Le ricerche nel campo della psicologia sono moltissime, poiché scoprire il funzionamento del corpo umano – in particolare del cervello – è uno degli studi più affascinanti. Spesso, queste ricerche avvengono in modi molto user-friendly, quasi per scherzo. Come quest’ultima analisi, dove è stata dimostrata l’esistenza di una regione del cervello in grado di reagire particolarmente alle immagini dei Pokémon.
Quando i legami videoludici aiutano la scienza
Lo studio condotto da Micheal Barnett, Kalanit Grill-Spector e Jesse Gomez, ha visto come protagonisti undici ragazzini e undici adulti esperti conoscitori dei Pokémon. Requisito fondamentale per questi ultimi? Aver giocato ai vari titoli sin da quando avevano 5-8 anni, con poche pause e con una ripresa negli anni scorsi.
Trovati i partecipanti al test, li hanno messi alla prova chiedendo loro di identificare dei Pokémon in base al loro nome. Successivamente, hanno scannerizzato le loro attività cerebrali durante la visione di una serie di foto che contava 150 Pokémon e altre diverse immagini, da macchine a case, da animali ad altri cartoni animati. Infine, è stato mostrato come il solco occipito-temporale – la parte che maggiormente processa le immagini degli animali – si attivi di più negli adulti amanti dei Pokémon che nei bambini parte dello stesso test.
Ovviamente ciò non riguarda solo i Pokémon, poiché ogni figura vista per la stessa quantità di tempo attiverebbe determinate parti del cervello. Il vero mistero è: come fa l’encefalo a riconoscere immagini diverse? Come si può prevedere quale sezione si attiverà? Questa attività dipende dal tipo di immagine, se statica o animata, se tonda o quadrata?
Per condurre un esame in grado di rispondere a queste domande è necessario un oggetto specifico. Jesse Gomez ha reputato ideali i Pokémon , in quanto il tipo di immagini e la loro distanza dagli occhi del soggetto sono stimoli molto efficaci. Che siano essi in bianco e nero e senza animazioni, come nel buon vecchio Game Boy, o che siano essi a colori e animati, come nei più recenti Nintendo.
I risultati
Queste ricerche mettono in mostra l’eccentricity bias, ossia l’importanza delle dimensioni dell’immagine e del modo in cui la si osserva, tramite visione diretta o periferica. Ciò porta a un cambiamento della zona del cervello che risponde principalmente allo stimolo. Essendo che i Pokémon vengono osservati direttamente e non tramite visione periferica, risultavano essere il campione perfetto.
Ma, in verità, non solo per questo. Jesse Gomez stesso, ricercatore di psicologia all’University of California situata a Berkeley, ha ammesso di essere appassionato al gioco e di svolgere molte analisi usando le creature di Satoshi Tajiri come oggetto di studio. Addirittura, crede che lo stesso esame possa essere svolto sugli stimoli sonori.
Giusto per dimostrare ulteriormente come il cervello sia legato ai Pokémon.
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