La bandiera del Kekistan è riapparsa nuovamente durante l’occupazione di Capitol Hill da parte dei pro-Trump, ma cosa rappresenta esattamente?
4chan, Pepe the Frog, World of Warcraft, alt-right. Questi sarebbero alcuni degli elementi chiave per riassumere molto rapidamente la storia del Kekistan e della sua bandiera verde, bianca e nera, ma non sarebbe comunque sufficiente.
Nel tempo, infatti, il Kekistan è stato sempre più associato alla realtà dell’alt-right e dei neo-nazisti, senza però comprendere il grande velo di ironia che vi sta dietro e l’origine effettiva del termine. Per questo motivo, per soddisfare le tante domande che magari vi sarete posti al riguardo, cercheremo di proporvi un articolo “tl;dr (too long, didn’t read)” per creare una sorta di “mappa” del Kekistan.
L’origine del Kekistan, da lol a kek
Il “Big Bang” che ha dato vita a questo presunto paese fittizio con tanto di bandiera, inno e divinità propria, è il famosissimo MMORPG World of Warcraft di casa Blizzard. Il termine che ha dato vita a tutto, infatti, è “kek”, non altro che il modo in cui gli orchi direbbero “lol” – acronimo per Lots of Laughs – nel gioco stesso. In poco tempo su 4chan e Reddit KEK è diventato una sorta di sinonimo a lol e niente di più.
Quando ci si è accorti, in maniera piuttosto casuale, dell’esistenza di una divinità egiziana chiamata Kek e definita come portatrice del caos e dell’oscurità, nei cosiddetti “covi dell’alt-right” si è associata tale parole all’immagine del gruppo di persone dedito alla distruzione dell’ordine mondiale esistente.
Tra ironia e immaginazione, con l’arrivo delle elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti e la candidatura del tycoon Donald Trump (recentemente bannato anche da Facebook in seguito alle rivolte a Capitol Hill) gli utenti di /pol/ su 4chan hanno iniziato ad associare KEK a Pepe the Frog e Donald Trump, in un mix alquanto bizzarro e – sottolineiamo – coperto da un velo di ironia.
Il KEK diventa una divinità, il Kekistan la terra promessa dei suoi credenti
In relativamente poco tempo, come ci spiega anche la pagina dedicata di Know Your Meme, Donald Trump è diventato la reincarnazione vivente di Kek, dando vita a un culto costruito per riflettere la politica dell’alt-right, condito da una teologia dettagliata, un’intera panoplia di artefatti della chiesa satirica e persino questa preghiera, che riporteremo in maniera integrale:
“Our Kek who art in memetics
Hallowed by thy memes
Thy Trumpdom come
Thy will be done
In real life as it is on /pol/
Give us this day our daily dubs
And forgive us of our baiting
As we forgive those who bait against us
And lead us not into cuckoldry
But deliver us from shills
For thine is the memetic kingdom, and the shitposting, and the winning, for ever and ever.
Praise KEK”
I meme sono dunque diventati la “magia” che permetterebbe all’alt-right di sopravvivere, di espandersi, di raggiungere nuovi seguaci e fedeli “kekistanis” sostenitori delle idee politicamente scorrette.
Verso dicembre 2016, in un altro thread su 4chan gli utenti hanno convenuto che fosse il momento giusto per comprare un’isola nei Caraibi e chiamarla Kekistan. Circa un mese dopo, sono nate la Repubblica del Kekistan, il subreddit /r/Kekistan con descrizione “C’è solo un Dio (Kek) e Pepe è il suo profeta”, e la vicenda è gradualmente evoluta in maniere quasi impensabili.
Kekistan tra politically correct e meme
Dopo i fatti accaduti tra dicembre 2016 e gennaio 2017, il Kekistan è rimasto “nascosto dai radar” per il resto dell’anno, fino a quando verso settembre Bungie via Twitter ha annunciato la rimozione di un simbolo presente in un’armatura del gioco Destiny 2 in quanto “associato all’odio”: quel simbolo era proprio il presunto emblema utilizzato nella bandiera del Kekistan, che potete vedere qui sotto, la cui estetica ricorda in maniera completamente voluta la Reichskriegsflagge nazista.
In quel periodo, così, c’è stato un boom nella notorietà del simbolo, addirittura fino al 2018 e fino i confini italiani. Mentre i media tradizionali di tutto il mondo, compresa La Repubblica in occasione di un comizio di Salvini, si limitavano ad associare la bandiera del Kekistan al mondo dell’alt-right e dei neo-nazisti, online l’utenza più giovane si sbizzarriva nel rendere questo fenomeno un meme più che un vero simbolo dell’estrema destra.
Un caso famoso è Big Man Tyrone, personaggio noto su YouTube per i suoi piccoli spot pubblicitari e sketch di vario tipo, anche se in alcuni casi ritenuti dai social justice warriors razzisti. Esempi celebri sono la frase “Every 60 seconds in Africa, a minute passes”, chiara presa in giro alle pubblicità di associazioni e organizzazioni come Save The Children; o ancora, il qui presente video dove Tyrone si mostra in divisa e con la bandiera del Kekistan, dato che il popolo lo ha eletto all’unanimità il primo presidente del paese fittizio.
L’ironia è chiara, e molti fedeli “kekistani” hanno ritenuto questa realtà una critica al politically correct; altri come Andrew Anglin del sito The Daily Stormer, chiaramente neo-nazista, hanno preso molto seriamente questo e altri meme. Per questo motivo, per lungo tempo online si è sparsa l’idea che Pepe the Frog fosse solamente un simbolo del neonazismo e che 4chan e i suoi utenti fossero tutti, esclusivamente membri dell’alt-right.
Eppure tutt’oggi Pepe è monkaS, monkaW, widepeepoHappy e molto altro su Twitch, una realtà completamente opposta all’alt-right.
E in Italia il fenomeno quanto si è diffuso?
Come citato sopra, anche La Repubblica è stata “trollata” dagli admin di Dio Imperatore Salvini, pagina satirica che nel 2018 divenne estremamente nota per portare contenuti simili a “God Emperor Trump” e altre realtà online simili. Tra meme e trollate, però, c’è sicuramente chi ha preso il tutto in maniera alquanto seria.
Ormai, infatti, il simbolo del Kekistan è associato continuamente all’alt-right: in Italia molte persone malinformate continuano a legare il fenomeno ad alcuni gruppi Facebook, o ancora, appena vedono il simbolo reagiscono in maniera spropositata giudicando la persona che ne parla o che ci ride sopra come un fascista o neo-nazista, senza cogliere il velo di ironia che ricopre questa realtà.
In ogni caso, tra esagerazioni varie, alla fine questa è la storia del Kekistan: la cosiddetta “terra promessa” dell’alt-right, che la si prenda sul serio o meno.
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