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“Ciao, ottava gen. Grazie di tutto”, firmato DRCOMMODORE

Il nostro commiato all’ottava gen di console, ai suoi titoli ed alle sue peculiarità… in attesa della nona

Il cloud gaming è il futuro”. Quante volte ci siamo sentiti ripetere queste parole? Quante volte a pronunciarle siamo stati noi stessi? Senz’altro tante; eppure, in questo atteggiamento progressista perfettamente coerente rispetto alla forma mentis del videogiocatore medio, ogni tanto – ed anche più di ‘ogni tanto’ in questi anni – è fisiologico che faccia capolino, anche tra i gamer tutti d’un pezzo, la componente nostalgica insita in ogni essere umano.

Su di essa si basa il fiorente mercato dei remake, ma non solo: il momento di massimo splendore per questo incontro-scontro tra innovazione e tradizione è senz’altro quello dell’upgrade generazionale. Ogni sei o sette anni circa, è impossibile non farsi trascinare dal fascino e dalla magia delle nuove console; ma è ugualmente complicato evitare il magone per le compagne d’avventura che dovremo riporre in soffitta.

Gli anni passano, cambiano i metodi di fruizione, eppure siamo sempre lì ad aspettare la next-gen con un’attenzione quasi morbosa ad ogni dettaglio. Tutte le volte che nuove macchine da gioco sono in procinto di uscire ci diciamo: “Questa è l’ultima”, eppure non è mai così.

Si tratta di una convinzione non campata per aria, anzi, è alimentata da PC sempre più performanti ed user friendly, oltre che da servizi alla ‘Netflix dei videogiochi’ già esistenti o di prossima uscita. Sia che si tratti di quelli che permettono il download digitale che degli altri, quelli totalmente in cloud. Soprattutto questi ultimi, a dire il vero, non necessitando di hardware di sorta per funzionare e ponendosi in perfetta antitesi rispetto al concetto stesso di ‘nuova generazione videoludica’.

Poi però la realtà è pronta a smentirci ed a farci ricredere. Il numero di preordini di cui gode la generazione entrante è sempre di più un fattore. Parliamo di un mercato che non sembra conoscere crisi e che non solo non accenna a frenare ma che, al contrario, assume ad ogni cambio generazionale contorni più ampi.

Insomma, con buona pace degli irriducibili avanguardisti dello streaming videoludico e degli utenti PC, bisogna rilevare un’evidenza incontrovertibile. Ciò che è ancora oggi uno dei punti di forza assoluti dei nuovi hardware presentati da Sony, Microsoft e chissà, anche Nintendo nel prossimo futuro: sono le console a scandire le generazioni videoludiche, e così sarà ancora per molto tempo.

Se una generazione arriva, dunque, un’altra se ne va. E quella che ci lasciamo alle spalle, l’ottava, è stata tutt’altro che trascurabile. Sia rispetto alle sue peculiarità che per le incredibili esperienze che ha donato ai videogiocatori. Immergiamoci quindi in questo viaggio attraverso il tempo per affrancarci dalla generazione corrente, ringraziarla di tutto ciò che ci ha dato e fare i nostri migliori auguri a quella che verrà.

ottava generazione

Un inizio claudicante

Se il ‘buongiorno’ si vede dal mattino, l’ottava gen avrebbe dovuto essere disastrosa. Ad aprire le danze infatti è stata la sfortunatissima Wii U, console bistrattata in lungo e in largo, a torto o a ragione, e che ha rischiato seriamente di decretare l’uscita di scena di Nintendo dal mondo delle console casalinghe – per certi versi, anche riuscendoci.

Con l’esordio delle nuove ammiraglie firmate Sony e Microsoft, poi, la situazione non si è affatto ribaltata. PS4 ed Xbox One proseguivano la tradizione inaugurata dalle loro controparti in settima gen, restituendo all’utenza delle macchine ‘nate vecchie’, per specifiche tecniche nettamente inferiori ai PC.

L’azienda di Redmond, in particolare, era pronta ad apparecchiarsi una debacle di proporzioni ciclopiche, a causa di scelte scellerate da ricondurre alla persona di Don Mattrick. Always Online, Kinect sempre attivo e blocco dell’usato misero in cattiva luce la console ancora prima che uscisse, decretandone una generazione da passare a rincorrere la concorrenza, anche dopo essere ritornati su quelle decisioni e senza mai averle messe in pratica.

