Dopo aver fatto qualche settimana fa una riflessione sul voto di Siliconera a God of War, premetto subito che la recensione che segue è frutto non solo del completamento del primo capitolo di Dying Light e di diverse ore di gioco effettuate nell’ultima settimana su Dying Light 2. Perché si, a me personalmente piace come videogames e questo è quanto.
Ora possiamo passare a ciò che è il gioco nella sua natura d’opera. Un capitolo atteso dal 2018, da quando fu presentato all’E3 come un gioco di zombie open world. Non nascondo che provandolo, l’hype era di quelli buoni, come le valide aspettative che avevo su questo titolo. Peccato che in generale molto è stato disatteso.
Questo però non significa che si sta parlando di un flop, di un gioco brutto, di una delusione. Andiamo con ordine prima di tutto. Dying Light 2 prima di essere un gioco di zombie, è un validissimo RPG. Ciò significa che ci troviamo davanti ad un titolo il quale offre al videogiocatore un’esperienza di gioco classica di questo genere, con il quid degli zombie affrontati in un mondo in cui il parkour è l’ancora di salvezza dei Pellegrini.
Riconfermato il ciclo dinamico giorno-notte
A mio modo di vedere, uno dei punti di forza del primo capitolo era la modalità di gioco nel ciclo dinamico giorno-notte. Questo permetteva al giocatore di avere due approcci completamente diversi nella stessa esperienza di gioco a seconda del periodo quotidiano, dove se durante il giorno si poteva tenere un atteggiamento offensivo nei confronti degli zombie, attaccandoli con le proprie armi, durante la notte invece la migliore delle idee era quello di avere un approccio stealth, stare lontano da occhi e orecchie degli infetti e trovare nel più breve tempo possibile un rifugio completamente illuminato dai raggi UV, unica arma per tenere a debita distanza quelle ostili creature.
Partiamo quindi da un’ottima base, perchè il secondo capitolo riprende in toto le caratteristiche del primo.
Ci troviamo infatti nella città di Villedor, una delle ultime roccaforti di civiltà della Terra. Dopo i fatti di Harran, si è sull’orlo dell’estinzione e poche città, come la sopracitata, resistono all’infezione ormai dilagante nel pianeta. Solo che tali città sono distanti migliaia di chilometri e arroccate rispetto al mondo esterno e ostile, dove nessuno ha il coraggio di addentrarsi ed è proprio per questo che la gente si affida ai Pellegrini, dei veri e propri messaggeri coraggiosi che, abbandonando le roccaforti ed i rifugi dei civili, portano messaggi e notizie di città in città. E qui fa la sua entrata in scena fin da subito Aiden, che sarà protagonista nelle vicende di Villedor.
Il gameplay
Il gameplay ad un primo sguardo ha poche novità, perchè già ottimamente nel primo capitolo offriva un sistema di controllo molto intuitivo, con una visuale in prima persona comunque gradevole, anche nei movimenti parkour, per nulla stridenti ed anzi parecchio divertente nella loro funzione ed effettuazione.
I movimenti di Aiden sono facili, essenziali ma soprattutto indispensabili, perchè a Villedor come in ogni altra città, è sempre meglio muoversi ad altezze che in un altro mondo sarebbero state pericolose nonchè rischiose ma che in questo presente apocalittico rappresentano una salvezza rispetto allo spostarsi in superficie, su strade ricolme di esseri infetti.
Essendo questo un mondo che ha ormai imparato a convivere con il virus (eh.) il giocatore ha la possibilità di sfruttare percorsi alternativi e strutture portanti che assecondano le acrobazie aeree proprie e di chi ha costruito precedentemente le varie vie di fuga, rendendo Dying Light 2 un gioco con un level design di tutto rispetto.
Anche il combat system è molto simile a quello del capitolo precedente e proprio per questo adeguato alle necessità di sopravvivenza di noi giocatori. Potremo quindi avere a disposizione un sistema editor per il crafting che ci permetterà di sfruttare svariati oggetti di uso comune che possono essere trasformati in armi di qualsiasi tipo: mazze, lame con diversi attributi di danno e usura.
Abbiamo anche un sistema di equipaggiamento del tutto nuovo, con build assemblabili con diversi livelli di caratteristiche e rarità delle parti di armatura. Una soluzione che permetterà con tutta probabilità ai giocatori di sbizzarrirsi nella costituzione di armature sempre diverse, con sicure implementazioni future.
Open world: meh
Come dicevo inizialmente, la questione open world lascia l’amaro in bocca dal momento che, seppur siamo di fronte ad un’infinita quantità di aree e locali esplorabili, pochissimi di questi offrono un’interessante esplorazione, in quanto privi di ricompense davvero uniche o in qualche modo stupefacenti. Cosa che alla lunga potrebbe portare il giocatore a tralasciare tale fase di gioco per concentrarsi sugli aspetti più interessanti del game.
Una feature interessante di cui è doveroso un commento è quella che vede il videogiocatore alle prese con l’infezione di Aiden che, essendo stato morso da un infetto, durante la notte si ritrova con un tempo limitato prima della trasformazione, così da ritrovarci sperso nell’intricata situazione di dover affrontare nemici, monitorare il tempo a disposizione e sperare di trovare il più presto possibile un rifugio con annessa luce UV.
La trama ci pone di fronte a vicende che ruotano attorno a due fazioni, quelle dei Superstiti e dei Pacificatori, non proprio contrapposte ma comunque ognuna con le proprie peculiarità e priorità. I primi collaborano e solidarizzano tra di loro, mentre i secondi sono moralizzatori e giustizialisti. In mezzo c’è Aiden, le cui vicende lo vedono rapportarsi con entrambe i modi di vivere in questa civiltà apocalittica.
A livello grafico non è nulla di eclatante, il gioco eccelle in alcuni contesti ma troppo spesso fatica in termini di risoluzione, oltretutto in più di un’occasione ho personalmente avuto difficoltà durante ai combattimenti ad avere il pieno controllo di Aiden, nell’entrare in contatto diretto con il nemico e nell’avere piena sensibilità durante la fase offensiva, con colpi e parate un tantino troppo ovattati nelle gestualità.
Dying Light 2
VOTO - 7
7
Potenziale inespresso
In generale Dying Light 2 non deluderà i fans della serie ma era comunque lecito attendersi qualcosa in più dopo, un seguito degno di questo nome, che oltre alle sedimentate caratteristiche positive del franchise, offrisse anche delle novità importanti che portassero il titolo in una fase evolutiva come naturale che fosse.