Grazie a Netflix ci è stata data la possibilità di visionare i primi 5 episodi di The Witcher, ora è il momento di parlarvene.
Un grigio mattino di dicembre, grigio come le strade dei borghi di un paese devastato da un conflitto agli albori, mi trovo a parlare di un grigio mercenario, un Witcher, un ammazzamostri che è lui stesso un mostro. Un essere che per la popolazione, in una scala di sopportazione dove il nero è il male ed il bianco è il bene, è grigio, un male necessario ma difficilmente sopportabile. Un personaggio dalla moralità ambigua, grigia. Questo è un Witcher.
Dopo questa mia “ispirata” introduzione (perdonatemi, ma dovevo scriverla) lasciatemi porre un paio di paletti sulla struttura dell’analisi che state per leggere: per prima cosa, se siete fan del videogioco, dimenticate tutto, qui si è preso solo ed esclusivamente dai libri, senza contaminazioni, quindi ogni confronto con l’eccellente lavoro di CDProjekt è uno spreco di tempo; seconda cosa, in queste righe dovrò per forza citare qualche scena come esempio, ma per scelta saranno scene tratte sempre dalla prima o al massimo seconda puntata e totalmente decontestualizzate, se siete dei conoscitori dei romanzi magari potrete carpire qualcosa in più, ma cercherò di rendervelo comunque difficile.
Una trasposizione incredibilmente fedele
Parliamo un po’ della serie nel suo insieme, per poi analizzare i tre protagonisti di questa stagione.
Il primo impatto non è dei migliori, inizia tutto con uno scontro, un lavoro di routine per il nostro protagonista, impegnato a cacciare una creatura vagamente ragnesca in una palude. Una creatura la cui CGI è terribile. Però, mai come in questo caso, non bisogna farsi influenzare dalle prime impressioni poiché, col proseguire della serie, la CGI mosterà sì i fianchi in alcuni casi, ma mai in modo realmente fastidioso, anche grazie alle splendide coreografie dei combattimenti.
Proprio su queste coreografie vorrei spendere due parole: da lasciare a bocca aperta, con la mascella sul pavimento ed in estasi totale. Coadiuvate dalla regia e da un sapiente uso del rallenty (per evidenziare come i sensi mutati del Witcher gli permettano di vedere il mondo) sono tra i migliori combattimenti all’arma bianca visti in un prodotto Sword & Sorcery.
Sulla regia non posso dire molto, a causa del fatto che il regista cambia tra i vari episodi (ovviamente) però posso affermare che il livello qualitativo si piazza sempre tra il buono e l’ottimo.
Un background curato in modo maniacale
Posso però spendere due parole sulla costruzione dell’ambientazione (non parlo delle ottime scenografie, ma della minuziosa creazione del mondo in cui le vicende si svolgono) che è stata fatta in modo intelligente e ben diluita. Non ci viene mai sbattuto in faccia uno spiegone, sono gli eventi, le chiacchiere tra i personaggi, ciò che vediamo sullo sfondo a darci le informazioni necessarie per comprendere le vicende.
Lodevole, oltretutto, la scelta di usare tre diverse timeline (ovviamente destinate ad intrecciarsi) per raccontare la storia dei tre protagonisti della stagione e come questo lo si capisca non dalle solite scritte a schermo “X anni dopo” ma da linee di dialogo piazzate in modo strategico dagli sceneggiatori. The Witcher è quindi una serie che usa i giusti espedienti per essere di facile comprensione, ma al contempo non imbocca lo spettatore.
Ed ora parliamo proprio di questi tre protagonisti.
Il Macellaio di Blaviken
Gli appassionati sanno già perché ho scelto di usare questo suo soprannome, per i neofiti basterà la visione del primissimo episodio.
Il Wicther che vediamo in questa stagione è un Geralt emotivamente ancora acerbo, prima che importanti eventi lo portassero a guardare oltre la “missione” e facessero crollare quel suo, a tratti fastidioso, cinismo.
Non è un personaggio con cui lo spettatore può facilmente empatizzare, anzi, è un venale mutante che pensa solo ad uccidere mostri per intascarne le taglie, rifocillarsi, ubriacarsi, sollazzarsi se ne ha occasione con qualche donzella e poi tornarsene al suo eterno pellegrinaggio, dormendo nei boschi, lontano dalle persone che lo disprezzano ma che lui stesso disprezza. Lui, in fondo, è un reietto, un emarginato, a cui le persone si rivolgono solo nel momento del bisogno ma che, a contratto concluso ridiventa un appestato da scacciare.
