Fate è pieno di personaggi interessanti, originali e non, sui quali prima o poi vorrei soffermarmi.
Fino ad ora, con i miei due articoli su Shirou e quello su Gilles de Rais mi sono soffermata su due dei protagonisti dei prodotti legati al canone principale.
Oggi parliamo di Medea.
Evocata con la classe Caster in Fate/Stay Night, Medea non spicca in tutte le route; brilla soprattutto nella seconda , mentre nella terza si ritrova esclusa dalle vicende abbastanza rapidamente. Più spazio le viene invece dedicato in Fate/Hollow Ataraxia e nella trasposizione animata di Unlimited Blade Works.
Ma perché ho scelto Medea? Perché lei come primo personaggio femminile del quale parlare, fra tutti quelli a disposizione?
Molto semplice: Medea è un’icona scolpita nella nostra memoria collettiva e nella nostra storia. È impossibile in Occidente non aver sentito anche solo nominare la tragedia di Medea.
È uno dei personaggi più crudeli, complessi, spietati e al tempo stesso umani che siano mai stati rappresentati nella letteratura.
Il modo in cui è descritto il suo conflitto interiore, la sua rabbia mista a disperazione, la sua lucidità, può suonare molto familiare a chi si approccia oggi alla lettura. Numerosi personaggi prendono spunto da Medea e dall’ambivalenza con cui viene rappresentata magistralmente nella storia della letteratura greca e successiva.
Medea è lucida, eppure spietata, è razionale, eppure folle, dominata dalla pena e dalla sofferenza, dalla rabbia e dal desiderio di vendetta. Ama i figli, ma non gioisce nel vederli felici. Prima vuole far soffrire Giasone a qualunque costo, subito dopo si chiede se valga davvero la pena procurare a se stessa il doppio del dolore, solo per vedere soffrire lui.
Medea è attuale, in qualsiasi epoca, per chiunque.
Medea nella tragedia classica
Principessa della Colchide, moglie di Giasone, infanticida, strega: sono numerose le immagini che ci vengono in mente se pensiamo a Medea.
Di Medea sappiamo che lasciò la Colchide per seguire Giasone, per amore del quale tradì il padre e uccise il fratello. Nonostante il matrimonio, la donna verrà successivamente ripudiata da Giasone, intenzionato a sposare la figlia del Re di Corinto.
Esiliata, minacciata e respinta, Medea decide di non sottomettersi e inizia a progettare vendetta nei confronti degli uomini, che per tutta la vita hanno voluto solo usarla e sottometterla.
Scritta da Euripide e messa in scena a teatro per la prima volta in occasione delle Grandi Dionisiache del 431 a.C., la Medea rappresenta uno dei primi tentativi in assoluto di emancipazione femminile.
La denuncia di Medea
I temi messi in scena dall’autore sono estremamente attuali: la condizione della donna e quella dello straniero lontano dalla propria casa. In entrambi i casi, attraverso i discorsi di Medea vediamo una denuncia chiarissima contro la società greca del tempo e, infondo, anche contro la nostra.
Già all’inizio della tragedia Medea rivolge agli spettatori un discorso destinato ad echeggiare nelle pagine della storia e ad arrivare fino a noi:
“Tra tutti gli esseri umani che sono dotati di anima e hanno intelletto, noi donne siamo la razza più infelice: in primo luogo bisogna che noi ci compriamo a peso d’oro un marito e prendiamo un padrone del nostro corpo […]. Ma lo stesso ragionamento non vale per te e per me; tu hai questa città e la casa di tuo padre, comodità di vita e compagnia degli amici; io, invece, poiché sono sola e senza patria, sono oltraggiata da mio marito, dopo essere stata portata via come bottino da una terra barbara, senza madre né fratello né parente per trovare rifugio da questa sventura.”
Medea è infelicissima, e non solo per la sua condizione di donna, ma anche per il fatto di essere una straniera, circondata da nemici, da gente che per una sola parola di Giasone mai più si fiderà di lei.
Le danno della strega, la allontanano, e d’altra parte la donna non ha né una famiglia a proteggerla, né una casa paterna alla quale può fare ritorno. Ormai ha tradito la propria famiglia, e in ogni caso è fin troppo diversa da quando è partita: tornare indietro sembra fuori questione.
