Quarantadue anni fa, in un pianeta chiamato Terra, Hollywood portava al mondo una delle opere più importanti non solo per la cinematografia contemporanea, ma anche, e soprattutto, per la cultura globale: Star Wars.
Un’opera visionaria per certi aspetti, un connubio tra la fantascienza, declinata nella sua versione più pura, la space opera, con chiari e prepotenti temi fantasy. Un’opera che ha segnato generazioni di appassionati, fruitori e addetti ai lavori; un film che ha cambiato il modo di intendere un genere multiforme come la fantascienza.
Quarantadue anni fa Hollywood partoriva Guerre Stellari, l’esaltazione del trash in pellicola. Una messa in scena parecchio oltre le righe per una produzione in cui pochi credevano: costumi degni dei peggiori B-movie, la storiella da fiaba per bambini in cui il cavaliere di luce sconfigge quello nero per salvare la principessa. Basta guardare oltre il blockbuster per capire di che cosa ci siamo innamorati in 40 anni; e dico “ci siamo”, perché mi ci metto pure io nel gruppo di appassionati.
Fan e profeta
Non ha bisogno di presentazione il capo redattore anime e manga, Paolo Solazzo, che oltre essere un accanito fan di majokko, è un fanatico sostenitore di George Lucas. Lui ci accompagnerà in questa avventura nella galassia lontana lontana di Guerre Stellari.
In realtà Lucas mi sta un po’ sul cazzo, però Star Wars mi piace.
Su Dr. Commodore ci hai anche deliziato con un articolo con una teoria su Palpatine. Tu che il film l’hai visto, alla fine avevi ragione?
Purtroppo non ho azzeccato molto del film, però la Contingenza era lì. E su Palpatine ci hanno costruito un’intera campagna pubblicitaria, quindi nessuno si potrà lamentare dell’eventuale spoiler.
Se pensate che parlare di Palpatine a questo punto sia uno spoiler, vi chiederei dove schifo avete vissuto negli ultimi 7 mesi.
C’era una volta…un B-movie
Episodio IV non è trash per me, ma è un film pensato in maniera completamente diversa dai successivi della saga. Era infatti creato originariamente per essere un film autoconclusivo e questo ha influito parecchio sulla qualità della pellicola. L’inizio di Episodio IV è ricco di deus ex machina; coincidenze fortunate che permettono alla vicenda di svilupparsi nella direzione giusta.
Ma chiamiamoli proprio colpi di culo. Eventi fortunati, che chiami giustamente deus ex, senza i quali i droidi nemmeno arriverebbero da Ben Kenobi.
Però è proprio questo ciò che ha caratterizzato Star Wars: la magia nascosta dietro la Forza ha affascinato tutti all’epoca e continua a farlo oggi. O forse ce ne dimentichiamo?
Una delle maggiori critica della nuova trilogia è che i personaggi abbiano presentimenti su quello che stanno per fare o accadrà; ci dimentichiamo quindi del potere della Forza o abbiamo maturato una percezione diversa dell’universo di Star Wars negli scorsi anni.
La fantascienza di ieri
Il pubblico di oggi tende a dimenticare cosa era la fantascienza in quel periodo, tra gli anni ’70 e gli anni ’80. La space opera di 30 anni prima, infarcita con un po’ di elementi fiabeschi. Guerre Stellari era proprio arrivato in quel periodo in cui la fiaba del cavaliere senza macchia si sposta dall’Inghilterra medievale a un pianeta sabbioso dello spazio.
Luke è l’eroe prescelto, baciato da un potere straordinario, ma cresciuto nell’ignoranza della sua condizione, in grado, da solo, di stravolgere l’equilibrio dell’Impero. In questo chiaramente un eroe classico, proveniente dai cicli cavallereschi e della più recente produzione eroica moderna.
Luke è un personaggio vittima degli eventi. Non vorrebbe partire, ma perde la famiglia adottiva; non avendo nulla che lo legava ancora a quella terra, decide di andarsene e viaggiare insieme a Ben. Quella stessa famiglia che lo aveva trattenuto su Taooine per la paura che il suo retaggio si manifestasse e prendesse la via del padre.
…e il fantasy di allora
Vittima degli eventi come molti altri protagonisti del fantasy epico, di chiara impronta tolkienana. E proprio come in queste opere, anche Luke viene aiutato nel suo compito dall’archetipo del vecchio stregone saggio.
Il vecchio saggio Obi Wan, un personaggio che mostra alcune lacune nella scrittura, proprio perché Lucas non prevedeva il successo della pellicola e quindi l’eventuale seguito. La domanda che difatti ogni fan si pone è come mai Ben non riconsca R2D2 su Tatooine, dopo che avevano condiviso così tante avventure un trentennio prima. Ed altri problemi si ritrovano tra la trilogia originale e quella prequel: inesattezza, mancanze e sviste, che Mamma Disney ha provato a tappare più recentemente nei vari film. L’esempio principale di questo tentativo è Rogue One, un film intero per spiegare perché c’è un buco nella Morte Nera.
