Uno degli elementi di maggior rilievo di Belle, l’ultimo lungometraggio del maestro Mamoru Hosoda, è senza alcun dubbio la musica. Essa contribuisce in maniera determinante all’appeal della pellicola, e anche dal punto di vista narrativo ricopre un ruolo cruciale, soprattutto (ma non solo) per la protagonista Suzu.
Lo scorso gennaio il noto portale Anime News Network ha pubblicato un’interessante intervista a Taisei Iwasaki, lead composer di Belle, che abbiamo deciso di riproporvi in italiano vista l’attuale presenza del film nelle nostre sale.
Questa non è l’unica intervista riguardante Belle presente sul sito, ne trovate un’altra a questo link fatta direttamente al regista Mamoru Hosoda.
La musica è un elemento fondamentale di Belle sia dal punto di vista sonoro che narrativo. Com’è stato lavorare ad un progetto in cui le colonne sonore giocano un ruolo così cruciale nel successo del film?
Sapevo sin dalle prime fasi di produzione che la musica sarebbe stata davvero importante e per questo ho sentito molta pressione. Col senno di poi mi sento soddisfatto, sento di aver dato vita ad un qualcosa di cui vado fiero.
Potrebbe parlarci un po’ del processo di creazione delle canzoni del film?
Innanzitutto ho dato un’occhiata allo script e agli storyboard. Poi ho avuto un lungo incontro con il regista Mamoru Hosoda per stabilire il concept generale, e solo dopo ho iniziato a lavorare alle singole canzoni.
Per darvi un esempio del mio approccio alla scrittura, mi sono diretto nella prefettura di Koichi [nello Shikoku], il luogo usato come riferimento per il villaggio in cui Suzu vive, e mi sono messo a lavorare sul ponte sommerso che appare nel film.
Quanta libertà ha avuto nella scelta degli strumenti da utilizzare? Ha ricevuto indicazioni specifiche per dare più coesione al tutto oppure no? In che modo tutto ciò ha impattato sul suo processo creativo?
Per dar vita alle musiche di questo progetto ho innanzitutto lavorato attorno al concetto di “villaggio”. Ho poi invitato diversi compositori per creare dei pezzi basati su di esso. L’idea era quella di creare dell’ottima musica, e per questo abbiamo utilizzato una grande varietà di strumenti senza particolari restrizioni: dalle piccole sintetizzazioni alle grandi orchestre.
Belle è leggermente diverso rispetto ai classici musical animati. Le canzoni tendono ad essere diegetiche: tutti i personaggi possono sentire Belle quando canta. Che tipo di difficoltà iniziano a sorgere durante la produzione di questo tipo di canzoni? Che ripercussioni hanno sul processo di composizione, specialmente considerando che tecnicamente è la Suzu del film ad averle scritte?
I vari dialoghi non sono stati cantanti come avverrebbe in un normale musical animato, tutte le canzoni sono legate alla storia. Suzu ha iniziato a comporre musica sin da bambina insieme a sua madre. Per questo durante la creazione delle musiche ho dovuto tenere sempre a mente l’identità della protagonista, che significa affrontare sfide diverse rispetto ad un classico musical animato.
Le canzoni che Belle canta nel film contribuiscono molto alla comprensione del personaggio. I testi sono stati scritti insieme alla musica oppure solo dopo? C’è stata una qualche difficoltà in particolare che avete affrontato a riguardo?
Per quanto riguarda i testi, Hosoda ha inizialmente steso un’idea generale e l’ha condivisa con noi. Poi Kaho Nakamura, la doppiatrice di Suzu, ha riscritto i testi basandosi sulla musica. Si è trattato di un processo davvero unico.
Gales of Song rappresenta quel momento cruciale del film, in cui Suzu riesce finalmente a cantare per la prima volta dopo anni. L’aspetto interessante, però, è che non si tratta di una canzone sulla felicità o di conforto, ma sulla gelosia e sul dolore — tutte emozioni che il personaggio non è riuscita ad esprimere prima di quel momento. Persino gli altri personaggi che la ascoltano rimangono straniti. Tenendo ciò a mente, potrebbe spiegarci com’è nata questa canzone e perché ha preso proprio questa direzione?
