Berserk è da molti definito un capolavoro ed è sicuramente uno dei manga più significativi degli ultimi decenni. L’importanza che quest’opera ha avuto nella storia del manga, e non solo, è innegabile: ha dato vita a veri e propri nuovi canoni artistici ai quali molti autori si ispirano, un esempio è Miyazaki con Elden Ring e gli altri giochi da lui prodotti.
Il motivo per cui Berserk è così importante, però, non riguarda solo la sua valenza storica. Al di là di questa, infatti, l’opera è stata in grado di toccare personalmente centinaia e centinaia di lettori, lasciare loro qualcosa, che fosse uno spunto di riflessione, un’emozione o uno dei tanti discorsi significativi pronunciati dai suoi personaggi. Questo articolo si propone proprio di realizzare una sorta di tributo all’immensa opera che Kentaro Miura ci ha regalato, dedicandole oltre metà della propria vita, e che ci ha lasciato tanto, forse più di qualsiasi altra opera abbia mai fatto. Perché è così importante? Perché ci riguarda così da vicino in quanto esseri umani? In maniera del tutto personale vorrei riflettere su queste domande.
Una storia di uomini
Berserk è una storia che non parla di divinità. Non parla della lotta dei un prescelto per conquistare ciò che gli spetta come diritto di nascita, né di qualcuno nato con poteri particolari che cerca ottimisticamente di seguire il proprio sogno. Ed è proprio questo che lo rende così speciale.
Berserk non è una storia di eroi, è una storia di uomini. Tutti i personaggi di Berserk sono talmente umani da farci venire i brividi, così reali nel magistrale modo in cui Miura li ha dipinti uno per uno nel corso degli anni da darci l’idea di camminare accanto a loro, di osservare da vicino il loro viaggio, perché infondo il percorso di Gatsu, Grifis, Farnese e tanti altri può essere il percorso di tutti noi. In Berserk non ci sono eroi, solo persone fragili, distrutte dal destino o dalla vita stessa e che ad essa cercano di opporsi con le unghie e con i denti, non per diventare speciali o per conquistare qualcosa, ma semplicemente per vivere. Per affermare loro stesse.
È la storia di uomini in lotta contro il destino, contro un fato avverso che in tutti i modi cercano di cambiare. La lotta di Gatsu, che si mantiene sempre tra la vita e la morte, svela il suo desiderio di dire al mondo “io sono vivo”. L’ambizione sconfinata di Grifis che, da piccolo, guardò per la prima volta il castello dal basso delle stradine in cui giocava e da allora non ha mai smesso di inseguirlo, neanche di fronte ai più sporchi e orribili sacrifici da fare. L’umanità di Caska, scissa tra l’immenso amore che prova per Gatsu e l’ammirazione sconfinata per Grifis, che la porterà a perdere la ragione nel disperato tentativo di negare l’orribile realtà del tradimento di quest’ultimo.
E potrei continuare ancora a lungo perché questo è esattamente ciò che Berserk rappresenta: ciascuno dei suoi personaggi percorre un cammino, inciampa, si rialza e riprende a correre così come farebbe un qualunque essere umano. I personaggi di Kentaro Miura soffrono, amano, sognano più di chiunque altro e più di tutti sacrificano se stessi perché è questo, infondo, ciò che ci definisce come esseri umani: essere disposti a mettere da parte qualsiasi cosa pur di realizzare un nostro sogno, pur di tenere fede a un’ideale.
Gatsu
Gatsu è un personaggio di cui è difficilissimo parlare proprio perché lui per primo all’inizio dell’opera non riesce a comprendere se stesso. Ciò che apprendiamo immediatamente di Gatsu è che vive essenzialmente per vendicarsi di ciò che Grifis gli ha fatto… E prima?