E scusa, lo devi giustificare per quale motivo hanno lasciato la porta del retro aperta per la Ribellione?
Un film intero per tappare un buco, letteralmente. Di trama.
La fantascienza di oggi
Ma gli elementi fantasy tanto presenti nella trilogia originale, vengono meno nei prequel, con il chiaro intento di Lucas di trasformare il suo universo fantastico in un mondo tecnologico. Lampante è il trascorrere di 30 anni nelle realizzazione dei due blocchi, decenni nei quali la fantascienza si è sviluppata, abbandonando sempre più i caratteri di avventure tra le stelle ignote, abbracciando l’amore per la tecnologia, che già dagli anni ’80 faceva capolino con la nascita del filone cyberpunk e poi delle produzioni con velleità di realismo.
Già allora Lucas introdusse elementi del cyberpunk, contemporaneo della sua trilogia originale, spezzando con il contorno fantastico e quasi a-scientifico di quei luoghi esotici. Episodio V ci fa vedere la mano di Luke ricostruita ciberneticamente, che in quel momento in Star Wars era una novità assoluta. Del resto allora non sapevamo nemmeno che Vader fosse quasi completamente androide, il pubblico sapeva solo che aveva bisogno della maschera con il respiratore per sopravvivere.
Cambio di registro che si denota proprio in Episodio 1, La Minaccia Fantasma, con l’introduzione dei Midichlorian e la spiegazione scientifica della Forza. Il potere mistico dei Jedi diventa in quel momento un artificio scientifico naturale. La spiegazione dei poteri dei Jedi vanno oltre la semplice magia.
Qui Lucas distrugge l’idea che ci eravamo fatti della trilogia originale, per cui l’eroe non può essere chiunque, ma solo chi possedeva un elevato numero di Midichlorian.
Con questo passaggio i prequel perdono completamente qui tratti fiabeschi dell’Episodio IV, per abbracciare la corrente contemporanea del sci-fi. E ci regala un fantastico Jar Jar.
Che a me non dispiace in realtà, mi ha sempre fatto morire dal ridere.
*Jo soy my contento de essere Jar Jar…*
Ver lo risparmio, in questo momento Paolo ha cominciato a citare compulsivamente Jar Jar che lui definisce epico. Sono sconvolto. Aiuto.
Asimov, padre della robotica
Ritornando seri, la scienza diventa punto fondamentale nei prequel. La clonazione dell’esercito della Repubblica da parte dei kaminoani e il famigerato Ordine 66, impiantato nei soldati durante la gestazione con un chip limitatore.
RIP jedi.
Se nella trilogia originale la scienza e la tecnica viene lasciata in secondo piano, nei prequel queste diventano centrali.
Ed ecco che ci ritroviamo macchine stupefacenti, immensi eserciti di droidi, velocissimi speeder ed ecumenopoli come Coruscant; una megalopoli planetaria, simbolo anche della fantascienza contemporanea, che taglia completamente con quei pianeti desertici ed esotici dei primi episodi degli anni ’80, che invece si rifacevano al filone avventuroso.
L’ecumenopoli, un’idea archetipica della fantascienza, nata con Isaac Asimov e il suo Trantor, pianeta-capitale dell’Impero Umano, chiara ispirazione per Coruscant, ma nato già 60 anni prima, nel 1942 e poi canonizzato negli anni ’80.
Shakespeare in Love
Il cambio di registro è presente anche in altri capitoli, come Episodio III, dove la narrazione prende una piega drammaturgica importante.
Lucas ci presenta una moderna tragedia shakespeariana: due innamorati che devono vivere segretamente i loro sentimenti, la paura della perdita, la disfatta totale e la vendetta.
Come tipico di alcune opere di Shakespeare, i due innamorati, Padme e Anakin, muoiono. Uno letteralmente, l’altro in senso figurato, come racconta Obi Wan a Luke in Episodio IV, quando, cercando di proteggere il giovane, gli rivela che il padre era stato un grande Jedi ma venne ucciso in battaglia:
Un giovane Jedi, di nome Dart Fener, che era stato mio allievo finché non si volse al male, aiutò l’Impero a dare la caccia ai cavalieri Jedi e a distruggerli. Egli tradì e assassinò tuo padre.
In realtà tutta la trilogia originale è segnata da topoi shakespeariani. Dai droidi C3PO e R2D2, tipiche spalle comiche da malinteso, alla parentela tenuta nascosta tra Luke e Leia, segretamente gemelli, cosa che conduce ad altri malintesi e momenti divertenti.
