I tuoi dati personali in cambio di soldi
Probabilmente la maggior parte di noi non lascerebbe il proprio cellulare in mano d’altri nemmeno sotto tortura, ma quanti invece sarebbero disposti a dare accesso completo e volontario a tutti i dati presenti su di esso sotto retribuzione?
Questa l’idea alla base del progetto Facebook Research, che acquisisce e studia i dati contenuti negli smartphone dei volontari ricompensandoli con 20 dollari al mese in gift card. Il meccanismo è complesso, ma consiste nel rilevare e prevedere gli interessi di mercato attraverso l’analisi di informazioni come messaggi privati nei social network, chat delle app di messaggistica istantanea (incluse foto, video e altri contenuti multimediali), messaggi di posta elettronica, ricerche sul web, cronologia di navigazione internet ed eventuale posizione in tempo reale.
L’acquisizione dei dati avviene tramite l’installazione e l’attivazione di una VPN, disponibile per dispositivi Android e, fino a poco tempo fa, per iOS. Nel caso di quest’ultimo sistema operativo infatti la VPN non è mai stata presente nell’App Store, perché violante i termini di servizio, ed era quindi necessario installare un Certificato Enterprise, simile a quelli usati dalle aziende per installare app proprietarie sui dispositivi.
Sebbene la VPN sia disponibile già dal 2016, la sua esistenza è di dominio pubblico solo da qualche ora, a seguito di un’attenta indagine di TechCrunch. Al di là delle ragioni finanziarie dietro al progetto, il caso è di gran rilevanza a livello mediatico a causa dell’ennesimo tentativo di attribuire un prezzo alla privacy degli utenti, minori inclusi: l’utenza accettata per partecipare al progetto è infatti quella composta dai fruitori d’età compresa tra i 15 e i 35 anni.
La reazione di Apple
Ben presto è arrivato l’intervento di Apple, che ha reagito con l’immediata rimozione della VPN e di tutte le app a uso aziendale o in fase sperimentale appartenenti a Facebook ma non presenti nell’App Store. Secondo quanto dichiarato dall’azienda di Cupertino, Facebook avrebbe infranto l’accordo che regola il programma dedicato alle aziende, scatenando così la revoca dei certificati utilizzati per il corretto avvio delle app.
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