Call of Duty Black Ops: Cold War continua la scia positiva del predecessore
Come ogni anno videoludico che si rispetti, siamo di fronte alla nuovissima iterazione della saga sparatutto più famosa pubblicata da Activision, capace da sempre di numeri impressionanti e che dopo anni ha saputo rinnovarsi grazie ad un ottimo rilancio con Call of Duty: Modern Warfare, a cura di Infinity Ward. Oggi, la palla è passata nuovamente a Treyarch, con l’ausilio di Raven Software che ha curato la campagna singleplayer del titolo, assente dall’ultimo banco di prova di Treyarch stessa con Call of Duty: Black Ops 4. È arrivato il momento dell’esordio di Call of Duty Black Ops: Cold War, che ci riporterà proprio nel periodo della guerra fredda, combattuta tra Unione Sovietica e Stati Uniti, rincontrando alcuni dei personaggi più iconici della saga che nel lontano 2010 hanno appassionato milioni di utenti.
Lo spettro del nucleare
Cold War si muove sulla scia dettata dal precedente Modern Warfare, che a tutti gli effetti ha rappresentato un rilancio del franchise partendo da un motore grafico aggiornato pesantemente, pur mantenendo lo spirito che ha contraddistinto ogni iterazione. Il nuovo Black Ops si configura come un seguito diretto dell’originale approdato sugli scaffali 10 anni fa, che porta sullo schermo della generazione attuale e sulla next gen i caratteri narrativi peculiari della sottoserie di riferimento.
Intraprendendo proprio la nuova campagna della produzione, ci si accorge di un gradito ritorno per la serie, ovvero quello del sistema delle scelte morali in alcune occasioni della storia, che cambieranno il nostro percorso concretamente. Nei panni di “Bell”, un veterano che potremo definire all’inizio con la scelta di alcuni tratti peculiari – tra cui 2 perk statistici che influenzeranno la nostra efficacia negli scontri – prenderemo parte alle operazioni speciali della CIA assieme a nuovi e vecchi compagni.
L’avventura si aprirà nei panni di Mason, l’iconico protagonista del primo Black Ops, assieme al sergente Woods e Russel Adler, un agente speciale della CIA a capo dell’operazione, intenti a catturare un informatore, dopo un inseguimento forsennato sui tetti della città. L’azione si sposterà poi su una pista d’atterraggio per aerei dove partirà un altro inseguimento a bordo di veicoli verso un altro obiettivo cruciale per la missione, che in conclusione rivelerà un dettaglio molto importante per la narrativa. Apprenderemo che l’Europa è tenuta sotto scacco da un tale di nome (in codice) Perseus, grazie ad attacchi nucleari mirati in modo tale da far ricadere la colpa agli americani, grazie alla costruzione segreta di testate negli USA.
L’introduzione di nuovi elementi di gameplay, come la possibilità di farsi scudo con un corpo nemico, si innestano bene con la formula classica della serie, aggiungendo ulteriore immersività e credibilità alle vicende narrate, oltre che rinnovate possibilità d’approccio agli scontri. Tra una missione e l’altra ci ritroveremo in un piccolo rifugio adibito ad hub in cui muoverci e interagire con i membri della nostra squadra attraverso scelte di dialogo multiple, inizializzare le operazioni e scoprire dei segreti nascosti nell’edificio, sbloccabili attraverso specifici elementi da reperire in missione.
La presenza di incarichi secondari, meno interessanti ma comunque validi, affrontabili anche con l’aiuto di indizi reperibili durante la campagna per un lavoro pulito, enfatizza anche l’esplorazione delle aree che visiteremo, invogliando a setacciare ogni angolo in cerca di segreti e oggetti utili. La struttura delle missioni, tra inseguimenti, sparatorie e infiltrazioni, non mancherà di soddisfare le aspettative di ogni appassionato dall’inizio alla fine, tra sezioni più prevedibili di altre ma forti di un’ottima messa in scena a cui siamo abituati da anni.