Questo è un elemento che Nasu, nelle visual novel di Fate/Stay Night e in Fate/Hollow Ataraxia, mette più volte in evidenza.
L’ambivalenza del personaggio
Medea è uno dei personaggi più tormentati che la tradizione classica ci ha lasciato. È anche una fra i più spietati, capace di far morire fra le fiamme la nuova moglie di Giasone e di uccidere i figli, solo per vedere l’uomo che l’ha tradita soffrire.
Negli Argonauti uccide il fratello, solo per amore di quell’uomo, e si rende partecipe dell’omicidio del re Pelia e delle sue figlie. Questi eventi sono magistralmente raccontati in Fate/Hollow Ataraxia: in questo, Nasu racconta che Medea era stregata da un incantesimo di Afrondite e si risveglia da esso solo durante l’omicidio del re Pelia e il conseguente suicidio delle sue tre figlie.
Ho davvero imparato le arti magiche per questo, si chiede? È giusto ciò che sto facendo?
Eppure, nonostante i dubbi morali, a Medea non importa. Non ancora, almeno.
Finché potrà stare al fianco di Giasone, finché l’uomo che ama le rivolgerà un sorriso, lodandola, dicendole che ha fatto bene, allora Medea si dice disposta a sopportare qualsiasi cosa, a macchiarsi di qualunque crudeltà. E tuttavia, chiudendo gli occhi, la principessa realizza che non ha mai sentito Giasone pronunciare parole tanto gentili nei suoi confronti.
In Fate/Hollow Ataraxia è chiara la sofferenza di Medea, il suo conflitto interiore palpabile, così come il suo disperato tentativo di vivere aggrappata all’illusione che Giasone la ami veramente.
Non ha nient’altro, dopotutto. Ha abbandonato tutto, ha tradito tutti, solo per lui: cosa le rimarrebbe se accettasse che anche l’affetto dell’uomo che ama è in realtà un’illusione?
L’omicidio dei figli
Al di là delle vicende degli Argonauti, il personaggio di Medea è famoso soprattutto per i delitti associati al suo nome. Come ho detto, ha ucciso i suoi figli per vendicarsi del tradimento di Giasone.
Euripide nella sua opera mette in scena una Medea tremendamente umana, tormentata fino all’ultimo, spinta persino alle lacrime alla sola vista dei suoi figli con la consapevolezza di ciò che sta per fare loro.
Il tormento di Medea è ben visibile durante tutta la tragedia, durante un canto che il coro le rivolge e un suo monologo prima del delitto.
Il coro, in particolare, la prega di non farlo, di ripensarci, la esorta a scappare coi figli e le ricorda che nessuna terra la accoglierà, dopo ciò che sta per fare.
“No, no, per le ginocchia ti scongiuriamo con tutte le nostre forze, non uccidere i bambini. Da dove prenderai il coraggio morale, il coraggio necessario alla tua mano, per avventare i colpi della orribile audacia al cuore dei tuoi figlioli? Come gettando gli occhi sui bambini sosterrai senza lacrime la parte dell’assassina?”
Medea è pienamente consapevole di tutto ciò. È tormentata, lacerata fra l’amore materno, che la implora di prendere i suoi figli e fuggire lontano da Corinto, e la sua parte più spietata, che desidera vendicarsi contro Giasone.
Il tormentato monologo di Medea
È al termine della tragedia e di un duro e disperato monologo interiore che Medea riesce a prendere la sua decisione:
“Perché mi guardate con i vostri occhi, figli? Perché mi sorridete con l’estremo sorriso? Ahimè, che devo fare? Infatti il coraggio mi è venuto meno, donne, non appena ho visto lo sguardo luminoso dei miei figli. Non potrei; addio vecchi propositi, condurrò via i miei figli dal paese; perché devo, arrecando dolore al padre di questi con il loro male, procurarmi io stessa due volte tanti mali? […]. Eppure, cosa mi succede? Voglio essere oggetto di scherno, lasciando impuniti i miei nemici? Bisogna osare queste azioni. Ma che viltà la mia, l’aver anche solo fatto entrare nella mente pensieri deboli.”
Il monologo non finisce qui: rappresenta una parte molto lunga della tragedia, proprio a sottolineare quanto il personaggio di Medea sia scisso fra due dimensioni opposte, ambivalente e contraddittorio, eppure, proprio per questo, incredibilmente umano.
