degli Shelby.
Thomas d’altro canto ha deciso che un “prima di Polly” e un “dopo Polly” era doveroso, e per questo ha deciso di chiudere con l’alcol, una metafora poliedrica dove spesso e volentieri “lo Zingaro” attingeva per la risoluzione delle sue faide, delle sue guerre personali, sia interiori che esteriori.
Peaky Blinders: la naturale illusione del cambiamento
Mai come questa stagione 6 ci troviamo di fronte ad un confronto con la personalità di Tommy attraverso una scrittura pregiata e maniacale, volta ad esplorare un animo distrutto e travagliato, spesso egoista e “guerrafondaio”, anche con la sua stessa anima. La serie non ha mai nascosto di essere questo, ovvero un’introspezione bella e buona su un animo devastato e complesso come quello del protagonista, una figura spesso fragile ma allo stesso tempo forte, che non è mai riuscita a donare momenti di pace e serenità, né a se stesso né a chi gli è stato intorno.
Successivamente alla morte di Polly la psicologia della famiglia è scossa e proprio per questo un animo forte come Tommy, inizia a credere che le sue sventure siano dovute ad una maledizione affibbiatagli e non dalle conseguenze dovute alle sue azioni. Il terzo principio della dinamica afferma che “Ad ogni azione corrisponde una reazione, uguale o contraria”. Questa è la vita, l’esistenza dell’essere umano e Thomas non vuole accettarlo.
Per fare un passo avanti bisogna prima farne uno indietro e la consapevolezza e l’accettazione sono degli “ingredienti” rilevanti se si vuole aggiustare la traiettoria. Nonostante il protagonista tenti di avere una famiglia o dei rapporti umani, l’eterna lotta con il suo essere lo conduce ancora una volta ad un oblio narcisistico, dove l’isolamento e la percezioni separate delle sue emozioni rispetto al resto la fanno da padrone, facendo sprofondare il suo essere in un vortice costante di paranoia, depressione e scatti di ira repressi da una natura selvaggia e violenta. L’illusione del cambiamento è forte, ma rimane pur sempre un’illusione.
Meno spazio, da come potete intuire, viene dato al resto dei personaggi, che compaiono solamente per creare il percorso inerente alle azioni del protagonista, disegnando comunque un cerchio frastagliato e perfetto, intorno all’uomo che non può essere ucciso da una semplice pallottola, l’uomo che non ha avuto l’onore e la fortuna di morire quando ha potuto, l’uomo la cui maledizione è destinata a durare in eterno, facendo terra bruciata di tutto quello che lo circonda.
L’odore del sangue, la vendetta e la decadenza sono tangibili in questa ultima stagione, e la tossicodipendenza di Arthur viene mostrata per tutta la durata complessiva, rivelandosi quando tutto ha preso piede, tutto sta crollando in maniera sequenziale, perfetta, come un domino. Dalla sporcizia possono nascere dei fiori certo, ma possono anche essere insanguinati da un sangue indistinto, misto e sconosciuto, dove le guerre con i fantasmi del passato sono ancora tangibili e la vendetta violenta e l’unica strada per tenerli a bada, dissiparli per un breve lasso di tempo, con la consapevolezza che prima o poi ritorneranno. Peaky Blinders è “un eterno ritorno” del dolore, della sofferenza, della vendetta e della solitudine, e con questa conclusione lo carpiamo più che mai.
La sigaretta è quasi terminata, anche se non del tutto, dato che il finale lascia presagire un qualcosa di ancora lungo da raccontare, anche se attualmente non abbiamo ancora un “teatro” dove quest’ultimo si potrà svolgere. Forse sarà nell’anima insanguinata di Tommy, o forse starà a noi crearlo, ma nonostante tutto un forte messaggio è arrivato e la vita di Thomas Shelby continua a essere tormentata da quelle parole «Nel grigio, pieno inverno» per ricordare alle anime dilaniate la vita di fronte alla morte, l’illusione di Dio nelle braccia del destino. Un destino beffardo che non risparmia nessuno.