Con l’arrivo della terza stagione del suo adattamento animato, The Seven Deadly Sins è nuovamente riuscito a trovare più spazio all’interno della community Anime&Manga. Purtroppo, però, ad attirare l’attenzione non è stato lo sviluppo della storia, bensì la sconcertante qualità tecnica con cui sta venendo narrata. L’immagine sotto riportata è velocemente diventata una fantastica base per i meme, e certi combattimenti hanno causato scalpore persino tra i meno attenti. La domanda sorge quindi spontanea: cosa diavolo è successo? In giro se ne sono dette tante, facciamo un po’ di chiarezza.
Se seguite gli anime da un po’ non sarà certo quest’articolo a farvelo notare, ma The Seven Deadly Sins è un fumetto alquanto popolare. Sin dal suo debutto, il manga di Nakaba Suzuki ha rapidamente fatto breccia nei cuori del suo pubblico di riferimento, raggiungendo traguardi parecchio invidiabili. E osservando bene, il perché non è poi così difficile da capire. La storia lineare e ricca d’azione; l’ampia proposta di personaggi; il giusto tocco di depravazione, tutti elementi tanto classici quanto efficaci, specialmente verso il pubblico maschile di giovane età. Per questo, l’annuncio dell’adattamento animato è arrivato senza scatenare troppe sorprese e in breve ha consolidato il successo del materiale originale. Quanto detto può sembrare futile ai fini del discorso, ma in realtà contestualizzare è parecchio importante. Perché alla fine più grandi si diventa e più in alto si sale, più rumorosa sarà la propria caduta.
E chiariamolo, questa non la dobbiamo, come dicono in molti, all’incompetenza del personale o semplicemente al nuovo studio d’animazione. In questo settore non si entra mica per caso, per questo quando certi errori avvengono con frequenza allora bisognerebbe farsi due domande. Che poi, non possiamo certo dire che l’adattamento animato abbia sempre avuto animazioni particolarmente brillanti. La serie TV ha osato pochissime volte, e persino il lungometraggio The Seven Deadly Sins the Movie: Prisoners of the Sky ha indubbiamente lasciato a desiderare da questo punto di vista. Però quello di adesso è proprio un altro paio di maniche. Questo adattamento non è semplicemente vittima di un team poco talentuoso o del riscontro dei suoi recenti sviluppi narrativi. È vittima del funzionamento della stessa industria malata che l’ha precedentemente portato al successo.
Puntare il dito sul nuovo studio, Deen, è quanto di più facile si possa fare. A-1 Pictures ha comunque garantito molta solidità alle stagioni precedenti, ed è impossibile non ricollegare il peggioramento grafico con il cambio di studio. Le cose poi peggiorano ancora di più se teniamo in considerazione la fama non proprio fantastica del nuovo studio, che in svariate occasioni ha sfornato adattamenti qualitativamente davvero poco convincenti. Eppure, è nel momento in cui smettiamo di associare la qualità tecnica di un anime unicamente all’azienda che gli ha dato vita per concentrarci invece sulle sue circostanze di produzione che ci accorgiamo che Deen è anche lo studio che ha dato alla luce anime come Konosuba 2 e Showa Genroku Rakugo Shinjuu.
Guai a pensare che allora gli studi non significhino nulla, però. Escludendo alcune eccezioni, piuttosto che considerarli come una garanzia di un qualcosa dovremmo prenderli come l’occasione perfetta per speculare su ciò che andremo a vedere. Deen non sarà sicuramente un ineguagliabile ritrovo di talenti né men che meno uno studio esente da colpe, ma degniamoci di raccontare il quadro completo. Farlo è importante, e non perché ne dipende la nostra sopravvivenza, ma perché questo è un problema enormemente diffuso nell’industria. Un problema che, per questo, chiunque si definisca “appassionato” di questo settore dovrebbe quanto meno conoscere. Ma quindi qual è il pezzo del puzzle mancante? Quale scandalosa e imprevedibile verità può mai aver contribuito a creare questo mostro?
Semplice: i vari studi d’animazione producono un’enorme quantità di cartoni ogni anno, eppure spesso non sono loro a finanziarne la creazione. A metterci i soldi è un organo chiamato Comitato di Produzione, costituito da varie aziende che quindi si dividono l’enorme e rischioso investimento. Per questo, a vederci un ritorno considerevole in caso di successo sono solo e soltanto loro. Ci ritroviamo, quindi, in una situazione paradossale in cui l’industria in generale continua a battere record su record d’incassi, mentre coloro che effettivamente producono i cartoni che la alimentano vivono nella miseria. L’unica speranza per gli studi sarebbe quella di entrare nel comitato e sperare che il loro anime diventi popolare, ma, di nuovo, non tutti possono permettersi certi investimenti. E, guardate un po’ che coincidenza, neanche Deen può farlo.
Ebbene, quello che è successo è che il film già menzionato prima è andato malaccio al box office. Questo risultato ha scatenato parecchia paura, e subito dopo Aniplex ha prontamente abbandonato il comitato. Ora, il buon senso vorrebbe che a seguito di tale risultato si cercasse di meditare e apportare dei miglioramenti, ma invece no. La scelta è virata sul fare di tutto per rilasciare una nuova stagione il prima possibile e massimizzare i guadagni. Che, in italiano, vuol dire spremere fino all’ultima goccia un franchise apparentemente prossimo alla morte. Il comitato ha quindi affidato la produzione a Deen, che si è subito messo al lavoro. E con “al lavoro” si intende che hanno esternalizzato la produzione ad un altro studio: Marvy Jack. Ma perché accettarla, allora? Perché se non puoi investire sui tuoi progetti allora devi necessariamente accettare quanti più lavori possibili per sopravvivere.
Quindi si, se siete tra quelli che in questo periodo hanno lanciato insulti a Deen, adesso sapete che avreste dovuto aggiustare la mira. O meglio… non avreste dovuto lanciare proprio nulla. Inferocirsi per un anime non è sbagliato se si rimane nei limiti del rispetto, ma puntare subito il dito senza neanche informarsi invece lo è eccome. Certo, alcuni studi d’animazione anche conosciuti spesso faticano a dar luce ad un qualcosa di tecnicamente meritevole, ma non possiamo fermarci lì. Sarebbe come arrabbiarsi per il fatto che la nostra cucina sta andando a fuoco quando è proprio tutto il palazzo ad essere in fiamme; è semplicemente una visione limitata della situazione. Bisogna riconoscere che c’è un problema di fondo ben più grave.
In questo periodo Black Clover ci sta mostrando cosa succede quando ci si lancia in un progetto senza prepararsi per bene, però questa volta con The Seven Deadly Sins non ci sarà nessun Tatsuya Yoshihara a salvare la situazione. Marvy Jack non dispone delle risorse per cambiare la situazione, e le scadenze con cui starà avendo a che fare saranno tutt’altro che d’aiuto. A creare così tanti strafalcioni come questi non è soltanto l’inesperienza, ma anche l’ambiente lavorativo di contorno. La cosa più difficile da digerire è che questo spettacolo è ben lontano dal concludersi. Ci approcciamo ormai al secondo cour, e a questo punto è difficile persino scegliere verso chi provare tristezza. Se verso gli spettatori, giustamente delusi da ciò che stanno vedendo, o verso uno staff indubbiamente più che provato dall’esperienza.
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