“No, davvero, o cuore, proprio tu non fare questo! Lasciali, sciagurato, risparmia i figli: vivendo là con noi ti rallegreranno. Per i demoni inferi dell’Ade, non accadrà mai questo, che io lasci i miei figli ai nemici perché li oltraggino. Comunque è inevitabile che essi muoiano; e poiché è necessario, li ucciderò io che li generai.”
In un ultimo, disperato momento, prima di compiere il terribile gesto, Medea si rivolge ai propri figli, mostrandosi pienamente consapevole del crimine che sta per scommettere, e che mai troverà redenzione da questo.
“Non sono più capace di guardarvi, ma sono vinta dai mali. E sono consapevole di quali mali sto per compiere, ma più forte dei miei propositi è la passione, che è la causa dei più grandi mali dei mortali.”
Medea in Fate/Stay Night
Medea viene spesso descritta in Fate/Stay Night con aggettivi ed epiteti come infelicissima, sventurata, disgraziata: tutti aggettivi che vengono utilizzati anche nella tragedia classica per riferirsi a lei. Questo indica già una prima, forte continuità fra la scrittura originale del personaggio e il modo che Nasu usa per consegnarcela.
In Fate/Stay Night viene evocata con la classe Caster.
La sua vita è stata segnata dalla sua sventura, dal suo venire continuamente usata e soggiogata dagli altri, fino quasi alla fine: per un crudele gioco del destino, anche la sua evocazione come servant non poteva andare diversamente.
Il suo primo Master è Attrum Galliasta, selezionato fra i maghi dell’Associazione, che non esita a prendersi gioco di lei già al momento dell’evocazione facendo riferimento a tutte le dicerie negative sul suo conto.
Le dà della strega, esattamente come gli abitanti di Corinto avevano fatto, e la accusa di essere in grado solo di tradire e di ingannare gli uomini.
Attrum è un Master crudele che, in linea con l’archetipo del mago nell’universo di Fate, non si fa scrupoli ad usare e sacrificare vite umane per realizzare i propri scopi.
Medea, d’altra parte, si oppone strenuamente a questo spreco di vite innocenti, e ciò porta alla rottura fra Master e Servant ancora prima dell’inizio effettivo della guerra.
Nella visual novel questo approfondimento rispetto al primo Master di Medea e alle sue sorti è assente: Nasu, collaborando con Ufotable alla realizzazione della trasposizione di Unlimited Blade Works, ci regala un episodio interamente dedicato a Medea e all’inizio della sua guerra.
L’episodio 14 di Unlimited Blade Works
Assistiamo in questo episodio all’assassinio di Galliasta ad opera di Medea e al salvataggio da Kuzuki Soichirou, suo Master fino alla fine della guerra.
Ciò che risalta immediatamente da questo splendido episodio 14 è la sofferenza che Medea prova a venire identificata solo come la strega del tradimento. Nasu raramente accusa Medea di qualcosa, anzi sottolinea la disperazione del personaggio, come per cercare di rimarcare che, oltre a tutte quelle accuse, c’è una donna infinitamente fragile e una psiche infinitamente complessa.
Nasu sta cercando di dirci, attraverso il suo racconto, che etichettare Medea solo come una spietata assassina è fin troppo semplicistico, che Medea è molto di più. Nel suo universo Medea è rappresentata in tutta la sua umanità e sofferenza, che troppo spesso viene ignorata.
Medea non è solo colei che uccide i propri figli per far soffrire Giasone, è anche una madre che piange, che si tormenta e si dispera, che è scissa fra il proprio desiderio di vendetta e l’amore sconfinato che prova per il suo sangue.
È un’assassina, è vero, è una donna spietata e senza scrupoli. Ma, al tempo stesso, è qualcuno in grado di combattere mettendo a rischio tutto per realizzare un desiderio sincero dal profondo del proprio cuore. È una donna ancora in grado di provare amore, di piangere per la morte dell’uomo che si era preso cura di lei, di disperarsi.
Con questo non sto dicendo che andrebbe giustificata nelle sue azioni ma che per una completa comprensione del personaggio bisognerebbe tenere in considerazione entrambi gli aspetti della sua vita.
Aspetti che Nasu mostra al lettore attraverso descrizioni precise, racconti accurati e talvolta anche crudi che ci aiutano a comprendere la sofferenza interiore del personaggio di Medea.
