Quella che state per leggere è una storia che tratta argomenti parecchio comuni, se non fondamentali, per gli shounen più iconici. Una storia il cui protagonista, guidato dalla sua incrollabile determinazione e supportato dalla forza dei suoi legami, sfida l’impossibile per raggiungere il proprio obbiettivo contro ogni previsione. Questa è la storia di Black Clover… eccetto che il protagonista non è Asta e l’obbiettivo in questione non è quello di diventare Imperatore Magico.
Oggi festeggiamo il raggiungimento dei cento episodi della serie, ma soprattutto celebriamo gli sforzi del suo regista, Tatsuya Yoshihara, che con sudore e passione l’ha trainata fino a questo punto nonostante fosse a pezzi. Mettetevi comodi.
Ma partiamo dall’inizio: com’è che è nato l’adattamento animato di Black Clover?
Da Shūeisha, madre della famosissima rivista Weekly Shonen Jump, dove l’omonimo manga di Yūki Tabata viene pubblicato dal 2015. Secondo quanto affermato da Hiroyuki Nakano, editor di Jump, grazie al discreto successo del manga la compagnia ha ricevuto svariate richieste da parte di varie compagnie, tra le quali Pierrot, per dar vita ad una trasposizione animata del manga. Come Nakano stesso afferma nell’intervista, l’idea era quella di far durare Black Clover per più di un anno. Quel che adesso è importante comprendere è che serie come questa, che quindi si pongono l’obbiettivo di durare a lungo, devono posare i loro piedi su una base solida per non autodistruggersi. E la base solida in questo caso è la pre-produzione, che è, detto brevemente, la fase produttiva nella quale si lavora al concept dell’adattamento.
Durante la pre-produzione si pianifica l’intera struttura della serie per poi decidere un paio di figure chiave, tra le quali il regista, a cui affidare l’adattamento. E, una volta fatto, si inizia a lavorare al design dei personaggi principali e alla sceneggiatura generale della serie. Il problema però è che tutto questo richiede tempo, e, indovinate un po’, Black Clover non l’ha avuto. Il risultato? È presto detto: lo staff è finito indietro con la programmazione.
Partire svantaggianti è grave, ma lo è ancora di più quando i tuoi problemi non spariranno dopo una o due stagioni di sofferenza, bensì si accumuleranno “per più di un anno”.
Attenzione a non fraintendere però. Come ho cercato di spiegare in questo articolo, la verità è che dietro grandi crolli c’è sempre più di una motivazione. Lavorare ad una long running series, essendo queste, appunto, lunghe, non richiede soltanto una buona pianificazione, ma anche un’ottima forza lavoro. E il motivo è che a causa del grande numero di episodi che ha davanti, lo staff si divide in vari gruppi che lavorano a vari episodi contemporaneamente — senza contare poi gli animatori che si aggiungono dopo perché chiamati a lavorare nei singoli episodi. Ottima strategia, vero? Si, peccato però che l’animation desk, ovvero la figura incaricata di organizzare le rotazioni, è mancata dall’episodio 28 al 49. Che significa che per ben 21 episodi, ovvero 21 lunghissime settimane, 1) Yoshihara o qualcun’altro ha dovuto accollarsi anche questo compito o 2) la serie ha continuato senza organizzarsi, il ché sarebbe disastroso.
Ma a parte questa parentesi sulle rotazioni, quanto detto deve condurci ad una domanda: chi è responsabile di reperire nuovo personale? La risposta è: principalmente due figure. Il regista stesso, attraverso i contatti che ha formato con l’esperienza, e i producer. Il problema, però, è che una volta iniziata la produzione vera e propria, Yoshihara è stato semplicemente lasciato al suo destino su questo fronte. Il regista si è ritrovato a dover trovare, completamente da solo, abbastanza persone da riuscire a tenere in piedi una produzione lunga e che già di suo deve recuperare il terreno perso. Ma quanto sono simpatici i piani alti di Pierrot, vero? Prima iniziano un progetto che sanno di non poter reggere e dopo abbandonano la persona a cui lo hanno affidato, il tutto mentre lo guardano annegare. Ma reggetevi forte, perché la parte peggiore deve ancora arrivare.
Se a questo, poi, ci aggiungiamo la forte crisi che l’industria d’animazione giapponese sta attraversando, ecco che le cose continuano a peggiorare. Data l’esponenziale crescita che l’industria d’animazione giapponese ha avuto negli ultimi anni, la produzione di cartoni è aumentata parecchio… però purtroppo il numero di giovani artisti volenterosi di fare carriera in questo settore non è aumentato allo stesso modo. Il ché si traduce, in parole povere, nel fatto che semplicemente non c’è personale sufficiente per reggere la domanda. Ovviamente questo non è un problema che colpisce soltanto Black Clover, ma rappresenta di fatto l’ennesimo ostacolo da dover affrontare per Yoshihara. Perché, giusto per spezzare l’ondata di tristezza sparsa fino ad ora, in determinati momenti lo staff è riuscito anche a recuperare il passo con la programmazione, ma la poca forza lavoro li ha gettati nuovamente indietro.
