Articolo a cura di Cristina Nifosi e Martina Cappello
L’attesa è finita: il 3 dicembre Netflix ha fatto spazio nel suo catalogo concedendo posto a La Casa di Carta 5: Volume II, parte conclusiva non solo della stagione, ma della serie in tutta la sua interezza. A distanza di tre mesi esatti dall’uscita del Volume I, i fan hanno potuto finalmente conoscere le sorti finali della banda e la fine della lunghissima e sanguinosa rapina alla Banca di Spagna.
Ma dove eravamo rimasti? (Qui potete trovare la recensione della Casa di Carta Vol I ).
L’articolo contiene spoiler della Casa di Carta 5 Volume II
La Casa di Carta 5 Volume II: un cambio di mood che funziona
A settembre avevamo recensito i cinque episodi del Volume I, e quello che avevamo visto non ci era piaciuto per niente. Per essere una stagione conclusiva non solo non era abbastanza avvincente da tenere effettivamente in pugno l’attenzione dello spettatore, e quindi insufficiente in generale, ma anche fortemente sottotono rispetto al tenore della serie in toto.
A raddrizzare il tiro, sebbene solo in parte, sono proprio le puntate di Volume II, in un modo che è presto detto. Non è di certo cambiato niente nella qualità della sceneggiatura, del montaggio o della regia, ma è cambiato il mood. La Casa di carta che troviamo in questi ultimi cinque episodi è finalmente una serie che prende atto di sé stessa e trasmette quel briciolo di coerenza che rende il tutto molto più piacevole e divertente per lo spettatore.
Un esempio? Il Professore e Alicia Sierra sono in fuga nell’appartamento di Tamayo, piantonato da un esercito di forze dell’ordine pronti a catturarli. In sottofondo a questa che dovrebbe essere una scena di forte tensione spiccano invece le note di Ça plane pour moi, che se da un lato smorzano la suspense, dall’altra danno allo spettatore lo spazio per godersi la fuga impossibile come un momento divertente.
Una scelta di gran gusto, che trasmette chiaramente una dichiarazione di intenti molto semplice: La Casa di Carta non è un heist movie, nè un thriller, ed occorre comprenderlo per saper dare il giusto peso alle immagini che ci scorrono davanti e poterne trarre un buon intrattenimento.
Ed è in questa ottica che questo finale della Casa di Carta può essere visto come una buona resa dei conti per la serie, che si butta ancora una volta in quello che gli riesce meglio: la narrazione delle vicende umane in un contesto largamente fuori dall’ordinario come può essere quello della più grossa rapina mai tentata nella storia dell’umanità.
Abbiamo ancora inciuci, tradimenti, bisticci, flirt e momenti di profonda angoscia, alternati a flashback e racconti di vecchi ricordi del passato. Le ore riescono, seppur con qualche intoppo, a scorrere, e non senza avere effettivamente intrattenuto e divertito chi guarda
Se si riesce nell’intento di non dare peso ai difetti e ad apprezzare con un sorriso anche i non rari momenti trash, alla fine ciò che rimane sono circa cinque ore di contenuto sicuramente non eccelso, ma che possono essere un modo leggero di passare qualche ora sul divano.
Dagli alti ai bassi: quello che proprio non va nella quinta parte della Casa di Carta
L’ultima stagione della Casa di Carta ha toccato picchi di altissimo trash non solo nella prima parte ma anche nella seconda.
Parliamo innanzitutto della protagonista indiscussa di questa seconda parte: Alicia Sierra.
Sicuramente il personaggio più criticato e alla fine amato da tutti per il suo upgrade nei confronti del Professore e della banda: partita in quarta con l’obiettivo di arrestarli tutti, alla fine si è fatta ammaliare dal fascino e dall’intelligenza di colui che ha ideato il piano, aiutandolo addirittura a completare alcune fasi. Dire che il suo voltafaccia era piuttosto prevedibile è dire poco ma, come si suol dire “solo gli idioti non cambiano idea”.
Alicia e il Professore cominciano questa sorta di fuga che ricorda molto lontanamente Bonnie e Clyde che si trasforma per qualche minuto in una puntata di Casa Vianello e nonostante il quartiere in cui si rifugiano è pieno di polizia, loro riescono a passare inosservati. Ricordiamo ai gentili spettatori che la donna in questione aveva recentemente partorito in uno scantinato lurido in compagnia dei ladri e che dopo alcune ore era già in piedi, priva di stanchezza e in grado di fuggire. (Non credo che una donna reduce da un parto abbia tutte queste energie a disposizione, ma qui parliamo sicuramente di qualcosa di fantascientifico che non siamo in grado di capire).
All’interno della Banca di Spagna intanto aleggia una strana aria: amori non corrisposti che improvvisamente diventano corrisposti, esaurimenti nervosi, allucinazioni e accordi presi romanticamente sotto la pioggia, tutto molto strano ma in qualche modo poetico.
