Oggi vi spieghiamo cos’è la make-up animation, e il perché dovrebbe interessarvi.
Chi ha visto quanto meno il trailer di Vivy: Flourite Eye’s Song, che vi abbiamo esortato a seguire nei nostri consigli stagionali in quanto nuovo interessante progetto originale di Wit Studio, avrà notato che in particolari momenti i personaggi della serie acquistano un look ricco di dettagli e affascinante. Ma qual è il segreto dietro immagini come questa qui sotto? E com’è nato questo tipo di approccio?
Facciamo un qualche passo indietro. Dopo la realizzazione della prima stagione de L’Attacco dei Giganti, il regista Tetsuro Araki, personalità legata a Wit Studio, decide di cimentarsi in un progetto originale che aveva in mente da tempo: Kabaneri of the Iron Fortress. Sin dalle fasi di concepimento della serie, Araki ha in mente l’idea di donare ai suoi personaggi un aspetto “soffice”; una sorta di charme delicato che li facesse apparire ben curati.
Per riuscire a fare ciò, Araki chiamò per il ruolo di character designer Haruhiko Mikimoto, una figura dell’industria che fonda le sue radici nel mondo delle illustrazioni piuttosto che in quello dell’animazione. Il suo background fatto di disegni immobili e ritoccati all’inverosimile lo rendevano la figura perfetta per lo scopo di Araki.
Nel concreto, tuttavia, l’idea di Araki era molto specifica. Non bastava creare banalmente un design ammaliante da utilizzare in tutta la serie, ma c’era proprio bisogno di alterare la classica catena di produzione degli anime e creare una nuova fase produttiva esclusivamente dedicata all’abbellimento dei personaggi, con tanto di specifici artisti in digitale dedicati a questo procedimento. Ecco quindi che nacque la make-up animation.
Senza annoiarvi troppo con i dettagli, il lavoro dei nuovi make-up animator consisteva nello scannerizzare le animazioni chiave e applicare in digitale una serie di soffici pennellate, effetti ed ombreggiature. Questo procedimento non è da confondere con quello degli effetti speciali o del post-processing, che viene effettuato in fasi successive. Qui sotto un esempio.
La make-up animation è stata preservata durante tutto l’arco della serie, ma il livello di dettaglio richiesto e il tempo necessario per abbellire i personaggi entravano in conflitto con le ristrette tempistiche di produzione del settore. Per questo si decise di selezionare soltanto alcuni momenti specifici — spesso scene statiche — su cui applicare il “trucco”. I momenti sono numerosi, eccovene due di seguito.
Araki deve esser rimasto soddisfatto del lavoro svolto dalla make-up animation in Kabaneri, e di fatto la porterà con sé anche durante la seconda stagione de L’Attacco dei Giganti, ma sotto il nome di Special Effects for Living Beings (生類視覚効果). Ad incaricarsi della gestione di questa fase di produzione sarà proprio una delle animatrici che aveva lavorato alla make-up animation in Kabaneri, Chie Yamazaki, e sotto le sue disposizioni troveremo altri due nomi importanti in futuro: Manaka Naka e Ryōko Mita.
Grazie al loro contributo, la seconda stagione de L’Attacco dei Giganti ci ha regalato degli occhi pregni di emozioni, ma anche un liscissimo e dettagliato pelo del Gigante Bestia, quasi come se usasse Pantene.
Tuttavia, se già con Kabaneri questa metodologia aveva iniziato a scontrarsi con la necessità di sfornare gli episodi velocemente, la disastrosa produzione de L’Attacco dei Giganti rese la sua implementazione semplicemente insostenibile sul lungo termine. Di fatto, nella terza ed ultima stagione da loro prodotta non sarà più utilizzata.
Ciò non vuol dire, però, che Wit Studio finì col rinunciare ad essa. Anzi, potremmo dire l’esatto opposto. Lo studio aveva comunque investito su di essa per anni e formato persone affinché la sapessero applicare, e per questo con il passare del tempo la make-up animation finì per essere utilizzata anche in produzioni in cui non c’era Araki al timone. Pensiamo, ad esempio, a After the Rain.
A gestirla saranno proprio i due nomi importanti che abbiamo menzionato prima, Manaka Naka e Ryōko Mita. Anche questa volta, la make-up animation cambierà nome, diventando la Special Foundation. Il cambio di nome non era soltanto un qualcosa che veniva effettuato all’apparenza, ma rappresentava di fatto anche un leggero cambiamento nell’obiettivo da raggiungere. Cercando di replicare l’estetica tipica degli adattamenti di manga shoujo, il team decise di impiegarla per creare la sensazione che i personaggi femminili applicassero davvero dei cosmetici al loro volto.
E infine arriviamo a Vivy, dove, ancora una volta, la make-up animation torna protagonista con il nome di AI Special Effects (AIスペシャルエフェクト). Ryōko Mita e Manaka Naka sono ancora tra le star di questa tecnica, e come sempre sono i capelli, gli occhi e la bocca a subire il maggior grado di attenzione, anche se in questo caso si potrebbero raggiungere nuove vette se utilizzandola sugli elementi sci-fi della narrazione.
Dopo anni e anni di utilizzo possiamo ormai affermare che la make-up animation sia divenuto un tratto distintivo di Wit, ed è sempre più percettibile un costante miglioramento nel suo utilizzo. È chiaro che però maggiore è il dettaglio raggiunto nei momenti in cui viene applicata, maggiore è lo stacco con il resto delle scene in cui invece non c’è. Questa, in fondo, è sempre stata una considerevole problematica della make-up animation, ma se si è disposti a tollerarla allora tutti i suoi lati positivi non possono che venire alla luce.
Commodoriani, avete apprezzato questo piccolo viaggio nel mondo di Wit Studio e della make-up animation? Fatecelo sapere nei commenti o sui nostri canali social.