Negli ultimi episodi il tempo sembra scorrere molto più lentamente del normale. Ci fermiamo ogni settimana per ben venti minuti a guardare questo cartone, eppure all’interno di esso sembrano passarne appena cinque. Non sono certo estraneo a situazioni del genere, ma è la prima volta che la provo in My Hero Academia. Si, lo so che già l’ho detto svariate volte, ma proprio non riesco a dimenticarmene. Per lo meno, comunque, in Red Riot questi pochi minuti che passano sono ricolmi di significato e non di futili chiacchiere. Kirishima torna al centro del discorso, e nel farlo non si interroga soltanto sul ruolo che quella che lui chiama “virilità” deve avere su di lui in quanto eroe, ma anche e soprattutto in quanto uomo.
Spesso nella nostra vita noi maschietti ci comportiamo un po’ tutti come Kirishima. “Siamo uomini”, pensiamo tra noi e noi, “non possiamo vacillare”. Ci sentiamo afflitti? Vogliamo piangere? Abbiamo paura? Guai a farci beccare o a chiedere aiuto. Il nostro posto sembra dover essere soltanto in palestra — il nostro unico, vero abito la sicurezza in noi stessi. D’altronde noi siamo il “sesso forte”. Siamo quelli che “dominano”. Mostrarci agli altri per quello che siamo, per quello che sentiamo davvero, sarebbe un segno di debolezza.
Ed ecco quindi una domanda: ma ‘sto discorso dov’è che l’abbiamo già sentito? Si, esatto: è proprio lo stesso che potremmo fare per descrivere il simbolo della pace. Il bene fatto uomo, l’ideale che tutti gli eroi cercano di raggiungere.
Sentirsi afflitti, piangere e avere paura va bene. Perché il vero eroismo, la vera virilità, non sta nel non provare queste emozioni. Sta nell’accettare che esse sono parte di noi e affrontarle. Si tratta di conviverci, come diceva Giovanni Falcone.
Nelle storie di finzione non c’è nulla di casuale. Persino la casualità stessa è un elemento inserito volontariamente dall’autore, e allora dovremmo chiederci il motivo per cui a porsi come esempio di coraggio per Kirishima sia stata proprio Mina Ashido. Una donna. Di quelle “deboli” che noi uomini “dobbiamo proteggere”. Lo vedete il collegamento? È sottile, ma c’è. Non è soltanto una questione dell’eroe come figura, è anche una questione del sesso. Indovinate un po’: anche gli uomini possono essere fragili, e anche le donne coraggiose e temerarie. Messaggio fantastico, approvo.
Prendiamoci inoltre un secondo per sottolineare il brillante lavoro con cui Kouki Fujimoto ha salvato tecnicamente un episodio altrimenti abbastanza debole. Probabilmente non lo sapete, ma lui è lo stesso che ha animato la scena in cui Todoroki e Inasa attaccano Gang Orca da stesi. Il suo tratto incredibilmente spesso è molto riconoscibile, e riesce a trasmettere con chiarezza la forza bruta dei personaggi. Anche la scelta di rinunciare a certe linee di contorno è assolutamente favolosa, in quanto simboleggia attraverso i colori che straripano e si deformano la traboccante quantità di potere che Fat Gum ha accumulato. Davvero una scena memorabile.
Devo ammettere, comunque, che il duo Kirishima-Ashido non l’avevo proprio considerato. E non intendo soltanto da un punto di vista romantico, chiariamoci. Può anche darsi che la memoria mi inganni, ma non ricordo una qualche scena particolarmente significativa avvenuta in precedenza tra i due. Quel che è certo, comunque, è che è davvero fantastico scoprire queste cose. Fino ad ora gli unici legami profondi che conoscevamo riguardavano soltanto i protagonisti principali della 1-A. In questo modo, però, la classe acquisisce molto più spessore e credibilità. All’interno di essa ci sono persone vive che formano legami, che litigano e poi fanno pace. L’avevamo già detto: quest’arco è l’occasione perfetta per scoprire di più sugli altri personaggi, e fino ad ora da questo punto di vista è stato fatto un ottimo lavoro.
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