Medea in Fate/Hollow Ataraxia
In Fate/Hollow Ataraxia Medea e il suo background ricevono finalmente giustizia.
Nasu non dedica particolare attenzione all’episodio narrato da Euripide, ma si concentra piuttosto sulla sua vita precedentemente, cercando di descriverci la vita della principessa.
La principessa della Colchide è protagonista di numerose scene. Riusciamo finalmente a vedere il suo passato, la sua storia e la sua sofferenze nell’essere una straniera, sola e abbandonata, lontana dalla sua casa, tema caro anche allo stesso Euripide.
A fare rabbrividire fino al ribrezzo è la scena dell’omicidio del Re Pelia e del massacro delle sue figlie. Questi si era rifiutato di fare re Giasone nonostante fosse tornato col Vello d’Oro. Così, l’eroe protagonista degli Argonauti organizza una vendetta e ordina a Medea di metterla in pratica:
“Giasone ripeté insistentemente: uccidi. Uccidi. Uccidi re Pelia, che ha infranto i suoi giuramenti e la sua discendenza. Esatto, il re da solo non è sufficiente. Uccidi quella sua sgradevole discendenza, e le tre principesse –.”
Medea, incapace di resistere alla maledizione della dea Afrodite e all’amore dell’uomo, grazie alla propria magia compì il brutale assassinio.
E fu in quel momento che la maledizione della dea scomparve. Assieme alla ritrovata lucidità, Medea realizzò al tempo stesso quando inevitabilmente corrotta ormai lei fosse. Non era più l’innocente principessa della Colchide: era una strega, ora, con le mani macchiate di sangue.
L’abbandono di Giasone
Altro episodio molto toccante descritto in Fate/Hollow Ataraxia è l’abbandono di Giasone.
Negli Argonauti e nella Medea, Giasone è descritto come un personaggio che sfrutta qualsiasi cosa per trarre un vantaggio senza però scadere nella malvagità. In Fate, invece, è rappresentato come un uomo estremamente crudele.
Decide, di fronte alla proposta del re di Corinto di sposare la figlia e regnare, di abbandonare Medea e i loro figli. Nonostante le preghiere e le lacrime della donna che lo implorava di non lasciarla, se non per amore suo almeno per amore dei loro figli, Giasone risponde di non averla mai amata.
Come se tutto il sangue versato, tutti gli omicidi e le crudeltà viste e compiute da Medea per suo ordine fossero soltanto colpa di lei…. Come se tutto fosse stato causato dalla terribile strega straniera, l’Argonauta l’abbandona.
Così, alla fine di questo lungo e travagliato viaggio, nacque il desiderio della strega. L’unico desiderio, il più profondo, sincero, proprio quello che persegue come Spirito Eroico in Fate/Stay Night: “fatemi tornare indietro”.
Fatemi ritornare, si ripeteva ogni giorno, incessantemente, osservando il mare sconfinato attorno a lei: voglio tornare nel mio paese prima di morire.
Eppure, ormai, nessuno l’avrebbe più accolta alla Colchide. Macchiata di sangue e crimini imperdonabili, con la fama di Strega del Tradimento a precederla, dove mai avrebbe potuto fare ritorno?
Dove mai avrebbe ritrovato l’innocenza, la felicità della propria giovinezza, ormai perduta?
Se anche fosse riuscita a tornare nella propria terra natale, scrive Nasu in uno dei punti più alti di Fate/Hollow Ataraxia, nessuno avrebbe creduto che quella strega fosse la dolce e innocente principessa della Colchide.
Conclusioni
Qui si conclude il nostro viaggio nella storia di Medea, un personaggio ambivalente, tanto spietato quanto tormentato. Complesso, completo e proprio per questo così bello.
Medea è una delle figure più appassionanti, attuali e meglio realizzate che si possano trovare nella storia della letteratura. Kinoko Nasu attinge pienamente alla tradizione classica e ci regala una “versione” di Medea estremamente fedele ad essa, senza mai sfociare nell’invenzione o nella fantasia.
Una Medea quasi personale, umana, e non ho paura a dirlo: ancora oggi è uno dei migliori personaggi femminili di tutto il Nasuverse.
La sua sofferenza e il suo tormento sono talmente reali che è impossibile non soffrire con lei, non rabbrividire almeno una volta leggendo Fate/Hollow Ataraxia.
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