Come già detto Geralt non fa’ nulla per superare ciò, tratta la gente che gli sta intorno come fossero elementi di fastidio, segue solo i soldi e le sue necessità, quando viene tradito si limita a sussurrare “Cazzo!” per poi mettere in pratica il suo essere un’arma vivente, sgozzando, sventrando e mutilando impunemente chiunque si trovi sulla sua strada, e traendone pure un malcelato piacere.
Henry Cavill in questo ruolo è perfetto, centellina le espressioni facciali, studia ogni parola, mantiene sempre un tono monocorde, crea a tutti gli effetti un antieroe, un personaggio “grigio” come lo sono i suoi capelli.
Lillà e Uva Spina
In questo caso mi sono permesso di usare una citazione sì famosa ma non estrapolata dai primi episodi, una citazione che però è talmente legata al personaggio che non potevo non usare. Il momento è arrivato, si cambia timeline, parliamo un po’ di Yennefer.
Qui ci vengono mostrate le sue vere origini, prima che ella diventasse la conturbante e criptica maga dai capelli corvini e gli occhi viola capace di piegare gli uomini solo con la sua bellezza.
Anche lei parte come una reietta, inconsapevole di possedere un dono che a differenza di quello di Geralt è naturale, non frutto di rituali di mutazione, ma tramite eventi fuori dal suo controllo prende potere sulla sua vita, muta, dalla sua crisalide ne esce un’autentica femme fatale. Manipolatrice, spesso egoista, nasconde il suo lato fragile dietro un muro di stoicismo e malizia, egoismo e sensualità. Sarà capace di intaccare la freddezza di un degno avversario in termini caratteriali come il Witcher? (Se non sapete la risposta rileggetevi la parte sul sollazzarsi del paragrafo prima)
Anya Chalotra mostra perfettamente come la tragica storia di questa maga la forgi nel carattere fino a farla diventare una donna manipolatrice e insaziabile, sempre alla ricerca dell’ottenimento di un maggior potere, non importandosene delle conseguenze.
La Leoncina di Cintra
Nuova timeline, ultimo dei tre protagonisti, questa volta un personaggio più gradevole, una ragazzina che, nolente, si troverà ad essere legata a doppio filo col destino di un mondo, ma che riesce a mantenere, nonostante tutto, un barlume di gioia e speranza.
Cirilla ci viene mostrata a corte, durante un banchetto, poco prima che un esercito straniero assalti il castello e rada letteralmente al suolo la sua vita di ragazzina. Lei è la principessa di Cintra, un regno di stampo matriarcale, orfana, cresciuta dalla nonna, il cui soprannome è la Leonessa, si gode la sua giovinezza un istante e quello dopo si ritrova in fuga, vede morire tutti coloro che conosceva, e con essi la sua innocenza.
Però Cirilla è diversa da Yennefer e Geralt, lei anche se braccata, in perenne pericolo, non perde mai la speranza, forse a causa della sua testardaggine, forse per quel barlume di innocenza che alberga ancora nel suo cuore, la Cirilla di Freya Allan è un personaggio dolce ed altruista, scaraventato in un mondo che non conosce nel modo più brutale possibile, ma pronta ad affrontarlo con spirito combattivo. Sarà lei, legata al Witcher dal destino come ci viene detto fin da subito, a portare un evoluzione in Geralt, ma questa è una storia che si approfondirà col tempo.
Due parole, di fronte al falò, prima di accomiatarci
Spero che con questo articolo vi abbia preparato al viaggio che la serie The Witcher si prospetta essere, un viaggio molto debitore all’opera da cui è tratto ma che ne smussa alcuni elementi e ne esalta altri, un viaggio che io ho in parte già compiuto ma che devo ancora concludere. Il lavoro svolto dal team creativo della serie è di grandissimo valore, sicuramente, nonostante le evidenti differenze, saprà accontentare coloro che cercano un fantasy dalle tinte dark, magari orfani di Game of Thrones, o gli amanti del genere Sword & Sorcery, magari amanti del Cimmero Conan, che qui troveranno pane per i loro denti. Per i più dubbiosi, vi lascio qui il trailer.
Vi porgo i miei saluti viaggiatori, ci rivediamo alla fine.
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