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Narita Boy, la recensione: un’odissea vaporwave tra mondo digitale e sfera interiore

Ecco cosa ne pensiamo di Narita Boy, l’opera prima del team catalano di Studio Koba

La storia di Narita Boy parte da lontano, come spesso succede per le produzioni indipendenti dell’ultimo decennio videoludico. Un pregresso fatto di Backer e piattaforme di crowdfunding, di sogni e suggestioni, specie quando gli sviluppatori fanno parte di un team di una manciata di membri e sono alle prese con un esordio assoluto.

Useremo tante parole per raccontare e descrivere il titolo in esame, ma forse, per carpirne immediatamente la filosofia alle spalle, è sufficiente leggere la mission dei suoi autori sul sito ufficiale: “l’obiettivo di Studio Koba è creare esperienze uniche e bizzarre per il videogiocatore”. Una dichiarazione d’intenti che dev’essere tenuta bene a mente, mentre ci approcciamo all’analisi del titolo.

Perché Narita Boy, in maniera sia narrativa che metanarrativa, e spesso al di là di qualche difetto – perlopiù veniale – trascende il concetto di videogioco e sconfina in quello dell’arte visiva pura. Non solo dal punto di vista ‘meramente’ estetico, ma anche da quello dei messaggi – volentieri tra le righe – che la produzione ha intenzione di veicolare.

Ragion per cui, ci sembra doveroso premettere che i limiti riscontrati saranno trattati alla stregua di quanto succede in tutte le altre produzioni. A causa della forte impronta autoriale dell’opera, tuttavia, il giudizio globale sarà legato più all’apporto esperienziale che alla consueta bilancia tra pregi e difetti, essendo convinti che quest’ultima sia, tra quelli disponibili, l’indice meno rappresentativo dei valori ascrivibili alla stessa. Cominciamo! 

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Siamo nei primi anni ’80 ad Old York, un uomo trasandato e stanco trangugia noodles e lavora ad un PC da gioco, intento com’è a scrivere linee di codice. Il suo nome è Lionel Pearl e la camera dove opera è tappezzata di poster di sé stesso e della macchina a cui sta lavorando: Narita One.

Ad un tratto, una luce cremisi riempie lo schermo ed una figura umanoide priva Pearl dei sensi e delle proprie memorie. Stacco. Passaggio ad un’area periferica della città. Un giovane gioca a Narita One, il gioco? Narita Boy. La mamma entra, gli intima di filare a letto: si sta facendo tardi e non è il caso di perdere diottrie su quei quattro pixel a schermo.

Durante la notte, però, la console si riaccende e trascina il ragazzo in una dimensione parallela: il Digital Kingdom. Ad accoglierlo c’è una serie di messaggi preregistrati da MotherBoard, programma supervisore ed essere senziente che rivela al protagonista il ritorno dell’eclisse silente e l’attivazione del “protocollo Narita Boy”: toccherà a lui salvare il mondo digitale da un’antica minaccia in cerca di vendetta.

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HIM, è così che lo chiamano. Il suo obiettivo è quello di distruggere il nucleo della Trichroma, l’insieme di tre raggi – giallo, rosso e blu – che è il centro pulsante della computazione del Digital Kingdom. Lui ed i suoi Stallions furono banditi dal regno a causa di una cospirazione per imporre la propria casata del Rosso sui regni Giallo e Blu.

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Il nostro obiettivo da videogiocatori, quindi, sarà quello di fermarlo ancora. Dovremo viaggiare in lungo e in largo per il Digital Kingdom alla ricerca dei backup di memoria del Creatore, lo stesso Lionel Pearl d’inizio paragrafo, e permettergli di eradicare HIM dal codice sorgente di Narita.

Il titolo è profondamente story driven, e a dispetto di questa sinossi che sembra partorita da un frettoloso mash-up tra The Legend of Zelda e TRON, l’intreccio narrativo avrà molto da dire fino agli ultimi sgoccioli di gioco. Questo perché, ad ogni frammento di memoria riacquisito saremo in grado di rivivere, tramite flashback statici, stralci di vita del Creatore.

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Questi ultimi, che fungono da vero e proprio cambio di ritmo rispetto alla frenesia del resto del gameplay, sono anche segmenti illuminanti per capire a fondo i misteri e la lore della produzione, in un viaggio che si connoterà di caratteri molto più intimi ed emotivi di quanto prevedibile: chi è realmente Lionel Pearl Nakamura? Com’è arrivato a produrre Narita One e da dove nasce il Digital Kingdom? Cos’è e perché esiste il protocollo che ha portato il protagonista in un’altra dimensione? Qual è il reale piano di HIM? Chi è MotherBoard e chi lo stesso Narita Boy?