È tutta un’idea di Hosoda ed era presente sin dagli storyboard. Questa canzone è l’esplosione di tutta quella frustrazione che Suzu ha accumulato nel periodo in cui non riusciva a cantare, accompagnata dalla sua repulsione fisica. D’altro canto, come spesso succede su internet, quando un qualcosa appare d’improvviso non tutti si fanno la stessa opinione a riguardo, anche se si tratta di un qualcosa di positivo. Hosoda questo lo comprende bene, e credo che sia proprio questa la ragione per cui è riuscito ad esprimerlo in questo modo.
Qual è la sua canzone preferita del film?
Direi A Million Miles Away perché contiene al suo interno tante storie diverse che continuano a cambiare durante tutta la canzone, e anche perché copre ogni emozione di Suzu, dei suoi amici, del Drago e delle persone di U. Nella sua parte finale la canzone diventa una celebrazione per tutti, persino per l’audience. Il pubblico si sente come se fosse parte del concerto di Bell. Per riuscire ad ottenere questo risultato ho chiesto che a partecipare nel “La la la” finale fossero voci provenienti da tutto il mondo, ne abbiamo messe insieme più di 3000. Volevo che tutte quelle persone che si fossero sentite divise dalla pandemia di COVID-19 potessero nuovamente sentirsi “connesse”, almeno nel film, perciò ho optato per questo tipo di approccio.
Quando e come vi è venuta in mente l’idea di produrre anche una versione in inglese delle colonne sonore? È stato pianificato fin dall’inizio?
È stato deciso dopo l’uscita del film in Giappone.
Che tipo di difficoltà avete avuto nel tradurre le canzoni da una lingua all’altra?
Ho sempre difficoltà nel trasmettere le particolarità del giapponese quando scrivo canzoni in inglese, ma questa volta è andato tutto liscio grazie all’apporto del mio amico Ludvig Forssell. Ovviamente lui ha compreso a fondo la storia e i testi delle canzoni originali, e ritengo abbia dato vita ad una traduzione perfetta.
Credo che il giapponese sia una lingua che ben si presta alla scrittura di canzoni dato che, siccome la maggior parte delle sue frasi finiscono con delle vocali, è facile creare delle rime. Per quanto riguarda le canzoni in inglese, d’altra parte, si ha a che fare con un sistema di rime molto più rigido, e non è sempre facile far quadrare tutto. Cosa ne pensa di ciò? A suo giudizio questo discorso è rilevante quando ci si approccia alla traduzione di una canzone da una lingua all’altra?
Dal punto di vista linguistico il giapponese è classificato come una lingua isosillabica. Questo significa che le vocali vengono pronunciate chiaramente, ma quando poi si passa alla musica il risultato alle volte è un po’ piatto. D’altra parte l’inglese è classificata come una lingua isoaccentuale, il che vuol dire che il suo sistema ritmico è completamente diverso da quello del giapponese. Dunque, se traducessimo direttamente da una lingua all’altra il ritmo stesso della musica finirebbe col collassare. Nel caso specifico dell’animazione si aggiunge poi il problema del lip-sync, che rende la traduzione una sfida considerevole. Per questo credo che la cosa più importante sia cogliere le giuste sfumature di ambedue lingue e adattarle man mano che la musica prosegue.
Dal punto di vista vocale la canzone U è piena di sincopi. Vi hanno reso ulteriormente difficile la traduzione?
Decisamente. Come ho detto prima, c’è un’enorme differenza tra il sistema ritmico giapponese e quello inglese, e per questo è stato molto difficile tradurre le canzoni dal giapponese tenendolo sotto controllo. Per fortuna Ludvig conosce perfettamente entrambe le lingue. Credo che la sua traduzione di U sia riuscita a preservare la sua unicità anche nella versione tradotta.
Secondo lei ci sono canzoni che, dal punto di vista tematico, funzionano meglio nella versione inglese? Se ci sono, quali e perché? Se non ci sono, perché crede che le versioni giapponesi siano migliori?
Quando ero a lavoro sulla versione inglese a New York ho detto a tutti che non volevo fare una traduzione dal giapponese, ma che volevo creare due versioni diverse della stessa canzone. Sono convinto che siamo riusciti a dar vita a due buone versioni indipendenti.
Credo sia per questo che Belle esiste.