Complessivamente, se lo scorso anno eravamo di fronte a una campagna estremamente patriottica, la filosofia contrapposta a quella di Infinity Ward vede una certa messa in dubbio dell’operato americano, intavolando un racconto che va oltre la definizione di bene e male. Deriva questa che si intreccia alla perfezione con il sistema di scelte morali che hanno un effetto concreto sulle vicende, interessando in minima parte le scelte culminanti della campagna. Sebbene non ne sia risultata una storia molto longeva – parliamo di circa 5-6 ore per portarla a compimento – siamo di fronte ad un’ottima interpretazione ed evoluzione del Call of Duty singleplayer: breve ma intenso, con colpi di scena impattanti, e soprattutto rigiocabile grazie ai finali multipli e alle dinamiche scaturite dalle varie scelte.
Multiplayer solido con qualche riserva
Come in ogni Call of Duty che si rispetti, immancabile è la modalità multiplayer online, in cui investire svariate ore in un numero vastissimo di contenuti tra modalità e armi da sbloccare e personalizzare. Tra le modifiche più importanti alla formula classica proposta dalla serie, troviamo un sostanziale cambiamento alle score streak, ottenibili anche oltre la morte del proprio soldato, sempre in ampia scelta per soddisfare ogni esigenza tattica dei giocatori.
Per quanto riguarda la gestione delle classi e dell’armamento, non ci sono modifiche degne di nota rispetto a Modern Warfare, riprendendo il classico sistema gestionale, esteso anche all’interno della partita già avviata, che funziona egregiamente. Tra canne, calci, ottiche e caricatori, le possibilità di personalizzazioni risultano immense, tuttavia questo tende a minare il bilanciamento generale del comparto multiplayer, che ci è parso altalenante a più riprese.
Il numero delle bocche da fuoco che potremo utilizzare è di tutto rispetto, e vede il ritorno di armi molto care alla serie Black Ops, che insieme alle 3 canoniche specialità impostabili, andranno a comporre le classi personalizzate, senza dimenticare le granate tattiche e letali, quest’ultime con un inedito rallentamento nell’innesco pre-lancio. Tornano i potenziamenti da campo, in grado di fornire un gadget utile per diverse situazioni che può supportare il nostro operato sul campo, previa ricarica di un’apposita barra. È giusto constatare che, allo stato attuale, il multiplayer soffre di uno sbilanciamento generale, dove alcune armi si dimostrano più affidabili di altre in più occasioni, rendendo le restanti più deboli negli scambi di proiettili più serrati.
Anche il level design delle 8 nuove mappe multigiocatore presenti al lancio non entusiasma e in alcuni casi mal si adatta a specifiche modalità in cui viene richiesto il mantenimento di una posizione. Nel complesso, l’esperienza risulta indubbiamente godibile, complice una balistica generale interessante e un’ottima responsività pad alla mano, interessata da una vibrazione del pad rivista e più precisa su PS4. Nuove modalità come Scorta il VIP, in cui scortare un giocatore bersaglio da una parte all’altra della mappa evitando che venga ucciso, contribuiscono all’offerta contenutistica della produzione, che come ogni anno risulta di grande valore, anche a fronte del ritorno del sistema di prestigio. Anche Warzone, la celebre modalità battle royale introdotta su Modern Warfare, farà il suo ritorno nel menù principale di gioco con l’arrivo della prima stagione del titolo, e siamo curiosi di scoprirne le eventuali novità.
Il ritorno di Zombie, tra classico e moderno
Nel tempo abbiamo imparato che Treyarch è sinonimo di zombie, e nella sua nuova iterazione non poteva mancare di certo tale modalità, che porta con sé alcune novità interessanti. In primis, la nuova mappa dedicata Die Machine, ambientata in un’iconica zona del passato più ampliata che i fan storici noteranno immediatamente, con altrettanti segreti e possibilità. Ad esempio, nei round faranno la comparsa dei mini boss, i Megaton, zombie mutati molto resistenti e potenti, oppure potremo potenziare le armi fino a 3 volte per incrementare drasticamente i danni inflitti, o ancora applicare modifiche elementali alle bocche da fuoco.