Poi c’è Obi Wan che appare a Luke su Dagobah in un momento di crisi quando il giovane assiste a una visione oscura che riguarda i suoi amici. Il fantasma di Ben Kenobi consiglia il protagonista per rimetterlo in carreggiata: a cosa vi fa pensare questo? Ovviamente all’Amleto, banda di ignoranti!
Ma il momento più patetico – nel senso di colmo di pathos e se non lo avevate capito siete peggio di Jar Jar – è quello della rivelazione a Luke di chi sia veramente suo padre. Luke è uno tra i tanti eroi drammatici in conflitto con il genitore, da Romeo e Giulietta ad Amleto, per citare i più famosi.
Luke non solo entra in combattimento con Darth Vader, segretamente suo padre, ma lo rifiuta nel momento in cui viene invitato a raggiungerlo nel lato oscuro. I due si ricongiungono solo quando Anakin si pente e torna al lato chiaro con il figlio ritrovato.
Topolino ci mette lo zampino
Il problema principale della trilogia sequel è la mancanza di tutti questi elementi. Spesso e volentieri Disney ci ha propinato svariati ingredienti ripresi dai film precedenti, senza mai approfondirli: se la trilogia originale è una saga fantasy, la prequel una fantascientifica, invece la sequel non riesce a identificarsi con nulla. Disney ha ripreso tutto e lo ha mischiato.
Manca di idee, ma non di cuore. A me è piaciuta.
Il voler mischiare ha creato una sorta di remake. Episodio VII è un continuo riferimento a Una Nuova Speranza, con ambientazioni e tematiche simili a quelle vissute da Luke 40 anni prima. Anche qui è presente il dramma familiare scatenato dalla lotta tra luce e oscurità, anche qui un deus ex, un droide, trova l’eroe per caso, colui (o colei) che cambierà gli equilibri della galassia, senza però averne nessuna intenzione o conoscenza. Entrambi gli eroi desiderano lasciare il proprio luogo di origine per viaggiare tra le stelle ed entrambi verranno catapultati in un’epopea fatta di battaglie spaziali, seguendo l’antica via della Forza.
Episodio VIII spacca tutto. Rian Johnson ha un’idea completamente diversa da quella di Abrams su come dovrebbe essere oggi Star War. Per questo molti dei fan hanno odiato Gli Ultimi Jedi, forse sottovalutando un possibile nuovo corso per la saga. Episodio VIII non perde la tamarraggine tipica della saga…
Che io chiamo trashata da B-movie!
…non perde la comicità slapstick delle vecchie pellicole. Ci fa però vedere come immaginare diversamente l’universo di Star Wars. Che Rey venga dal nulla poteva essere un’idea interessante, ma Abrams purtroppo ha preso in mano Episodio IX vanificando la visione di Johnson.
Su Episodio IX
Il vero problema di L’Ascesa di Skywalker è la mancata coesione con i restanti film della trilogia sequel e un imponente riferimento al Mondo Espanso canon di Disney. Il film rivela tutto, ma non approfondisce mai, perché dà per scontato che lo spettatore andrà a cercare le risposte negli altri media del franchise. Un esempio SPOILER FREE: ad un certo punto si sente la voce di Kanan Jarrus, protagonista della serie a cartoni Rebels.
Per i fan che non conoscono il Mondo Espanso canon, risulterà difficile accettare le poche spiegazioni fornite da questo ultimo capitolo della saga degli Skywalker. Ciononostante per me rimane un gran film e non ho trovato alcuna contraddizione che rendesse questo finale inaccettabile.
La scrittura di questo episodio sembra sia opera di un fan: J.J. Abrams fa continui riferimenti a tutto l’Universo creato dal 2014 (anno in cui Disney ha comprato il franchise di Star Wars). Per molti, come nelle due recensioni che trovate qui su Dr. Commodore, questo aspetto è negativo perché obbliga lo spettatore a visionare tutto il materiale supplementare per apprezzare al 100% L’Ascesa di Skywalker, ma per me questo è simbolo di coerenza, cosa che Lucas non ha potuto mai fare.
Lucas ai tempi, concedendo le licenze a molti autori, permise la creazione di un universo espanso pieno di contraddizioni. Per questo motivo il canone dell’universo espanso era diviso per gradi di aderenza all’opera originale, cioè i film. Invece, con il nuovo corso Disney, e con la riduzione drastica di licenze agli autori, abbiamo una coesione e una coerenza dell’universo di gran lunga superiore. Questo è il motivo per cui il film dà per scontata la presenza della Contingenza, spiegandola letteralmente in tre battute.
Non sai cos’è la Contingenza?
Anche tu sei rimasto sorpreso nel vederla al cinema?
Vatti a leggere i cazzo di fumetti.
Comunque io Episodio IX non l’ho visto. Però Paolo me l’ha quasi spoilerato al telefono. Infame.
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