Prima il protagonista viveva giorno per giorno senza pensare al domani, senza tentare di costruire nulla di concreto né tantomeno pensare ai sogni: dopotutto la gente non vive di sogni, non ha senso perdere tempo con essi. Questo è più o meno ciò che Gatsu pensava prima di conoscere Grifis. L’incontro col Falco Bianco e la sua squadra cambiano radicalmente la sua vita e lo trasformano.
Da un uomo che vive per la battaglia e che si aggrappa alla spada come unica fonte di salvezza (ricordiamo, in questo senso, quella dolorosa tavola in cui Gatsu abbraccia la spada dopo la prima violenza subita da bambino) e per il quale combattere senza riguardo per la sua vita perché esattamente quel modo di combattere è il suo modo di urlare al mondo “io sono vivo” Gatsu cambierà radicalmente, e andando avanti con la storia diventerà un personaggio sempre più intimamente tormentato dal dilemma fondamentale che definisce il suo personaggio: deve combattere per uccidere e per vendicarsi o combattere per proteggere?
Gatsu più di tutti è un personaggio che si erge sulla sottilissima linea che separa la volontà di andare avanti dall’essere trattenuti e spinti indietro dagli spettri del passato ed è proprio questo a rendere straordinario il suo personaggio.
Caska
Proprio Caska, della quale così poco si sente parlare rispetto ai due protagonisti maschili dell’opera, è uno dei personaggi che perdono di più nel corso di Berserk. In bilico tra l’ambizione sconfinata di Grifis che lo ha sempre portato a sacrificare qualsiasi cosa e a mettere se stesso (o meglio, il se stesso che sarebbe riuscito a raggiungere il tanto desiderato castello) e Gatsu che ha sempre inseguito qualcosa al di là del proprio io, cercando proprio di capire cosa fosse questo suo “vero io” Caska è quella che rimane immobile.
Caska accetta di perdere, accetta di sacrificare una parte di sé più e più volte perché sa che nessun’altro sarà disposto a farlo. Guarda andare via Gatsu dalla Squadra dei Falchi senza seguirlo e anche poco prima dell’Eclisse rinuncia ad andare con lui, nonostante avesse da poco accettato il proprio amore nei suoi confronti, perché si sentiva debitrice nei confronti di Grifis e dei Falchi.
La ragazza potrà sembrare un personaggio “minore” tra due colossi come Gatsu e Grifis, complice anche il fatto che passi più di metà manga in preda alla pazzia, senza possibilità di comunicare, ma è solo apparenza. Anche Caska, così come tutti gli altri, è un personaggio perfettamente delineato e anche lei riesce ad esprimere quell’umanità della quale abbiamo parlato prima: l’umanità di rinunciare, l’umanità di comprendere quando occorre smettere di porsi al primo posto e sacrificarsi per gli altri.
È un’umanità scomoda, che pochi personaggi di Berserk sono disposti ad abbracciare, ma che non può non rappresentare una parte di ciò che significa essere umani.
Gatsu, Grifis e la lotta contro il fato
È molto difficile definire i protagonisti di questa serie come buoni o cattivi; non sono nessuna delle due, sono semplicemente umani e come tali si collocano all’interno di una vasta scala di grigi. In Berserk non c’è nessun antagonista se non il fato stesso, che opprime e piega gli uomini, travolgendoli e costringendoli a piegarsi.
Nel manga viene molto spesso citata la metafora, molto cara ad autori come Macchiavelli, che paragona il destino al flusso di un fiume: l’uomo non può sottrarsi a tale flusso e anche se tenta di resistere alla corrente prima o poi ne finirà inevitabilmente travolto. Eppure, nonostante tutto, Gatsu e gli altri non si arrendono e continuano a cercare di risalire la corrente, di negare qualcosa, anche se si trattasse del mondo stesso, pur di affermare se stessi: io sono qui, io sono vivo, questa è la mia battaglia.
