In questi giorni My Hero Academia è tornato sul grande schermo con il suo terzo lungometraggio, My Hero Academia: World Heroes’ Mission, che sarà presente nelle sale italiane fino a domenica 21 novembre grazie a Dynit. I nostri eroi dello Yuuei sono ancora una volta pronti a cimentarsi in una nuova avventura, in questo caso ideata grazie all’importante supporto del mangaka Kohei Horikoshi.
Anche alla luce del gigantesco successo ottenuto dal film in madre patria, è difficile immaginare che il franchise possa privarsi dell’importante gettito economico scaturito da questo tipo di eventi. Tuttavia, dal punto di vista narrativo, giustificare la presenza di storie diverse da quella originale sta diventando un compito sempre più arduo. Nonostante ricicli la formula del film precedente (qui la nostra recensione), My Hero Academia: World Heroes’ Mission rappresenta forse il punto più basso toccato finora dal franchise sul grande schermo.
Siamo nel periodo successivo al tirocinio di Deku, Bakugo e Todoroki presso l’agenzia dell’attuale supereroe numero uno, Endeavor. I nostri eroi vengono inviati in Europa, nel paese fittizio di Otheron, per scovare il pericoloso culto chiamato Humarise. Condizionati dal leader di quest’ultimo, il bizzarro Flect Turn, i membri dell’organizzazione ritengono che i quirk finiranno prima o poi per diventare così potenti da causare l’estinzione dell’umanità. Per questo l’organizzazione decide di provare a “salvare” l’umanità ponendo in tutto il mondo degli ordigni chiamati Trigger Bomb, ovvero delle bombe che una volta esplose finiranno per stimolare i quirk di tutti gli essere umani con cui entrano in contatto, eliminandoli definitivamente. I tre protagonisti dovranno dunque tentare di impedire loro di portare a termine questo piano.
Come ormai praticamente da tradizione, anche questo terzo film porta con sé l’introduzione di un personaggio secondario che finirà per ricoprire un ruolo di elevata importanza all’interno della trama. Questa volta è il turno di Rody Soul, un ragazzo che vive all’interno di un quartiere malfamato insieme al suo fratellino Lolo e alla sua sorellina Lala. Il personaggio, com’è possibile immaginare, finirà in qualche modo invischiato nella lotta tra gli eroi e Humarise, e gli sviluppi emotivi di maggiore rilevanza della pellicola saranno affibbiati proprio alla sua figura.
Ancora una volta My Hero Academia sfrutta l’introduzione di un nuovo personaggio in una sua pellicola per interrogarsi e interrogare lo spettatore sulla figura dell’eroe, prima, per poi glorificarla, dopo. All’interno di questo racconto tale dinamica non risulta essere inserita mediante alcun tipo di forzatura. A tutti gli effetti il vissuto del personaggio di Rody — le difficoltà che, insieme alla sua famiglia, ha dovuto affrontare e la sfiducia che ha sviluppato nei confronti della figura dell’eroe — ben si amalgamano con l’intreccio al quale il personaggio finirà avvinghiato.
Ad emergere prima di tutto è il concetto di sincerità, che viaggerà da personaggio a personaggio assumendo molteplici sfaccettature, fino a ricollegarsi nel finale con Flect Turn stesso. Proprio in quest’ultimo probabilmente si racchiudono molti dei difetti che rendono il film un’esperienza poco coinvolgente nel concreto. Il malvagio capo del culto Humarise non gode di alcun fascino specifico, né men che meno del tempo effettivo per riuscire a stregare lo spettatore. Le ragioni che lo spingono a tentare un genocidio di tale portata non vengono mai veramente spiegate a tutti gli effetti, salvo venir poi attribuite ad uno specifico atteggiamento personale poco prima del climax narrativo.
A scendere in campo durante gli avvenimenti della storia del film sarà una grande quantità di eroi, tra cui anche personaggi, provenienti da paesi diversi, mai apparsi prima nei vari adattamenti animati. Tuttavia la storia si svilupperà principalmente su tre piano simultanei, che, come prevedibile, corrisponderanno a quello di Deku, quello di Bakugo e quello di Todoroki. Dal punto di vista degli sviluppi narrativi non tutti saranno all’altezza delle fantastiche animazioni con cui si presenteranno al pubblico; animazioni che però, purtroppo, finiranno per venire offuscate da una regia sin troppo confusionaria, anche quando è sua intenzione esserlo.
My Hero Academia: World Heroes’ Mission, in effetti, fatica molto di più ad assorbire lo spettatore nel suo racconto.
Il risultato è un film parecchio dimenticabile che finisce col far risaltare dei problemi già presenti negli scorsi lungometraggi che però in precedenza venivano quanto meno smussati da un climax emotivo che riusciva effettivamente a raggiungere anche chi si trova dall’altra parte dello schermo. La formula di successo non è dunque bastata, ma, anche se lo avesse fatto, la mancanza di coraggio e di sperimentazione inerenti l’aspetto narrativo non sarebbe assolutamente passata inosservata. Non si tratta dunque di una leggere caduta di stile, ma di un considerevole passo indietro rispetto al passato che si traduce in un lavoro che ha poco più da offrire che un insieme di elaborate scene d’azione.
Da pochi mesi si è conclusa la quinta stagione dell’adattamento animato di My Hero Academia, reperibile su Crunchyroll. Trovate i nostri commenti a questo link.