Dentro la Banca di Spagna qualcuno ha perso la testa
Dopo la morte di Tokyo nella prima parte della quinta stagione della Casa di Carta, molti componenti della banda hanno cominciato a dare i numeri, Stoccolma è sicuramente colei che porta la bandiera della pazzia. Comincia a sbalestrare intensamente rischiando quasi di uccidere Denver, che decide di chiuderla in una camera blindata per evitare ulteriori danni collaterali. Stoccolma, ancora sotto shock per aver visto i morti nella Banca di Spagna, decide d’improvvisare uno spogliarello per Denver. Mentre lo spettacolo va avanti sulle note di “Why so Serious” di Alice Merton che c’entra poco e niente con la scena in questione, gli ostaggi sono ancora all’interno dell’edificio e sono sorvegliai da un Helsinki in agonia che si trova in bilico su un filo teso tra vita e morte ma ancora in grado di reggere un fucile tra le mani.
Dal passato al presente: i flashback di Berlino e del Professore
Ma che conclusione sarebbe senza i flashback di Berlino? Non sarebbe degna di chiamarsi così, infatti la scena che tutti si aspettavano è finalmente arrivata dopo tre mesi di attesa: lo sguardo d’intesa tra Rafael e Tatiana alla fine si è concretizzato in qualcosa di molto più passionale e, onestamente parlando, meschino. Entrambi i personaggi avrebbero potuto avere una spiegazione migliore, sicuramente più approfondita di quella che ci hanno mostrato, ma la puntata così avrebbe avuto una durata largamente superiore a quella già vista.
Berlino però, che è sicuramente il personaggio migliore di tutta la serie, è in grado di gestire questo dolore e lo fa distruggendo una sala all’interno di un ristorante, facendo a pezzi tutta la cristalleria. La scena ricorda molto la pubblicità di un profumo, il rallenty e “I love you baby” di Gloria Gaynor in sottofondo hanno reso tutto molto cinematografico e utilizzabile per uno spot.
Parliamo ancora di flashback ma questa volta non di Berlino ma di suo fratello: Sergio. Quello che vediamo è un flashback nel flashback perché il Professore racconta a suo nipote di voler compiere questa rapina per omaggiare, in qualche modo, il suo defunto padre: vedere il proprio padre assassinato fuori dalla Banca di Spagna è un’immagine di forte impatto che fa riflettere tanto un bambino così piccolo sul suo futuro: stare dalla parte giusta e quindi lontano dalle rapine… ah, no.
Il piccolo Sergio vuole fare il ladro ma non vuole sporcarsi le mani, lui è troppo intelligente per fare quello che fa suo fratello Andrès che si consola rubando oggetti di valore per ammortizzare il dolore che lo porta sempre più vicino alla morte. Il Professore vuole ideare il piano perfetto che porterà tutti fuori la Banca di Spagna sani e salvi, la sua intelligenza va oltre ma i calcoli non sono sempre esatti.
Il finale vero e proprio
Tamayo nel frattempo gioca al gatto e al topo con Sierra e il Professore ma questa volta il coltello dalla parte del manico ce l’ha lui: la polizia riesce ad irrompere nella Banca di Spagna prendendo in ostaggio la banda e costringendoli a parlare in cambio della libertà.
Improvvisamente qualcosa va storto e nel piano si verifica una falla importante che costringe il Professore a costituirsi ed entrare nella Banca per aiutare i suoi compagni ammanettati e inginocchiati.
Il Professore però ha sempre un asso nella manica e nonostante la rottura verificatasi all’interno del piano apparentemente perfetto, riesce a convincere Tamayo che è meglio collaborare e vincere piuttosto che giocare separati e perdere.
La conclusione della serie è talmente sbagliata e prevedibile che non poteva esserci finale più adatto per una serie di questa portata. La “finta fuga della banda morta” accompagnata da Fix You era più prevedibile della serie spin off su Berlino annunciata recentemente, ma come si dice? “Battiamo il ferro finchè è caldo” e i produttori della Casa di Carta lo hanno sicuramente fatto per tre anni, portando la serie finalmente alla fine.
La banda riesce a evadere con l’aiuto dell’esercito spagnolo: improvvisamente anche le forze armate passano dalla parte sbagliata della serie come tutti, del resto.
Il figlio di Berlino riceve un curioso bigliettino dal Professore e cosa ci sarà mai scritto dentro? E perché proprio “tradizioni di famiglia” o “questione di famiglia”? Noi abbiamo tirato ad indovinare ma la spiegazione più logica sarebbe questa, anche perché il titolo della puntata non lascia molto spazio all’immaginazione.
Il nostro voto finale della Casa di Carta 5 Vol II
In un bilancio quanto più onesto e ponderato questo finale si posiziona a metà sulla precisa metà del nostro metro di valutazione. Le puntate del Volume II si lasciano guardare, riescono a suscitare qualche sorriso, scorrono davanti agli occhi dello spettatore riuscendo nel suo obiettivo d’intrattenerlo. Il problema però, è ancora una volta il contenuto, che si perde tra errori, prevedibilità e la dispersione dalla storia centrale mediante l’uso di storyline che poco si addicono ad un finale di serie.