Devilman e Berserk sono per molti un binomio inscindibile, due opere che vengono molto spesso inevitabilmente accostate. Il secondo deve moltissimo a Devilman, Miura si è infatti ispirato a numerosi dei lavori di Go Nagai e questa influenza è evidente fin dai primi volumi di Berserk.
Dai disegni, ai temi trattati ai personaggi e i loro rapporti, Miura apprende da uno dei capolavori del maestro Go Nagai e rielabora il suo lascito, rielaborandolo e sviluppandolo nei 40 volumi che compongono Berserk. Dire così e fermarsi, però, è troppo semplice.
Quali sono effettivamente le maggiori ispirazioni che Miura ha ricevuto e fatto proprie da Devilman, per realizzare la propria opera?
Akira e Ryo, Gatsu e Grifis
Uno dei principali elementi che Miura ha tratto da Devilman ed esteso è il rapporto di amicizia-opposizione tra i due protagonisti.
Akira e Ryo sono, infondo, i punti di partenza per i personaggi di Gatsu e Grifis. E se nel caso di Ryo a Grifis la somiglianza è meno evidente, nel caso di Akira e Gatsu è quasi palese. Entrambi sono dei semplici uomini gettati in mezzo ad un campo di battaglia molto più grande di loro di fronte al quale, però, non si tireranno mai indietro e continueranno a lottare per una ragione o per un’altra.
Combattere per semplice gusto di farlo, per proteggere e per vendetta si intrecciano in Akira e Gatsu e producono due personaggi dalle innumerevoli sfaccettature e che, nonostante possano sembrare demoni che vagano in una notte senza fine, sono in realtà profondamente umani nella loro tragicità.
Akira, scisso tra il proprio venir visto come un diavolo e il suo conservare, però, il cuore di un essere umano, e Gatsu, che invece lotta ogni giorno con l’oscurità che cova dentro di sé, dilaniato dal conflitto interiore tra il distruggere e il proteggere.
Numerose sono le tavole che, anche visivamente, Miura inserisce quasi a volere richiamare Devilman e sottolineare che Gatsu non è altro se non un figlio di Akira.
Nel caso di Ryo e Grifis il discorso è più complesso, in quanto ritengo che i due personaggi non siano così simili di per sé. Ciò che li rende simili è la dinamica con cui si relazionano al protagonista e che li porta, piano piano, a perdere tutto per il desiderio che provano nei confronti di una singola persona.
Il rapporto che lega Akira a Ryo è molto simile a quello tra Gatsu e Grifis, e in entrambi i casi rappresenta uno snodo narrativo fondamentale per le due opere: odio e amore, amicizia e desiderio di vendetta si fondono nella storia di questi quattro personaggi al punto che è impossibile distinguere un sentimento dall’altro, o il bene dal male.
Personalmente, penso sia impossibile non pensare all’incontro tra Gatsu e Grifis nella Collina delle Spade leggendo il confronto tra Akira e Ryo una volta scoperto il tradimento di quest’ultimo.
Persino visivamente le tavole si somigliano molto, e in entrambi i casi Akira e Gatsu chiedono all’altro se non provi alcun rimorso o senso di colpa, per le persone che hanno tradito e ucciso. Ryo risponde che non ha bisogno di simili sentimento e Grifis, ora privo di qualsiasi emozione dopo essersi reincarnato, risponde che non prova rimorso perché l’unica cosa che non tradirebbe mai è il proprio sogno.
Naturalmente Grifis e Gatsu sono molto di più questo, sono personaggi che hanno avuto modo di evolversi maggiormente in 40 volumi fino a diventare dei giganti della narrativa, distaccandosi anche dai loro “padri spirituali” nel corso della progressione dell’opera.
Le ispirazioni di Miura a Devilman sono impossibili da non cogliere, ma è altrettanto impossibile ridurre alla semplice influenza di Go Nagai Gatsu e Grifis, due personaggi inarrivabili all’interno della storia del fumetto orientale e non solo.
Caska e Miki
Anche tra i due personaggi femminili principali possiamo evidenziare una somiglianza significativa.
Prima di tutto, il rapporto d’amore che lega Akira e Miki è simile a quello tra Gatsu e Caska: i due guerrieri combattono per proteggere le donne delle quali sono innamorati, seppur quello di Gatsu sia un amore molto più sofferto, tormentato e ricco di privazioni dovuto alla condizione di Caska.
Miki ha poco spazio all’interno della storia di Devilman e non ha una vera e propria evoluzione, laddove Caska nell’arco della sola Epoca d’Oro risulta un personaggio ben costruito e col quale il lettore può empatizzare. Il suo rapporto con Gatsu, così come quello con Grifis, sono ben tratteggiati, viceversa la costruzione del rapporto tra Akira e Miki pecca proprio nello sviluppo a causa della poca attenzione di Go Nagai nei confronti del personaggio.
Ma, se i due personaggi non si somigliano, di che cosa parliamo in questo paragrafo? Semplice: la scena della morte di Miki è molto simile al trauma che Caska subisce durante l’Eclissi.
Caska viene spezzata, lacerata nel profondo e distrutta mentalmente dagli orrori che vede, dalla violenza di Grifis, dalla morte dei compagni, esattamente come Miki urla in preda alla disperazione prima di venire brutalmente uccisa dal terrore degli uomini. Miki vede prima i suoi genitori portati via a causa di una caccia alle streghe senza senso, dopodiché viene accusata lei stessa di esserne una, la sua casa viene assaltata da quelli che fino a pochi giorni prima erano i suoi vicini di casa. Il suo fratellino viene decapitato di fronte ai suoi occhi e, alla fine, anche lei viene pugnalata più volte mentre urla e chiama il nome di Akira.
