Bentornata Casa dolce casa (maledetta)
La Casa, Amityville Horror, The Conjuring, The Shining. Ognuno di questi film è legato a un luogo maledetto, che divora la lucidità di coloro che vi dimorano, lasciandoli affogare nella pazzia e nella paura, spingendoli a compiere atti spaventosi. Anche Hill House ha questo incipit: due genitori, cinque figli e una casa centenaria, abitata, in precedenza, da persone, non proprio sane di mente. Ma quindi cosa rende questa serie tv così speciale?
“Hill house, che sana non era…”
“Si ergeva di fronte le sue colline in tutta la sua oscurità, era lì da un secolo pirma che la mia famiglia, vi si trasferisse. E avrebbe potuto restarci in eterno“. Così, Steven, lo scettico, apre il pilot di questa serie dai risvolti drammatici e delle leggere tinte thriller. Già, perché la malsanità di Hill House, la sua maledizione entra nella testa dei protagonisti, portandoli a dubitare della realtà stessa, facendogli toccare con mano i loro incubi più reconditi (no tranquilli, non ci sono belve massacrate o creature lovecraftiane *strizza l’occhio del vecchio cacciatore*). I Crain, vengono perseguitati da figure come “la donna dal collo storto” o Poppy, l’ex proprietaria della villa, che in quanto a sanità mentale era beh, senza metafore che al momento non mi vengono, pazza. Cosa è però realmente Hill House? Cosa si nasconde tra quelle mura ben solide e i pavimenti scricchiolanti? Essa è un purgatorio dove le anime, sia benigne che maligne, restano intrappolate, rendendo la casa stessa quasi un organismo vivente che si nutre dei propri abitanti, mostrando loro ciò che vuole che vedano.
Una famiglia, tanti segreti
I cinque protagonisti, i fratelli Crain, vengono continuamente messi davanti a delle verità nascoste e quasi surreali, che portano ad un cambiamento radicale del loro comportamento durante tutta la narrazione della storia, la quale fa sapiente uso di salti temporali dal presente al passato che mostrano, a poco a poco, la vera natura di Hill House e di come questa ha influito sulla vita di ognuno dei protagonisti. Protagonisti che evadono la realtà di quegli avvenimenti all’interno di quella casa, con un velo di scetticismo e rabbia, come un artista che ripudia la propria creazione coprendola con un telo, per dimenticarla.
Lo spirito di Kubrick
Un titolo azzardato per questo paragrafo, ma non lontano dalla verità: la regia di questa serie ha una cura maniacale, con inquadrature perfette che ricorda il talento del maestro Kubrick. Mike Flanagan (Oculus, Somnia), il regista, gioca con dei primi piani o dei piani-sequenza creando un’atmosfera di tensione e suspense che ricordano molto quelle di Shining. Passando da inquadrature statiche a quelle dinamiche (che sono perlopiù girate in piano-sequenza), con una fotografia malinconica e delle musiche raccapriccianti, il regista di Hill House, come altri prima di lui, è riuscito a creare un prodotto, che non ha niente da invidiare, alle grandi produzioni cinematografiche. Una gioia per gli occhi sono l’intero episodio sei e le scene con Nell (la sorella più piccola)
In conclusione
Hill House è un viaggio che alterna passato e presente, nelle vite dei vari protagonisti e del loro legame con quella casa maledetta, che emoziona, spaventa e lascia dentro un forte senso di vuoto, non appena la si finisce. Non è perfetta, ma è coraggiosa, cercando di spiccare in una realtà in cui si producono centinaia di serie tv ma dove poche riescono a colpire veramente.
P.s. all’interno di ogni paragrafo vi è una parola che compone una delle frasi più importanti dell’intera serie, sta a voi trovarle ;).
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