Il paradosso di One-punch Man 2
Benvenuti al primissimo articolo di una nuova rubrica settimanale qui su Dr Commodore, con la quale vi accompagneremo episodio per episodio durante la visione di un anime stagionale a nostra scelta. Di anime tra cui scegliere ce n’erano davvero tanti, ma la decisione finale non poteva che virare sull’attesissimo sequel di uno degli anime più famosi qui in Occidente: One Punch Man 2.
Il nostro supereroe preferito torna sullo schermo dopo ben più di tre anni, presentandosi però in una forma non proprio smagliante. Ad un inesperto Chikara Sakurai viene affidato il pesante fardello posto dalla community di replicare o addirittura superare l’immenso lavoro svolto in casa Madhouse con la prima stagione, e ad appesantirlo maggiormente ci pensa l’inevitabile paragone con il sequel dell’altra amatissima opera di ONE: Mob Psycho 100 II, che soltanto una stagione fa ci ha lasciato senza parole grazie alla sua impareggiabile qualità tecnica. Ma riuscirà il team radunato nello studio J.C. Staff a rispettare queste aspettative? È troppo presto per dirlo, ma per adesso possiamo affermare tranquillamente che l’inizio non è stato dei migliori.
La serie presenta infatti dei problemi così evidenti da raggiungere persino gli occhi dei fan meno attenti: la colorazione è spenta e fa un utilizzo dei gradienti davvero eccessivo che crea un fastidioso “effetto abbronzatura” e che si riflette sulle parti metalliche dei personaggi in modo parecchio sgradevole alla vista. La telecamera è relegata ad emulare il movimento attraverso dei repentini cambi di inquadratura che finiscono col rendere le scene d’azione parecchio confusionarie. Gli effetti speciali sono poco realistici e i movimenti dei personaggi fin troppo macchinosi.
Tra delusione e contenuto
Insomma, siamo lontani anni luce dai canoni ai quali la prima stagione ci aveva abituato…ma non tutto è perduto!
Seppur effettivamente non sia possibile trovare in questo fiacco inizio di stagione l’epicità che per quasi quattro anni abbiamo atteso, possiamo quanto meno affidarci all’ottima ed interessante storia di ONE, che torna nelle nostre case pronta a farci riflettere.
Il primo episodio si apre evidenziando sin da subito il lato parodico che tanto caratterizza la serie attraverso una narrazione che non si prende neanche la briga di ricordare al mondo intero quanto potente e fico sia il nostro amato protagonista, ma che piuttosto ci catapulta violentemente nella storia mostrandoci Saitama, in tutta la sua “anti-eroicità”, intento a far compere insieme al suo allievo. Nel frattempo, però, alle loro spalle passeggia tranquillamente un certo King: settimo eroe più forte di classe S e invalicabile ostacolo per qualsiasi malintenzionato.
Quella del personaggio è un’introduzione che porta con sé una pesante critica alla società che viene veicolata attraverso la sua sfortunata storia. King è il simbolo più accecante di quanto ingenue e manipolabili siano le persone che lo circondano, che di fatto lo acclamano ed incitano a sconfiggere i cattivi utilizzando una forza che però in realtà non possiede. L’enorme pressione da parte della società si scontra violentemente con la sua mancanza di carattere (che non gli permette di dire la verità), imprigionandolo in una pericolosa spirale dalla quale non riesce ad uscire. Ma ciò che più è importante evidenziare in tutto questo è il modo in cui lui e Saitama rappresentino due lati opposti della stessa medaglia chiamata “ingenuità”.
Se da un lato questa spinge la società ad elevare un debole come King ad eroe imbattibile, dall’altro attribuisce le eroiche e irripetibili gesta di Saitama alle persone sbagliate, negando al nostro protagonista una fama che però, fortunatamente, non sembra desiderare. Il legame tra i due è forte, e a dimostrarlo è la commovente storia che si cela dietro la spaventosa cicatrice di King.
Ma come al solito il messaggio di ONE si dimostra prospero e ricco di speranza. Se quindi il mondo ci affibbia delle qualità che non possediamo; se la società pone in noi delle aspettative che crediamo di non poter rispettare…perché invece di lamentarci non proviamo a soddisfarle? Perché non tentiamo di diventare più forti?
La società dev’essere l’ingranaggio che aziona in noi stessi un meccanismo del cambiamento che però può funzionare soltanto se riempito di un’abbondante dose di volontà e determinazione. Il cambiamento, però, non deve aver luogo per mostrare agli altri di cosa si è capaci, bensì per dimostrarlo a se stessi. Perché, in fondo, se ci abbandonassimo al giudizio degli altri rischieremmo di finire come Tormenta.
Il forte complesso di inferiorità nei confronti della potente sorella l’ha spinta a rifugiarsi nell’unico primo posto che le era rimasto, che se da un lato le permette di non sprofondare nella disperazione e di accettare se stessa, dall’altro la obbliga a rinunciare alla possibilità di mettersi in gioco – di migliorare. Ed ecco quindi che il ranking diventa il simbolo del proprio valore e si trasforma nell’unico criterio da prendere in considerazione nel momento di giudicare se stessi: giudicarsi attraverso gli occhi della società.