Uno scenario globale non confortante, reso pessimo dalle prime uscite cross-gen e non. Intendiamoci, tra 2013 e 2014 uscirono anche prodotti che oscillano tra il valido e l’estremamente tale – Bayonetta 2, Destiny o i controversi Dragon Age: Inquisition e Dark Souls II, ad esempio – ma la sensazione che si trattasse del preludio ad un periodo di magra videoludica aleggiava prepotentemente nell’aria.

ottava gen

Sicuramente si tratta di una sensazione familiare per qualcuno anche oggi, nonostante le line-up di ottava e nona generazione non abbiano obiettivamente nulla da spartire. Il nostro sentimento è mitigato proprio sulla scorta dell’esperienza di cui si discorre: un inizio poco promettente non è sempre indicatore di una generazione sottotono. Ci sbagliavamo allora e, probabilmente, lo fa anche chi è vittima delle stesse vibrazioni ora. Eccome se ci sbagliavamo!

Prime grandi esperienze

I primi squilli da parte dell’ottava generazione arrivano, manco a dirlo, con l’abbandono della zavorra costituita dalla gen precedente. Tra 2015 e 2016, PS4 ed Xbox One diventano mature e riscattano una giovinezza, come detto, turbolenta. Gli sviluppatori iniziano a capire come interfacciarsi al meglio agli hardware a loro disposizione e permettono alla generazione, al di là di qualche inarrivabile picco sparso, di chiudersi in crescendo.

Proprio tra quei giochi che figurano sia tra le prime esperienze di peso che, al contempo, tra i veri e propri apici generazionali, non possiamo non annoverare The Witcher 3: Wild Hunt. Il terzo capitolo della saga dedicata allo strigo ha posto sotto i riflettori l’enorme talento di CD Projekt RED nel word building e nello story telling, sdoganando l’azienda polacca nei confronti del pubblico mainstream.

Come pure indimenticabile è il contribuito alla generazione di titoli come Bloodborne, ancora oggi uno degli incubi preferiti della numerosissima schiera di fan che From Software ha saputo coltivarsi nel tempo; l’agrodolce esordio di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain; la rinascita di un brand storico come Doom, culminata in uno spettacolare Doom Eternal ed il ‘vero terzo capitolo’ della saga di Nathan Drake con Uncharted 4: La Fine di un Ladro.

Console mid-gen e prima ibrida

Quella che accinge a concludersi è stata anche una generazione di prime volte. Oltre alle canoniche revisioni, infatti, l’ottava gen ha segnato l’esordio per le console mid-gen alla fine del 2016: delle controparti evolute in tutto e per tutto rispetto alle versioni standard di tre anni più vecchie.

PS4 Pro ed Xbox One X, però, non hanno rappresentato la peculiarità più curiosa della generazione. A ricevere lo scettro in tal senso non può che essere Nintendo con la sua Switch. L’ex Progetto NX si è rivelato qualcosa di diverso sia da un restyling che da una forma avanzata di Wii U, avendo la pretesa di diventare in una sola istanza sia la nuova console casalinga della grande N che l’erede spirituale del mitologico 3DS.

https://www.youtube.com/watch?v=f5uik5fgIaI

Se non si tratta di un inedito assoluto, l’essere un ibrido tra il fisso ed il portatile, lo è stato sicuramente tra le major del mercato videoludico. Mai prima di allora uno dei grandi marchi storici dell’intrattenimento digitale aveva osato tanto. Un’idea che, col senno del poi e dati di vendita alla mano, non possiamo che giudicare vincente. Anche solo per il fatto di essere, a nostro parere, la macchina perfetta su cui fruire di un catalogo indipendente sempre più nutrito: Hollow Knight, Celeste, The Return of the Obra Dinn, Hades, Undertale e Dead Cells sono solo alcune delle perle provenienti da quel fiorente mercato, durante l’ottava gen.

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La partenza, poi, è stata la più proverbiale di quelle col botto! Avere al lancio la possibilità di giocare un capolavoro come The Legend of Zelda: Breath of the Wild non ha che giovato ai numeri delle unità piazzate. Come poteva essere altrimenti? Il reboot della storica saga miscela sapientemente lo spirito esplorativo delle origini a features del tutto inedite come l’interazione ambientale con i quattro elementi. Chi vi scrive ama definirlo, più che il migliore open world su piazza, ‘l’unico vero open-world mai concepito’.