Entrambe le scene mostrano senza indorare la pillola e senza mezzi termini quanto la violenza e il terrore possano annichilire una persona, distruggere la sua mente e farla piombare nella disperazione più cupa. Caska, naturalmente, non viene uccisa, ma il suo “io” finisce in frantumi.
Leggendo Devilman e guardando le tavole in cui, durante la sua morte, il corpo di Miki viene lacerato e dilaniato più volte è difficile non pensare che la pazzia di Caska post-Eclissi non sia un tributo che Miura ha fatto all’opera del maestro Go Nagai.
La violenza visiva e psicologica
Altro tema molto caro ad entrambe le opere è la violenza, sia quella fisica e visiva sia quella psicologica.
Sia in Devilman sia in Berserk troviamo numerose scene di violenza abbastanza esplicite, sgozzamenti, gente morta squartata, testa mozzate e chi più ne ha più ne metta. E quella psicologica non è da meno, le scene di Miki e Caska alle quale abbiamo fatto riferimento sopra sono solo due dei numerosi esempi che possiamo fare.
Akira e Gatsu sono due protagonisti scissi e disperati che vedremo molto spesso sull’orlo di un cedimento, quasi sul punto di abbandonare la loro umanità di fronte alla disperazione e alla crudeltà del mondo che li circonda. Ed entrambi – altra somiglianza – rimangono ancorati a quella stessa umanità solo grazie al pensiero delle persone che amano, Miki e Caska.
Anche visivamente, quindi, Miura cita molto spesso Go Nagai, qui possiamo vedere un esempio piuttosto evidente.
Il tratto di entrambi gli autori, molto spesso sporco ed opprimente soprattutto nelle scene d’azione (o, nel caso di Devilman, in cui Go Nagai si focalizza su Akira trasformato interamente in Devilman) è il modo con cui entrambi gli autori riescono ad esprimere perfettamente tutta la crudeltà del mondo che inventano, caricandolo di un enorme realismo grazie alla componente della violenza psicologica.
La crudeltà degli esseri umani
Gli Apostoli e i Devilmen non esistono nel nostro mondo, però esistono la crudeltà e la violenza di cui gli uomini sono capaci di fronte alla paura. Proprio questo è un ennesimo tema caro ad entrambi gli autori.
Non si tratta necessariamente di una citazione di Miura, in questo caso, ma è innegabile che sia Devilman sia Berserk mostrino in modo molto crudo e cattivo come spesso gli esseri umani siano in grado di trasformarsi in mostri ben peggiori dei diavoli stessi di fronte a ciò che non capiscono e che, di conseguenza, respingono a priori per paura.
Anche storicamente, lo sappiamo, la superstizione ha spinto gli uomini alle peggiori atrocità: la caccia alle streghe è uno degli esempi più noti. Go Nagai affronta esplicitamente il tema e, nella seconda parte di Devilman, cerca di rappresentare proprio quanto la superstizione possa rendere cattivi gli esseri umani. Vediamo gli esseri umani che si accusano e si uccidono a vicenda senza motivo, perpetrare violenza nei confronti gli uni degli altri solo per paura di venire accusati e condannati a loro volta. Ed è impossibile sfuggire a questo ciclo di odio e terrore: uccidere o venire uccisi, non esiste una terza opzione. Miki, purtroppo, lo impara sulla sua pelle.
Miura rappresenta più o meno la stessa cosa durante la saga de I Capitoli della Condanna – La Catena Immobile. Ciò che vediamo è proprio una caccia alle streghe e agli eretici che non guarda in faccia nessuno e in cui chiunque può essere denunciato e condannato a morte senza motivo né processo, anche solo per l’invidia di qualche conoscente.
In Berserk Miura veicola il tema attraverso il personaggio di Farnese, perfetta rappresentazione di come gli uomini ragionano e agiscono quando credono ciecamente in qualcosa senza mai chiedersi nulla.
Farnese crede fermamente in quello che fa, o meglio, finge di crederci; in realtà cerca di non pensare alla propria fede perché non vuole vedere quanto essa vacilli. La sua evoluzione nel corso dei volumi successivi è una delle più complete mai viste, secondo me. Entrambi gli autori qui hanno fatto un lavoro che definire ottimo sarebbe dire poco.
Devilman e Berserk: un’eredità in cammino
Devilman – e la produzione di Nagai in generale – sono stati un tassello fondamentale nella formazione di Kentaro Miura come artista e forse Berserk non esisterebbe neppure, o perlomeno non come lo conosciamo oggi, senza di esso.
È vero: nonostante tragga da quelle basi si sviluppa andando molto per conto suo, ma questa non è una ragione per non sottolineare ciò che ha ispirato numerosi degli elementi presenti nel capolavoro di Kentaro Miura.
Devilman e Berserk sono due capolavori senza tempo indissolubilmente legati. I temi affrontati, le realtà rappresentate, i personaggi, tutto rende queste due opere due capisaldi del fumetto giapponese. Il secondo purtroppo rimarrà incompiuto a causa della prematura morte dell’autore questo maggio. Qui potete leggere il mio commento al capitolo 364, l’ultimo della serie fino a nuove comunicazioni.
Un’ultima caratteristica che i due condividono? Sono entrambe delle opere da leggere assolutamente!