Ma l’incontro con Saitama – oltre a sovvertire l’idea del ranking attraverso la scoperta di Genos come suo allievo e di King come suo amico – serve alla narrazione per porre a Tormenta (e di conseguenza allo spettatore) la seguente domanda: può davvero un eroe che si preoccupa soltanto di mantenere il proprio status sociale, a discapito di contribuire al progresso della società che dovrebbe invece difendere, essere considerato tale?
Se c’è di fatto un eore che, tra tutti, evade dalla prigione dell’opinione altrui è proprio Saitama, attraverso il quale ONE ci pone davanti un’altro prospero insegnamento: a definire il nostro valore come esseri umani non deve essere un numero, un’etichetta o l’opinione degli altri, bensì il nostro agire. Un vero eroe si comporterebbe da tale anche se a guardarlo non ci fosse nessuno perché quello non è un titolo che deve essere attribuito DALLA società, ma PER la società.
Sul piano tecnico il secondo episodio riconferma tutti i problemi del primo, aggiungendo al repertorio un ghosting fin troppo marcato atto sia a mascherare un lavoro di intercalazione piuttosto approssimativo che come misura anti-epilessia (come solito su TV Tokyo). Le scene d’azione continuano ad essere parecchio confusionarie ma per lo meno ritorna la presenza di una scena interessante per episodio…che però in questo caso viene rovinata da degli effetti che continuano ad essere poco credibili e da dei suoni che definirei “ovattati”. La telecamera sembra non riuscire a trovare un punto d’equilibrio nell’accompagnare la narrazione, alternando frequentemente delle inquadrature fin troppo statiche a delle soluzioni registiche (di nuovo) confusionarie, adottate per la necessità di simulare il movimento.
Fino ad adesso le scene di maggiore qualità tecnica sono state realizzate del temerario Kenichiro Aoki, che da solo è riuscito a fornire ai primi due episodi quel minimo di dignità di cui avevano bisogno. Un breve momento per riconoscere il suo coraggioso sforzo e meritevole talento è piu che d’obbligo.
La potenza di Garo
Ma ad avanzare una forte critica alla società degli eroi nel secondo episodio, però, non è soltanto Saitama, ma anche Garō.
Il personaggio è a mio avviso una ventata d’aria fresca sia in quanto primo villain appartenente alla razza umana che per la sua particolare visione del mondo. Opporsi agli eroi attribuisce alle persone il semplice e banale titolo di “criminale” con il quale però Garō non si rispecchia affatto. La sua non è una banale ribellione nei confronti della società “cattiva” che non lo capisce, ma una vera e propria dichiarazione di guerra all’umanità; ad un insieme di persone con il quale non si identifica. Purtroppo si sa ancora poco sulle sue origini se non il fatto che fosse allievo di Silver Fang, e per quanto riguarda le motivazioni alla base del suo comportamento per adesso possiamo solo tirare a indovinare. Ma la natura di metà mostro-metà uomo si rispecchia anche nel suo agire: Il personaggio prende di mira soltanto gli eroi e non ha effettive intenzioni negative nei confronti delle persone normali. Questa sua “parte umana” viene anche evocata da Spatent Rider, che tenta di fare la morale giustificando le azioni del villain proprio in quanto “essere umano”. Ma proprio come abbiamo imparato dagli episodi precedenti non è la società a definire chi siamo, bensì le nostre azioni.
La caccia agli eroi ha quindi inizio, e fa come sua prima vittima il temibile Tank-Top Master, che Garō riesce a sconfiggere dimostrando non solo un incredibile forza, ma anche una ferrea resistenza. L’essere misterioso sembra davvero estasiato durante i combattimenti e le ferite infertegli dai suoi nemici non fanno altro che alimentare ancora di più la sua sete di sangue. Il combattimento tra i due personaggi ha ovviamente destato parecchie attenzioni in quanto è possibile notare un drastico miglioramento qualitativo rispetto ai primi due episodi: I piatti e noiosi primi piani suoi personaggi che avevamo visto finora fanno finalmente spazio ad inquadrature più articolate, che delineano quella profondità di campo che tanto ci era mancata. L’uso del ghosting diventa meno invasivo ed evidente rispetto a prima, fornendo delle scene d’azione più “pulite” e meno confusionarie. La telecamera si sforza molto di meno di nascondere l’assenza di movimento e viene utilizzata in maniera più ispirata, contribuendo a rendere il combattimento davvero interessante e abbastanza memorabile. Kenichiro Aoki torna più forte che mai e riesce a portare su schermo un cut davvero emozionante – che tra l’altro cita anche la lotta tra Genos e Saitama con la scena del pugno. Mi è piaciuto molto inoltre l’utilizzo dell’ombreggiatura sul volto dei personaggi, per enfatizzare la loro già accentuata espressività.
Insomma, il terzo episodio prepara le basi per quelle che saranno delle importanti e interessanti battaglie per i nostri eroi, riaccendendo allo stesso tempo le speranze di un eventuale miglioramento tecnico della serie. Quale sarà la prossima vittima di Garō? Riusciranno Silver Fang e suo fratello a fermarlo prima che faccia troppi danni? E soprattutto: come reagirà Garō una volta aver ripreso conoscenza dopo il brutale colpo di Saitama?
Non ci resta che scoprirlo la settimana prossima!
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Trovare l’ispirazione per poter scrivere questo articolo è difficile, e per farlo Matteo fa 100 flessioni, 100 addominali, 100 squat e 10 km di corsa ogni giorno. Per supportarlo moralmente durante questa ardua sfida potete seguirlo su Twitter e Instagram.