Uno dei lavori digitali più controversi e criticati è quello dell’influencer, ovvero della persona che promuove brand, prodotti e aziende tramite i propri profili social. Mafalda De Simone fa un passo avanti e chiede che questo ruolo venga protetto.
Mafalda De Simone: “serve un sindacato che ci tuteli”
La 26enne campana è un’influencer molto seguita sui social, soprattutto su Instagram dove conta 182 mila fan. Fiera del suo lavoro, Mafalda De Simone chiede che venga riconosciuto e tutelato dalla legge italiana.
La proposta di Mafalda
Mafalda De Simone fa chiaramente riferimento al modello statunitense, dove dal 2020 AIC (American Influencer Council) e TCU (The Creator Union) regolano gli aspetti economici del mestiere, controllando i contratti e garantendo ai soggetti un trattamento al pari delle altre “web star”. Allo stesso modo, il “sindacato per influencer” italiano dovrebbe andare a tutelare i diritti di chi lavora con i social, facendo anche chiarezza su tariffe e oneri fiscali.
Il ruolo degli influencer
Molti pensano che il lavoro di un influencer si limiti ai selfie, ai post con le foto del pranzo o alle storie mentre si è in vacanza. In realtà, dietro le quinte c’è impegno, capacità di self-branding, progettazione, conoscenze digitali, capacità comunicative e un notevole impiego di tempo e risorse. I profili social degli influencer sono vere e proprie “vetrine” per i brand, che possono sfruttare il bacino d’utenza per ottenere maggiore visibilità e acquisire nuovi clienti.
Ci sono anche persone, sia donne che uomini, che hanno raggiunto livelli importanti in questa professione. L’esempio più evidente è rappresentato da Chiara Ferragni, che con oltre 23 milioni di follower su Instagram è diventata una celebrità di fama mondiale.
Non tutti sono d’accordo
Alcuni colleghi di Mafalda non sono molto convinti della proposta. I dubbi derivano dal fatto che la maggior parte dei “VIP dei social” si affida a un’agenzia. Tasnim Ali, l’influencer con il velo con 307 mila follower su TikTok, spiega:
“La proposta di un sindacato può venire in aiuto di chi ha meno follower, e magari si trova a navigare in questo mondo senza un’agenzia. Ma mettere insieme a livello associativo le diverse realtà è complicato, perché chi ha 60.000 follower non vale per le aziende quanto chi ne ha un milione”.
È dello stesso parere Paola Di Benedetto, che ha 70 mila follower su Instagram:
“È un errore pensare di far tutto da soli: bisogna proteggersi, avere alle spalle qualcuno che ti preceda e tratti per te con le aziende. In Italia è difficile che quello degli influencer venga considerato un lavoro: dai 50.000 follower in poi, trattare da soli non conviene, meglio rivolgersi a un’agenzia”.
Va inoltre detto che regolamentare il lavoro dell’influencer potrebbe anche garantire una maggiore protezione alle persone che si espongono sui social network. Mafalda era stata minacciata di morte proprio “sul posto di lavoro”.
Fonti: SkyTG24, 361magazine.