Anche il personaggio di Grifis, che apparentemente non fa altro se non seguire il flusso del karma, in realtà è profondamente umano nel farlo: Grifis non segue tale flusso perché non ha altra scelta, al contrario lo segue perché è esattamente ciò che vuole. È il risultato di una sua scelta razionale, del suo porre sulla bilancia il peso dei suoi amici e la propria ambizione, con la scelta di quest’ultima.
Grifis è un egoista? Sì. Ma infondo l’egoismo è una componente essenziale di noi esseri umani e Grifis, con tutti i suoi sbagli ed egoismo, non fa altro se non rappresentare all’interno della narrazione di Berserk la parte più meschina ed egoista dell’essere umano, dalla quale tuttavia non riusciremo mai ad affrancarci. Perché fa parte di noi, di quegli istinti non sempre positivi dei quali non andiamo affatto fieri che però ci contraddistinguono come esseri umani.
Il falò dei sogni
Un altro dei temi più importanti di Berserk è sicuramente il sogno. I due protagonisti assoluti della serie hanno un rapporto opposto con questo importante concetto: Grifis ha un sogno che insegue e per il quale è disposto a sacrificare tutto, Gatsu invece in un primo momento non possiede un sogno e non è neppure interessato ad averne uno.
La “filosofia del sogno” di Kentaro Miura, espressa proprio attraverso Grifis, è una delle visioni più belle che si esso si possano proporre secondo me. Il sogno è qualcosa che si realizza per se stessi e per il quale occorre essere disposto a sacrificare tutto: se anche nostra vita si rivelasse una vita da martiri questa sarebbe comunque degna di essere vissuta, proprio in virtù di quell’importantissimo sogno per la quale abbiamo deciso di sacrificarla.
Il sogno dà coraggio e speranza agli uomini, li scalda nelle fredde notti della disperazione ma è anche in grado di condurci alla disperazione più assoluta; ancora una volta il personaggio di Grifis è emblematico di ciò.
A proposito del sogno uno dei dialoghi più menzionati è proprio il monologo di Grifis a Charlotte, in seguito al quale Gatsu inizia a pensare di lasciare la squadra dei Falchi per cercare il suo personale sogno e potere essere così considerato da Grifis suo pari, o ancora lo splendido dialogo del “falò dei sogni” pronunciato da Gatsu mentre guarda l’accampamento della squadra:
“A guardarle così sembra che dentro ognuna di quelle piccole luci dimorino i loro piccoli sogni e i loro ideali. […] Uno per uno sono arrivati qui portando le loro piccole fiammelle. Poi, per non lasciar spegnere quei piccoli fuochi li lanciano in uno più grande… In una fiamma enorme chiamata Grifis. Però il mio fuoco non è qui. Può darsi che senza riflettermi mi sia solo fermato a scaldarmi a quel falò…”
Se c’è una serie che riesce a prendere il concetto di sogno e rappresentarlo in tutte le sue sfaccettature, con tutti gli aspetti positivi ma anche dolorosi che ne conseguono… Quella è sicuramente Berserk, attraverso i personaggi di Gatsu e Grifis in primis.
Conclusioni
Naturalmente si tratta di considerazioni soggettive e basate sulla mia personale esperienza di Berserk. Quest’opera ha segnato me e tantissimi altri lettori in innumerevoli modi diversi e dedicare questo atipico tributo al suo autore deceduto troppo presto mi sembrava il minimo, vista la recente uscita dell’ultimo capitolo, di cui potete leggere qui il mio commento.
Il motivo per cui Berserk è così importante e andrebbe letto da chiunque desideri arricchire se stesso è che ci mostra tutta la grandezza degli esseri umani e al tempo stesso la loro bassezza: quanto in alto possano arrivare con la sola forza delle loro ambizioni e dei loro desideri e quanto in rovina queste stesse cose possano farli precipitare. E lo fa con una forza e un lirismo tale che non possiamo non rimanere impressionati dalle storie così vere, così vive di quei personaggi.