Huawei sta accumulando una lunga lista di attività “sospette” che mettono in cattiva luce l’azienda e conseguentemente in guardia i consumatori. L’ultima azione, in particolare, fa rivalutare la presa di posizione del governo americano, che improvvisamente non sembra così eccessiva e infondata.
Huawei vs USA, round 2
Secondo l’Intelligence americana, Huawei avrebbe intenzione di esportare i suoi smartphone in Messico, dove verrebbero ri-etichettati per essere rivenduti negli Stati Uniti. I componenti interni ricondurrebbero lo stesso al brand originale, ma non l’esterno dello smartphone, non presentando alcun marchio. Così facendo, l’azienda potrebbe continuare a vendere i propri prodotti sotto mentite spoglie. Inutile dire che la pratica sarebbe totalmente illegale e il rappresentate americano del marchio non ha ancora fornito alcun commento a riguardo. A tal proposito ha invece parlato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dichiarando:
“Non avremo accordi commerciali con Huawei. È la decisione definitiva e quella più semplice, quindi non avremo accordi commerciali“.
Avendo già compreso le intenzioni di Huawei, nei prossimi mesi il governo statunitense terrà gli occhi ben aperti sulle mosse del marchio che quest’anno più che mai sta creando scalpore. Inoltre, potrebbe mettere definitivamente fine alla tregua a cui si era giunti mesi fa, per quanto parziale e temporanea fosse.
Accuse di discriminazione
Per Huawei, naturalmente, il discorso cambia. Ren Zhengfei, fondatore di Huawei, nega qualsiasi collaborazione con i servizi militari e l’Intelligence cinese. Anche Hua Chunying, la portavoce del Ministro degli Esteri cinese, riporta:
“La Cina ritiene inaccettabile e si oppone fermamente alle misure scorrette e discriminatorie adottate dagli USA verso alcune aziende cinesi […]. Gli Stati Uniti hanno abusato del proprio potere governativo e usato ogni possibile mezzo per sminuire alcune compagnie cinesi. Questo ne ha seriamente compromesso l’immagine [della Cina] come Paese”.
Eppure, proprio in questi giorni il Dipartimento di Sicurezza Interna americana ha segnalato due smartphone e un software PC come “potenzialmente a rischio di attacchi informatici”, quindi il dito che da mesi gli Stati Uniti puntano verso il produttore cinese potrebbe essere giustificato. In realtà, i sospetti erano iniziati già nel 2018, quando il governo americano pressò – con successo – AT&T e Verizon per interrompere la vendita di smartphone Huawei. Seguì il rivenditore Bestbuy, poi Google – che portò alla nascita di HarmonyOS – e, infine, addirittura il Pentagono americano proibì la vendita degli smartphone incriminati al suo personale militare.
Fonte: AndroidHeadlines, FreeBeacon
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