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Scopriamo Summit, il supercomputer contro il Coronavirus

In Italia le zone rosse aumentano e il Coronavirus continua a preoccupare il mondo intero. Mentre medici e operatori sanitari continuano con dedizione il loro tentativo di fronteggiare l’emergenza, in parallelo si districano le ricerche degli esperti del settore per capirne di più. Fattore non di poco conto per studiare il virus, trovare una cura e riuscire a contenerne il contagio. Per questi obiettivi, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha annunciato la scelta di sfruttare il supercomputer Summit di IBM.

Potenza elevata per una soluzione più rapida

Qualche mese fa avevamo già affrontato l’importanza che si sta ponendo allo sviluppo di sistemi dalla potenza quasi inimmaginabile. Il Summit, situato all’Oak Ridge National Lab del Tennessee, ha una potenza computazionale pari a 200 petaflop di picco. Un valore che potrebbe suonare strano, ma che si traduce in ben 200 milioni di miliardi di calcoli al secondo. Come riporta IBM:

“La capacità di elaborazione dei dati è abilitata da 4608 nodi server IBM Power Systems AC922, ciascuno dotato di due CPU IBM Power9 e sei Gpu NVIDIA Tensorcore V100, con la potenza di un milione di laptop di fascia alta”.

E con una situazione come quella che stiamo vivendo, diventa più facile capire perché ci sia bisogno di uno strumento del genere.

Capire il Coronavirus

Il tempo è un fattore fondamentale. I ricercatori si trovano ad analizzare una quantità di dati immensa che porterebbero un computer normale a impiegarci un tempo infinito. In laboratorio, infatti, un gran numero di composti vengono messi a contatto col virus per studiarne la reazione. Le variabili da prendere in considerazione, però, non sono poche. Possono essere formate anche da milioni di dati unici, usati in simulazioni multiple. Una mole di questo spessore richiede inevitabilmente una potenza al livello del Summit.

Da quanto riporta IBM, sembrerebbe che i ricercatori siano stati in grado di simulare 8 mila composti nel giro di pochi giorni. Tra questi ne sono stati individuati 77 che potrebbero essere in grado di compromettere le capacità di infezione del Coronavirus.

Tra contagi, preoccupazioni e nuove direttive, si spera che la situazione possa tornare alla normalità il prima possibile. Noi cittadini abbiamo il dovere di seguire le regole suggerite nell’attesa di una soluzione definitiva. I dati del Summit di IBM sono incoraggianti e, per quanto l’atmosfera sia caotica, almeno abbiamo la consapevolezza che la tecnologia può essere un nostro valido alleato. Qualsiasi sia la soluzione, abbiamo gli strumenti per arrivarci nettamente prima rispetto anche solo a una decina di anni fa.

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Fonti: IBM.

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