Entrando nel dettaglio, a mancare erano in primo luogo gli intercalatori, ma anche gli storyboard artist e gli animatori. E attenzione, qui non stiamo parlando di un qualche ruolo poco determinante, bensì del vero e proprio scheletro dei cartoni animati. Data la forte necessità Yoshihara stesso ha finito col lavorare ad alcuni di questi ruoli (che normalmente non gli spetterebbero) semplicemente per portare avanti la baracca. La situazione era tale che il regista ha persino fatto un annuncio su Twitter per reclutare nuovi intercalatori per poi lamentarsi di quanto difficile fosse trovare nuovo personale.
Per quanto riguarda la fase di intercalazione, data l’assenza di intercalatori nello studio Pierrot alla fine questa è stata affidata a studi terzi. Questa può sembrare la soluzione perfetta, però anch’essa ha delle conseguenze negative. La prima è che l’esternalizzazione spesso ad un abbassamento della qualità media dei disegni, il ché è già negativo di suo. E la seconda, sua diretta conseguenza, è che mette in mano ai supervisori disegni più impegnativi da correggere, impattando sulla loro mole di lavoro e conseguentemente facendo perdere più tempo. Che vuol dire, ancora una volta, un maggior ritardo rispetto all’agenda e più stress lavorativo. Però quanto meno stavano ricevendo un aiuto… finché possibile. Perché come se non bastasse due di questi studi (Amo e Peacock) sono andati in bancarotta.
Ma i problemi non finiscono neanche qui, perché a mancare, purtroppo, sono anche i supervisori (animation directors). Chi segue l’anime avrà notato che alcune opening subivano miglioramenti visivi da un episodio all’altro, ed il motivo è che le correzioni impiegavano settimane per essere portate a termine (la quinta ha ben 3 versioni). A causa dell’impossibilità dei supervisori di rimanere al passo, molto spesso non c’era altra scelta se non quella di lasciare le animazioni così com’erano arrivate. Ed ecco quindi spiegati gli innumerevoli episodi tecnicamente deboli o le ottime scene finite rovinate da correzioni frettolose.
Se siete riusciti ad arrivare fin qui, comunque, congratulazioni! Il vostro premio? Una bella notizia: adesso arriva la parte bella. Come potete vedere, nonostante tutte le difficoltà, Black Clover è ancora qui, il che è già di suo una notizia fantastica. Yoshihara ha letteralmente posto tutto se stesso per questo adattamento, e basta guardare la quantità di ruoli diversi che ha coperto per accorgersene. Il regista è persino sceso sempre in campo negli episodi più importanti assumendo ruoli più attivi rispetto al suo lavoro di supervisione, elevandone in maniera significativa la qualità tecnica.
Ma la storia non finisce qui, e mica perché lo decido io, ma perché questo risultato a Yoshihara non basta. Oltre alla caparbietà, anche l’ambizione di poter fare meglio l’hanno sempre spinto a fare un passo avanti. Se dovessimo riassumere la situazione presentata fino ad ora, allora dovremmo arrivare ad una conclusione: Black Clover ha dovuto lottare con tutte le sue forze soltanto per riuscire a sopravvivere. Alcuni episodi tecnicamente più interessanti ci sono stati, come il 17, ma date le condizioni era impossibile proporli spesso.
Eppure lui voleva farlo, ma gli serviva il momento adatto e soprattutto un enorme aiuto. Ed è qui che entra in gioco l’ultimo tassello che manca per completare la nostra storia: l’incredibile potere dei propri legami. In quanto invidioso del successo di Boruto #65, Yoshihara decise di voler allestire anche lui il proprio spettacolo con l’episodio 63. Il regista mise mano alla rubrica e chiamò al suo fianco un grande numero di giovani animatori di talento provenienti da tutto il mondo. Si organizzarono con qualche mese d’anticipo, e il risultato è quello che sappiamo tutti. Un grido di ribellione impossibile da ignorare; una chiara e concisa dichiarazione che nulla è impossibile. Pur ottenendo un risultato grezzo, Yoshihara ha creato un episodio di altissima fattura nonostante le condizioni disperate.
E da quel momento in poi il nostro eroe ha sempre continuato dritto per la sua strada in questo modo, senza mai arrendersi. Le fantastiche animazioni della sesta opening; gli episodi 83 e 84; 92 e 93; persino il 100, tutti frutto della passione e dedizione del regista, nonché dell’aiuto che ha ricevuto. Ma soprattutto, tutti la dimostrazione che Yoshihara è ancora lì, a lottare per trasporre nel miglior modo possibile le avventure di Asta sui nostri schermi nonostante l’inferno in cui si trova. Pur rischiando spesso di sprofondare, Black Clover ha raggiunto i 100 episodi col botto.
Ad altri cento, meravigliosi episodi.
Lunga vita a Black Clover!
Per approfondire: 1, 2, 3, 4.
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