Tornano poi le canoniche bibite, con qualche assenza, che garantiscono perk utili per la sopravvivenza in più round, in una mappa piccola ma dall’alto potenziale costruttivo, ricolma di punti di interesse, dove tornano ovviamente le casse randomiche delle armi. L’implementazione di una minimappa con annessi simboli, e la barra della salute per ogni zombie, semplifica di molto l’esperienza, che non per questo si rende più affabile ai round più alti.
Prima di iniziare una partita dovremo scegliere una delle classi personalizzate che vengono utilizzate anche nel multiplayer, a riprova dell’unificazione dei due sistemi introdotto negli ultimi anni, partendo dunque con un equipaggiamento migliore di una classica 1911, per poi gettarci in round infiniti o selezionare la modalità che si limita a 20 round. Ogni 10 round tuttavia, sarà possibile richiamare un elicottero di estrazione per terminare anticipatamente la sopravvivenza, dopo aver sgomberato l’area di atterraggio, al fine di ottenere ricompense migliori.
Fa il suo ritorno anche Dead Ops Arcade, che i fan ricorderanno con un sorriso, reinterpretando una sopravvivenza zombie arcade con visuale dall’alto e diverse aree da visitare in sequenza tra potenziamenti assurdi e grandi calibri. In esclusiva temporale PlayStation troviamo anche Carneficina, una modalità affine che consiste nella classica sopravvivenza zombie nelle mappe dedicate al multiplayer, che seppure non brilli per costruzione, sa offrire una sfida alternativa alla classica sopravvivenza su più round, tenendoci impegnati nell’inseguimento di un nucleo d’energia che delimita periodicamente la zona sicura in cui sopravvivere a orde di zombie.
Sporcizia grafica con ottimi canoni sonori
Sul fronte grafico e tecnico, su PS4, il gioco appare in forma come il predecessore, seppur decisamente più sporco nel comparto multiplayer rispetto a Modern Warfare del 2019. L’IW Engine aggiornato si ridismostra all’altezza delle aspettative, grazie ad un ottimo comparto d’illuminazione, che ottiene ulteriore risalto nella campagna, dove è possibile trarre il meglio da ogni zona visitata. La modellazione poligonale risulta efficace e ben implementata per valorizzare ogni personaggio su schermo nell’espressività. I 60 fps classici della serie vengono mantenuti abbastanza di frequente anche su PS4 Standard, tranne in alcuni frangenti dove è possibile avvertire un po’ di stuttering, ma nulla di eclatante.
L’esperienza nel complesso, si mantiene solida e non si discosta molto dai canoni classici del brand. Nulla da eccepire per quanto riguarda il comparto sonoro del titolo, che si mantiene sugli ottimi livelli del predecessore, capace di un’ottima immersività tra effetti e doppiaggio italiano. Vale la pena notare che l’intelligenza artificiale non ha subito cambiamenti rispetto al passato, laddove forse è lecito, agli sgoccioli del 2020, un ripensamento degli schemi nemici dopo molti anni del medesimo approccio, a fronte anche di campagne meno longeve e più intense.
Conclusioni
Call of Duty Black Ops: Cold War rappresenta uno step convincente oltre l’ottimo Modern Warfare dello scorso anno, portando con sé una campagna ben scritta e ricca di possibilità di approccio, con scelte morali impattanti. Il multiplayer si riconferma solido e colmo di contenuti, con qualche sbavatura grafica e strutturale in alcune mappe. La modalità zombie, che da sempre accompagna le produzioni Treyarch, si riconferma una colonna portante dell’ideologia alla base degli sparatutto della software house di Santa Monica, e fa un ritorno in pompa magna unendo il classico ad aggiunte gradite, sebbene si presenti con una sola mappa nel periodo iniziale.
L’offerta verrà ampliata nel tempo ed è lecito aspettarsi nuovi contenuti gratuiti di grande impatto nell’anno a venire, grazie ad una politica post lancio sicuramente più interessante delle scorse edizioni. In sostanza, chi si aspettava una rivoluzione in innovazione potrebbe restare deluso, ma se attendevate una nuova iterazione di CoD, targata Treyarch, con tutto ciò che ne consegue in positivo, al netto di qualche incertezza tecnico-grafica rispetto al più recente Modern Warfare, allora questo nuovo Black Ops Cold War è ciò che fa per voi.
Voto: 8.5
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