Una tematica delicata che non si può evitare, soprattutto considerando il beneficio che si potrebbe ottenere. Dopo le notizie di alcune app e servizi in grado di farlo, anche il presidente dell’autorità “Garante della privacy” – Antonello Soro – ha espresso il proprio parere sul tracciamento dei dispositivi da parte del governo in questo momento.
Il modello sudcoreano
In questi giorni in cui moltissimi cittadini hanno aderito a #iorestoacasa, è stata discussa anche la possibilità di demandare la propria privacy a favore della salute pubblica. Qualcosa di già mostrato dall’esempio della Corea del Sud.
Il modello sudcoreano, in questi giorni molto nominato, consiste in due semplici mosse. Fornire da una parte gli strumenti adeguati alla popolazione (come un’applicazione per smartphone che informa se e dove ci sono stati casi di coronavirus) e dall’altra, invece, tracciare i cittadini tramite i gestori di telecomunicazioni, mettendo tutto su un portale con i dati in maniera “quasi anonima”.
La critica al metodo sudcoreano e l’uso dei dati personali
La maggior critica riguarda l’uso dei dati personali degli spostamenti. Nel caso della Corea del Sud, le informazioni sono state prese da terze parti non governative, analizzate e sfruttate per creare applicazioni a volte con dati fuorvianti. Ci sono anche stati casi in cui si è riusciti a risalire a dei singoli cittadini contagiati, esponendoli al rischio di linciaggio.
L’idea del Garante della Privacy
Nel ruolo di presidente del “Garante per la protezione dei dati personali” troviamo Antonello Soro. Durante un’intervista a Repubblica, ha espresso la sua opinione riguardante il “tracciamento digitale” delle persone per prevenire la diffusione del contagio.
“Non si tratta di sospendere la privacy, ma di adottare strumenti efficaci di contenimento del contagio, pur sempre nel rispetto dei diritti dei cittadini”
C’è bisogno di uno strumento legislativo ad hoc per attuare questo protocollo? Quale?
“La disciplina di protezione dei dati coniuga esigenze di sanità pubblica e libertà individuale, con garanzie di correttezza e proporzionalità del trattamento. Ma una misura quale il contact tracing, che incide su un numero elevatissimo di persone, ha bisogno di una previsione normativa conforme a questi principi. Un decreto-legge potrebbe coniugare tempestività della misura e partecipazione parlamentare. Va da sé che la durata deve essere strettamente collegata al perdurare dell’emergenza”.
Come si evitano gli abusi nel trattamento dei dati? Come ci si difende da intrusioni malevole?
“La nostra disciplina offre gli strumenti per minimizzare il pericolo di abusi, secondo i principi di precauzione e prevenzione, che impongono misure di sicurezza e garanzie di protezione dati già nella fase di progettazione e impostazione della struttura tecnologica. Rispettando questi criteri, si può valorizzare al massimo grado l’innovazione”.
Si può immaginare uno scambio di dati criptato?
“Lo scambio e, prima ancora, la raccolta dei dati devono avvenire nel modo meno invasivo possibile per gli interessati, privilegiando l’uso di dati pseudonimizzati (ove non addirittura anonimi), ricorrendo alla re-identificazione laddove vi sia tale necessità, ad esempio per contattare i soggetti potenzialmente contagiati. Nella complessa filiera in cui si articolerebbe il contact tracing, soggetti privati – a partire dalle grandi piattaforme – dovrebbero porre il patrimonio informativo di cui dispongono a disposizione dell’autorità pubblica, alla quale dovrebbe invece essere riservata la fase dell’analisi dei dati, che necessita delle garanzie e della responsabilità degli organi dello Stato. In ogni caso, le società coinvolte in questo progetto dovrebbero possedere requisiti di affidabilità e trasparenza di azione. Nella valutazione è fondamentale il vaglio di conformità ai requisiti di protezione dati, per la garanzia dei diritti degli interessati, per l’attendibilità dell’analisi dei dati e anche per la sicurezza nazionale. Non sottovaluterei l’odierno richiamo in proposito da parte del Copasir”.
Come si potrà poi tornare alla “normalità” una volta finita emergenza?
“La chiave è nella proporzionalità, lungimiranza e ragionevolezza degli interventi, oltre che nella loro temporaneità. Il rischio che dobbiamo esorcizzare è quello dello scivolamento inconsapevole dal modello coreano a quello cinese, scambiando per efficienza la rinuncia a ogni libertà e la delega cieca all’algoritmo per la soluzione salvifica”.
Una novità non così nuova, almeno in TV
Anni addietro, la serie Person of Interest aveva “predetto” la possibilità di essere spiati anche dal governo e dalle intelligenze artificiali. Oggi la realtà sembra superare la fantascienza, tanto che si sta discutendo realmente sull’opportunità di creare leggi apposite per affrontare emergenze che mettono a rischio la collettività. Non solo finzione, ma anche diverse app per i nostri cellulari ci tracciano tutt’oggi, dando i nostri i dati in mano a privati e violando così il GdPR.
In attesa di sviluppi, vi terremo informati. Stay tuned.
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