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Il tutto in un bailamme di simbolismi sia cromatici che geroglifici, dove nulla è per caso ed ogni cosa ha un significato nascosto e da scoprire, tramite sblocco dei ricordi del creatore e/o supposizioni logiche lasciate alla speculazione del giocatore. Uno svolgimento che legherà indissolubilmente sfera interiore, esperienze di vita vissuta e dimensione digitale in maniera semplicemente brillante e coinvolgente.

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Se la componente narrativa è decisamente promossa, il gameplay non può essere da meno. Arrivati nel Digital Kingdom armati del solo salto per evitare i nemici, noi ed il prode Narita Boy acquisiremo la Techno Sword, la spada della Trichroma. Nel corso della progressione, poi, verremo coadiuvati da una ventina di power-up anche legati a meccaniche esplorative.

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La presenza di potenziamenti nel comparto esplorazione non deve però trarre in inganno: il titolo resta un puro action-adventure 2D, ed anche di quelli molto lineari. Più simile ad un dungeon di Zelda II The Adventure of Link che ad un Symphony of the Night. Più vicino ad un Rondo of Blood che ad un Metroid.

Certo, ci sarà spazio per qualche ‘segretuccio’ – davvero ben celato e controintuitivo – ma, ad esempio, non avremo a che fare con backtracking di sorta: una volta mollata una zona sarà impossibile tornarvici, se non con la sempreverde opzione ‘New Game’. Serviranno occhi ben attenti, carta e penna o una buona memoria ed un pizzico di capacità deduttiva per venire a capo dei piccoli ‘puzzle’ opzionali, disseminati nei livelli di gioco. Una volta soddisfatti dell’esplorazione di un’area, dovremo essere ben consapevoli che non avremo modo alcuno di tornare sui nostri passi.

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Una precisa scelta da parte della produzione che potrebbe far storcere il naso a non pochi, ma che è coerente con la struttura da odissea one-shot che l’opera ha assunto nelle intenzioni degli sviluppatori. Nelle 6-8 ore di gioco proposte, Narita Boy tende infatti a stupire per varietà di scenari e situazioni. Accanto all’onnipresente combattimento e ad un blando platforming, ci saranno sequenze omaggio e citazioni ad opere videoludiche e non, anche precedenti agli 80ies, decennio d’ispirazione palese per il titolo.

Per tornare al discorso power-up, ora in ambito combat system, questi sono decisamente classici e vanno da un balzo potenziato ad un dash per evitare gli attacchi nemici; da una spallata utile per neutralizzare i mob scudati ad un fendente in picchiata; da un’abilità di cura ad un potente affondo, e così via.

Ovviamente non mancano poteri più ‘inusuali’ – purtroppo situazionali e non richiamabili a piacimento – ma sarebbe un delitto parlarvene in questa sede e rovinarvi un paio di sorprese ben congegnate: lasciamo a voi il piacere della scoperta in game, durante sequenze epiche che non mancheranno di rappresentare una notevole iniezione di adrenalina.

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Da segnalare diversi attacchi speciali, con cui alternare i fendenti della Technolama a nostra disposizione. Raggi laser e colpi di shotgun digitale saranno pane quotidiano, ma da un certo punto dell’avventura in poi sarà possibile anche entrare in risonanza con gli spiriti guida delle casate cromatiche. I “Legendary Dudes”, infatti, potranno essere evocati per scoccare poderosi attacchi ad area su di un gran numero di nemici.

In più, essi concederanno anche un potere basato sul raggio della casata corrispondente. Questo ci permetterà di aumentare di molto il nostro attacco contro mob specifici, dotati di aureole del colore identico al nostro, al costo di essere parimenti vulnerabili agli attacchi di quello stesso tipo di avversario.

Ulteriore nota di merito infine per le Boss Fight, nessuna snervante né sottotono, tutte diversificate e caratterizzate da un buon livello di sfida, senza scadere nella frustrazione. Complice un sistema di checkpoint forse anche troppo permissivo, che remerà un po’contro ai fanatici delle esperienze hardcore dure e pure.

Estetica Trichromatica e Synth-Sensei

Sull’estetica della produzione vale la pena soffermarsi in maniera specifica, essendo questa la risorsa che più salta all’occhio, ma anche la più grande delle barriere all’entrata. Lo diciamo senza mezzi termini: se soffrite di patologie legate alla fotosensibilità, statene alla larga. Non è uno scherzo.