I meriti dei Battle Royale

Nonostante la riluttanza ad accettarlo da parte dei videogiocatori di vecchia data, è impossibile non citare tra le singolarità generazionali – come enorme fenomeno di costume, ma non solo – i Battle Royale. Inaugurato con PUBG, il sottogenere diventa mainstream grazie a titoli come Fortnite nella modalità dedicata ed Apex Legends.

Un numero prestabilito di giocatori si sfida online, ne resta solo uno. La mappa si restringe, le armi vanno reperite e cambiano di partita in partita a seconda del punto di spawn sulla mappa di gioco. Una formula semplice ma incredibilmente funzionale e divertente, talvolta impreziosita da meccaniche collaterali più o meno importanti all’interno del computo totale del gameplay, a seconda del titolo.

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Per quanto questo tipo di prodotto non goda del favore di tutti i videogiocatori, come detto, sarebbe intellettualmente disonesto negare ai Battle Royale determinati meriti: sovente piazzati nel formato free to play, essi abbinano alla facilità d’uso anche quella di fruizione, diventando un punto d’accesso immediato ed indolore all’interno del medium per milioni di gamer in erba; inoltre, a mo’ di ‘fast food’ videoludici, permettono l’esecuzione di partite sporadiche anche a chi, per problemi di voglia, impegni o lavoro, non ha intenzione d’interfacciarsi a titoli totalizzanti e dalla durata spropositata. Si tratta di ottimi scacciapensieri, fanno ciò che devono nel migliore dei modi.

Epic Games, inoltre e nello specifico, sembra intenzionata a sfruttare Fortnite anche per modelli di business all’apparenza lontani dai videogiochi. Ne sono testimonianza la premiere del trailer di Tenet o lo spettacolare evento ‘Astronomical’ di Travis Scott. Risorse preziose in un periodo buio come quello in cui ci troviamo a vivere.

Una montagna di Remake

Altra tipicità della seconda metà della gen è senz’altro la saturazione del mercato dei Remake. Ne parlavamo nell’introduzione: la nostalgia è un fattore determinante all’interno del settore videoludico, in ottava gen più che nelle altre. Lo dicono i numeri, lo dicono i fan. Allora ecco i ritorni sulle scene di numerosi classici direttamente dalla quinta generazione e non solo:

Spyro Reignited Trilogy, Crash N’Sane Trilogy, Mafia Definitive Edition, Shadow of The Colossus e MediEvil sono solo alcuni esempi tra i tanti; peraltro si parla di produzioni che hanno goduto di buona cura, effettuate col rispetto che si confà al mettere le mani letteralmente sui ricordi dei videogiocatori.

Tra questi, però, i più riusciti sono senz’altro quelli di Final Fantasy VII e Resident Evil II. Soprattutto il secondo, capace com’è stato di certificare una rinascita di Capcom avviata da titoli come Resident Evil VII e Monster Hunter World per poi essere confermata dal successivo Devil May Cry V, prima del mezzo passo falso di un altro atteso rifacimento: Resident Evil III.

Da segnalare infine, pur non trattandosi del remake di un titolo ma rimanendo nel campo della nostalgia, il ritorno in grande spolvero di una compagnia storica del settore: RARE con il suo pittoresco Sea of Thives.

La concorrenza del Cloud Gaming ed i servizi

Qualcuno troverà questo paragrafo superfluo, vista l’introduzione. C’è però da fare i conti con una realtà di fondo: per quanto le generazioni di console viaggino, per definizione, su binari separati rispetto a tecnologie – senz’altro straordinarie ed epocali – come quella del cloud gaming, non si può far a meno di constatare che, anche solo cronologicamente, i primi tentativi andati a buon fine di questo paradigma siano da annoverarsi all’interno dell’ottava gen. Banalmente, il semplice fatto che i primi titoli giocabili in streaming della storia siano un elemento comune ad entrambi i mondi, rende gli stessi ‘giocatori della medesima partita’… seppure in schieramenti opposti, se vogliamo.

