Ed eccoci giunti alla fine di questo viaggio. Quante ne abbiamo passate eh? Abbiamo riso, pianto, ci siamo sorpresi ed emozionati…per le ragioni sbagliate però. Chiedere una serie tecnicamente al pari della prima sembrava troppo viste le premesse, però davvero non si poteva fare di meglio per questo (non) finale? Quello di Chikara Sakurai si conferma un adattamento che fa il compitino — che si limita a dare vita al manga senza preoccuparsi di null’altro. Per quanto sia vero che un buon script deve riuscire ad adattarsi al numero di episodi disponibili, è palese che quest’arco doveva essere adattato in due cour per rendere al meglio. Con il materiale a disposizione sarebbe stato difficile creare un finale soddisfacente, ma qui non c’è stato neanche lo sforzo di provare a farlo.
L’ultimo episodio continua ad alternare scene d’azione a momenti di riflessione e di approfondimento, e almeno questa volta lo fa decisamente meglio. Specialmente se poi il soggetto di queste attenzioni è proprio Garō. E non solo delle nostre attenzioni, ma anche dalle sberle del suo maestro. Mi sarei aspettato di scorgere qualche segno d’esitazione durante la lotta, eppure gli anni passati insieme sembrano non aver creato alcun legame tra i due. Quello che si hanno creato, però, è la forte voglia di Silver Fang di rimediare al suo errore e qualche buco di troppo nel corpo di Garō.
Sembrava logico aspettarsi uno scontro maestro-allievo all’ultimo sangue, però la serie è andata inaspettatamente verso un’altra direzione. Insomma, uno dei momenti più attesi che la narrazione aveva iniziato a costruire fin dall’inizio ci è stato tolto. Questo non è di fatto un grande problema considerando l’opera nella sua totalità, però se aggiungiamo questa piccola delusione ad un finale così sconclusionato l’amarezza non può che aumentare. Centopiedi Decano fa il suo ritorno in scena, e anche se credo faticheremmo parecchio a trovare qualcuno che abbia in qualche modo sentito la sua mancanza, per lo meno abbiamo avuto modo di tornare a vedere Genos in azione.
Questa volta, però, verrà messo in seria difficoltà. E fa abbastanza strano dirlo sinceramente. Proprio quando ci stavamo abituando a vedere un Genos che quanto meno riesce a farsi valere, ecco che viene di nuovo sconfitto dall’ennesimo insetto. E forse è un po’ questo il suo ruolo, quello di essere l’ennesimo elemento di contrasto con il suo maestro. Genos da tutto se stesso ma non ottiene mai nulla se non la fama, mentre Saitama riesce tranquillamente dove lui fallisce senza però ottenere alcuna visibilità. Che sia questo il pensiero alla base della forte ammirazione del robottone nei suoi confronti? Che sia proprio questo a renderlo simile a Saitama?
Il punto è che anche lui, proprio come il suo maestro, è uno sfigato. Nel senso, possiamo davvero affermare che Genos sia debole? Assolutamente no, anzi. In tutti i suoi combattimenti dimostra sempre una forza impressionante, eppure alla fine viene sempre sconfitto umiliato. Ed il bello è che se affrontasse avversari alla sua portata farebbe un figurone. Ma forse è proprio questo il punto. Genos fa sempre il passo più lungo della gamba. Si mette in gioco per adempiere al suo dovere anche quando sa di non potercela fare, e lo fa perché vuole raggiungere il suo maestro. Ci prova con tutto se stesso, ma ogni volta che si avvicina a quel mantello si schianta contro la dura realtà. Tutte le volte che viene ridotto a pezzi c’è sempre Saitama a salvarlo — a ricordargli quanto incalcolabile sia la distanza che li separa.
E a proposito di sfigati, nel “finale” ne tornano ben due tutti insieme. Come al solito il nostro protagonista arriva sempre all’ultimo, però almeno riesce sempre a risolvere la situazione. Ciò che deve interessarci però è quello che succede esattamente prima della sua entrata in scena. Immaginate di svegliarvi la mattina, pronti a tuffarvi nuovamente nel vostro mondo di videogiochi e manga, per poi finire improvvisamente ad attirare un mostro come Centopiedi Decano verso di voi. Ordinaria amministrazione…più o meno. E invece questo è esattamente quello che ha fatto King, che sta finalmente riuscendo a farsi coraggio.
Ormai la sua vera natura è più che chiara allo spettatore, e devo dire che vederlo affrontare le sue paure è davvero emozionante. Senza dubbio quella tra Saitama è King è un’amicizia fruttuosa, capace di spronare entrambi i personaggi a diventare delle persone migliori. I due si complementano a vicenda, sono in grado di sopperire alle mancanze dell’altro. King non può che imparare dalla perenne calma di Saitama, e al contempo anche una stupidaggine come l’averlo sconfitto infinite volte ai videogiochi non è che un modo per permettere al nostro protagonista di tornare a provare delle emozioni in battaglia, di sfogare le sue emozioni sui nemici.
E ovviamente ci teniamo il meglio per ultimo: Garõ. Durante la sua battaglia abbiamo modo di scoprire ancora più a fondo il suo tragico passato, e questa volta il quadro è completo. La storia di ONE è sempre riuscita ad implementare in modo parecchio intelligente delle forti critiche al mondo che lo circonda all’interno di storie non troppo pesanti, e anche questa volta la missione è compiuta. In passato abbiamo visto Saitama dichiarare apertamente d’essere depresso, e questa volta scopriamo che è il peso del bullismo ad aver schiacciato il nostro villain. Insomma, Garõ non combatte perché ha semplicemente voglia di distruggere tutto e tutti, bensì risponde ingenuamente alle provocazioni del mondo.
Garõ è il frutto di una società marcia che non si preoccupa di formare l’individuo bensì di reprimerlo, di costringerlo ad adattarsi al pensiero comune perché è solo in quello e con quello che può sopravvivere al suo interno. Il nemico va quindi identificato nel diverso, in colui che si discosta dal pensiero comune. La sua visione del mondo è senza dubbio molto superficiale – che non distingue il bene dal male – ma qualcuno si è mai degnato di farglielo notare? Genos ha avuto la fortuna di incontrare una figura che potesse distoglierlo dalla sua sete di vendetta, ma purtroppo non possiamo dire lo stesso per Garõ.
Una seconda stagione così deludente e senz’anima trova ironicamente in questo finale sconclusionato il riassunto perfetto dell’adattamento di JC Staff. Un’adattamento che non va da nessuna parte, che non riesce a lasciare il segno. Peccato.
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