Il titolo è un tripudio di filtri ed effetti di luce, dalle scanlines da tubo catodico – attenuabili dal menù opzioni – a molestissime luci al neon. Da particellari esplosivi ad atmosfere tra il vaporwave e l’outrun con un blur sparato ai limiti dell’umana sopportazione. Tutto grida: “ANNI 80” da ogni pixel, ma giocarci potrebbe rappresentare un serio rischio per la salute di determinati soggetti.

Ciò detto, per chi ama lo stile retro-futuristico e la cyberwave come chi vi scrive, Narita Boy rappresenterà la cosa più vicina al giardino dell’Eden in terra. Una pixel-art deliziosa a fare da contorno ad un’avventura animata benissimo che, per larghi tratti, rappresenterà un trip per i vostri bulbi oculari.

Ma i richiami estetici non si fermano ad una sola ispirazione: c’è tanto anche di Megaman, del fantasy medievale, di The Legend of Zelda, della tradizione nipponica, dei film di Sergio Leone… e molto altro ancora.

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Complice del successo visivo è l’ottimo utilizzo di Unity che, nelle giuste mani, si riconferma uno dei motori più versatili e d’impatto nella scena 2D. Sulla versione PS4 in nostro possesso, la fluidità si è mantenuta su ottimi livelli per tutta la durata dell’avventura. Purtroppo va segnalata l’insorgenza in un paio d’occasioni di crash del software, nel corso della nostra run.

In merito, va ribadito che non si tratti di problematiche così ricorrenti o penalizzanti, come pure che Studio Koba abbia garantito una patch al Day 1 per tutte le versioni, ed aggiornamenti costanti a seconda dei feedback della community.

L’ispirazione della art direction che vi abbiamo raccontato poc’anzi è superata solo da quella della direzione sonora. Curata personalmente da uno dei membri fondatori dello studio di sviluppo catalano: Salvador “Salvinsky” Fornieles, sound designer e compositore. I brani della soundtrack spaziano dal Chiptune all’Ambient, dal Future Funk al Jazz, passando per i cori classici, ma sempre con un occhio di riguardo per l’uso smodato dei synth. Semplicemente eccezionale, vi rimarrà impressa nella testa per i giorni a venire.

Approdando infine su note un po’ più amare, invece, va segnalata l’assenza – almeno nella versione review, solo in lingua inglese – di qualsivoglia localizzazione in italiano. Team17, publisher del gioco, ci ha spiegato che al lancio saranno presenti una moltitudine di idiomi tra cui scegliere, ma non siamo stati rassicurati in maniera specifica sulla presenza del nostro in particolare.

Pertanto ci limitiamo a mettervi semplicemente in guardia, ma in maniera tutto sommato ottimista sulla possibilità di giocare il titolo in italiano, che sia dal momento della release o in un prossimo futuro. Vi terremo aggiornati post-lancio per eventuali nuove in tal senso.

In conclusione…

In un mondo diverso, Narita Boy sarebbe considerato un acquisto obbligato senza se né ma. Nel nostro, invece, ci ritroviamo a discorrere del classico titolo “non per tutti”. Al netto di coloro ai quali è fortemente sconsigliato per ragioni di salute – patologie legate alla fotosensibilità – l’opera prima di Studio Koba infatti è in netta controtendenza col mercato attuale. Quello che bada più alla presenza di contenuto che alla sua qualità. Si erge quindi a baluardo della stessa, contro la cultura dei “titoli un tanto al kilo”, proponendo ai videogiocatori un’avventura compatta, autoriale e priva di compromessi.

Punta con coraggio e passione su di un’estetica quintessenziale nel genere di riferimento, su di una colonna sonora magnifica, sul voler offrire un’esperienza a tutto tondo. Senza però lesinare su di un combat system semplice ma di sicuro impatto, sia ludico che scenico. Vuole stupire ed essere nostalgico, in un’odissea retrofuturistica che rimarrà a lungo nella memoria di chi vorrà dargli una chance… HIM permettendo.

VOTO: 9.0

Vi ricordiamo che Narita Boy sarà disponibile su Nintendo Switch, PlayStation 4, PC ed Xbox Onesul GamePass al Day 1 – dal 30 marzo 2021.

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Angelo Basilicata

Angelo Basilicata

Gamer dall'età di 12 anni, cultore (o meglio "cultista") di Hidetaka Miyazaki dal 2009. vive la passione per i Vg da completista ed è un ragazzo semplice: mangia, gioca, ama

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