Tra i tanti player intenzionati a prendersi una fetta di questo mercato – basti pensare ad Nvidia con il suo peculiare GeForce Now – ci sono anche Google ed Amazon, che hanno deciso scendere in campo rispettivamente con Stadia e Luna. Eppure, l’impressione è che a spuntarla potrebbe essere Microsoft con il suo Project X Cloud.

Logo Xbox Game Pass

Questo perché, ad oggi, si tratta dell’unica parte capace di prestare un servizio che permette alla propria utenza di giocare ad un intero catalogo dietro il pagamento di un singolo canone: il GamePass. Un elemento che, da solo, è stato in grado di rimettere in carreggiata la compagnia dopo le vicissitudini al lancio di cui si è discorso.

Un cambio di politica che dimostra l’enorme lungimiranza di Phil Spencer – ora a capo della divisione Xbox – e che fa ben sperare i tanti fan della casa di Redmond. Mettere in correlazione cloud gaming ed offerte del genere non mancherà di spostare gli equilibri nel prossimo futuro.

Il rush finale: i ringraziamenti sono una cosa complessa

Legandosi alla massima latina del ‘dulcis in fundo’, l’ottava generazione ha destinato alla sua torta d’addio diverse ciliegine. Non ci resta che citare alcuni di questi titoli – tra quelli che non sono già comparsi in queste righe per altri motivi – ed augurarci che la nona generazione possa regalarci altrettante emozioni.

Cominciamo dall’ultimo Game of the Year, Sekiro: Shadows Die Twice, ovvero la sublimazione degli ultimi 10 anni di Hidetaka Miyazaki & Co. In un unico videogame; passando per due grandissimi esponenti del picchiaduro come Dragon Ball FighterZ e Smash Bros. Ultimate; Proseguendo la carrellata con l’ultima fatica di Remedy: l’artisticamente ispiratissimo Control o le produzioni Arkane, il bistrattato Prey su tutte, l’epocale ritorno sulle scene di Half-Life con Alyx ed il suo modo eccezionale di sfruttare il VR o il mastodontico Red Dead Redemption 2 con l’indimenticabile epopea di Arthur Morgan.

ottava gen

Concludendo il discorso con tre delle migliori esperienze di sempre in casa Sony: il visionario Death Stranding, che ha riscritto le regole dell’hype internettiano ed ha scosso – non senza controversie – il mondo dei videogiochi col suo gameplay peculiare. Il reboot/sequel di God of War, che è stato capace di risollevare dalle proprie ceneri un hack&slash che aveva perso la bussola dopo il terzo capitolo. Infine, l’opera magna di Naughty Dog: The Last of Us Parte II. Il titolo che più di tutti ha rappresentato il punto d’incontro tra videogames e cinema d’autore, senza dimenticare l’ottima cura riposta nel comparto tecnico. Un vero e proprio miracolo per il fatto di dover girare anche su di un hardware vecchio 7 anni.

Siamo agli sgoccioli, proprio come l’amata current-gen, e la sgradevole sensazione di aver dimenticato qualcosa o qualcuno d’imporante fa insistentemente capolino. Come in ogni discorso di ringraziamento, la testa è affollata da mille pensieri ed è difficile non scontentare nessuno. L’importante è sapere in cuor nostro che tutte le esperienze, anche quelle che la nostra distrazione ci ha impedito di citare, facciano parte del nostro bagaglio culturale non solo come videogiocatori ma come persone.

Dobbiamo ammettere che non è semplice riassumere in poche righe anni ed anni di storia videoludica e ci scusiamo se il testo non è sempre risultato oranico: gli addii sono così, impetuosi e travolgenti, un fiume in piena d’emozioni. Cercare di controllarsi non solo è impossibile, ma anche deleterio.

Ecco dunque che chiediamo il vostro aiuto, utenti di drcommodore.it e appassionati tutti. Fateci sapere voi quali titoli abbiamo colpevolmente omesso o quali, tra quelli citati, vi hanno fanno dire almeno una volta in queste ultime settimane: “Ciao, ottava generazione. Grazie di tutto”.

 

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Angelo Basilicata

Angelo Basilicata

Gamer dall'età di 12 anni, cultore (o meglio "cultista") di Hidetaka Miyazaki dal 2009. vive la passione per i Vg da completista ed è un ragazzo semplice: mangia, gioca, ama

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